Bankitalia accende un faro sul pericolo Trump: i dazi potrebbero affossare le Pmi italiane

Circa un terzo delle aziende esportatrici italiane hanno scelto gli Stati Uniti come mercato di destinazione e poco più della metà di queste sono grandi imprese con almeno 250 addetti, mentre le altre sono realtà ben più piccole e incapaci di reagire all'aumento dei prezzi

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Il 2025 potrebbe rivelarsi un anno di grandi cambiamenti in campo economico, non sempre funzionali ad una crescita del settore industriale e manifatturiero del nostro Paese. Lo conferma il Bollettino Economico rilasciato oggi da Bankitalia, che pone il suo focus sulle conseguenze che il possibile aumento dei dazi, nei confronti di Europa e Cina promesso dal presidente eletto Donald Trump, potrebbe comportare. Il nostro Paese è infatti esposto naturalmente alle decisioni che gli Usa prendono in campo economico, in quanto la Nazione d’oltreoceano è la seconda destinazione, dopo la Germania, delle vendite all’estero di beni prodotti in Italia.

In questo senso, quindi, gli esperti di Palazzo Koch hanno sottolineato come l’inasprimento dei dazi potrebbe avere “effetti significativisul futuro delle aziende italiane, soprattutto quelle di medie e piccole dimensioni che esportano verso gli Stati Uniti. L’allarme è stato rilanciato anche dal Fondo monetario internazionale (Fmi), che ha evidenziato come i dazi doganali potrebbero aumentare dal 10% al 20% per tutti i prodotti che entrano negli Usa. Questa misura, che ha lo scopo di riportare le industrie americane ad una età dell’oro, rischia di “ridurre le opportunità, complicare la vita delle imprese, ridurre la capacità di assumere e anche diminuire l’offerta dell’economia“, come sottolineato dal capo economista di Fmi, Pierre Oliver Gourinchas.

Per quanto riguarda il caso italiano, quindi, l’aumento dell’incertezza nel campo delle esportazioni potrebbe comportare anche un’ulteriore conseguenza. Si tratta della diminuzione degli investimenti, dovuto proprio al quadro poco chiaro verso cui continua a dirigersi il nostro Paese. Questa incertezza, poi, si riflette anche nella domanda interna a causa del freno che può essere posto sulla fiducia della popolazione. Nel quarto trimestre del 2024, infatti, l’attività economica nel nostro Paese si è mantenuta debole ed è calata anche la spesa delle famiglie, come effetto del deterioramento della fiducia delle famiglie.

Bankitalia, le ripercussioni dei dazi Usa

Entrando nel merito della questione, Bankitalia ha sottolineato che il pericolo dei dazi Usa si insinua nei dettagli della nostra economia. Circa un terzo delle aziende esportatrici italiane hanno scelto gli Stati Uniti come mercato di destinazione e poco più della metà di queste sono grandi imprese con almeno 250 addetti, che ottengono dalle esportazioni in Usa circa il 5% del fatturato e il 15% dei guadagni provenienti dal mercato estero. L’altra metà del quadro, però, sono piccole aziende che grazie alle vendita negli Usa coprono tra il 7 e il 27% del fatturato.

Il presidente eletto degli Usa, Donald Trump
Il presidente eletto degli Usa, Donald Trump

L’aumento dei dazi, quindi, potrebbe rivelarsi un colpo durissimo per queste realtà, costrette a loro volta ad aumentare i prezzi dei loro prodotti per continuare a ottenere utili. Essendo poi gli Usa il settimo Paese da cui l’Italia importa, per un valore totale di 20 miliardi di euro, la nostra Nazione ottiene un surplus negli scambi di beni con gli Usa che corrisponde a circa il 2% del Pil. I settori dove invece le importazioni americane sono piuttosto incidenti sono quelli dell’energia, da cui importiamo il 10% del totale, e la farmaceutica (12%).

L’influenza della Germania sulla manifattura italiana

Un secondo fattore di rischio che potrebbe incidere sull’economia italiana è quello degli shock originati dall’industria tedesca. Questi, secondo l’analisi di Bankitalia, si traducono anche nel settore manifatturiero italiani, spiegando così circa un terzo delle “fluttuazioni non  sistematiche della produzione“. Ovviamente, la Germania sta subendo in questo periodo le conseguenze di tre fattori concomitanti: il rialzo dei costi dell’energia, la debolezza della domanda globale di beni e la maggiore competizione dei produttori cinesi.

Tre elementi che, sviluppati insieme, sono riusciti a mettere in ginocchio il motore produttivo dell’Europa. Ma in che modo la crisi tedesca interessa la produzione italiana? La Germania incide per oltre un terzo sulla manifattura dall’area, creando quindi una interconnessione tra mercati di Nazioni diverse. Così, il nostro Paese si trova stretto tra due morse che rischiano di aggravare una situazione che già parte svantaggiata.

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