Assegno di inclusione: moltissime famiglie escluse mentre aumenta il tasso di povertà

Mentre la percentuale di cittadini che si trovano in una condizione di povertà assoluta continua gradualmente ad aumentare, il bacino di famiglie percettrici dell'Assegno di inclusione continua a ridursi, lasciando fuori persone in situazioni di grave difficoltà economica

Redazione
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L’attuale discussione riguardo alle norme sull’Assegno di Inclusione, il sostituto del Reddito di Cittadinanza, riflette una preoccupazione diffusa riguardo al restringimento del bacino di cittadini che potranno avere accesso al sussidio. A partire dal mese di luglio dello scorso anno, quando i percettori del reddito erano circa un milione di famiglie, la platea si è ristretta a meno della metà, circa 480 mila famiglie. Il numero, che è molto al di sotto di quanto previsto dal Governo (oltre 700mila famiglie), ha destato non poche preoccupazioni circa il funzionamento dei criteri di accesso. Gestione e parametri hanno fatto esplodere aspre polemiche, anche perché ai dati si è data scarsa o assente pubblicità. A ciò si aggiunga che anche il vertice del Comitato per la valutazione delle misure di contrasto alla povertà (istituito con la legge sul reddito di cittadinanza 26/2019) ha visto la sostituzione della sociologa di chiara fama internazionale Chiara Saraceno, con l’ex sindacalista Cisl, e già Presidente di Anpal, Natale Forlani, che dovrà rimettere in ordine i criteri di accesso al reddito di inclusione.

Assegno di inclusione, molte famiglie escluse

La situazione attuale pone una serie di interrogativi critici riguardo l’efficacia delle politiche sociali attualmente in atto e all’effettiva capacità delle stesse di fornire un adeguato sostegno alle famiglie più vulnerabili della società. I nuclei attualmente esclusi dal fondo non versano in condizioni migliori di quelli inclusi, semplicemente non vi rientrano a causa di rigidi parametri numerici, che spesso non riflettono le necessità economiche dei cittadini in difficoltà. L’aumento della percentuale di famiglie italiane che vivono in condizioni di povertà assoluta, salita dal 4 al 7,5% nel periodo compreso tra il 2008 e il 2021, sottolinea l’urgenza di trovare soluzioni più efficaci per far fronte al problema.

Le riforme precedenti, come l’introduzione del Reddito di Inclusione nel 2018 e la sua successiva sostituzione con il Reddito di Cittadinanza nel 2019, hanno cercato di affrontare il problema della povertà fornendo un sostegno finanziario alle famiglie in difficoltà. La creazione di un Assegno di Inclusione prometteva di sostenere le famiglie lasciate orfane dalla fine del Reddito, ma il passaggio tra i due sistemi aveva drasticamente ridotto il numero di potenziali beneficiari da 2,1 a 1,2 milioni, e il successivo restringimento ha ridotto ancora il numero originale a meno di un quarto. 

In assenza di dati precisi, sappiamo che a gennaio delle oltre 650mila domande presentate non ne sono state accolte circa il 28%, quasi un terzo del totale. Le cause principali sono dovute al superamento delle soglie Isee e reddito familiare, solo apparentemente simili alle precedenti che facevano riferimento al Reddito di Cittadinanza.  

Le ragioni dietro il restringimento del numero dei beneficiari

Galeotta fu la cosiddetta scala di valori, che fornisce dei moltiplicatori alle famiglie per l’accesso al sostegno. In una famiglia con un bambino al di sotto dei tre anni il moltiplicatore verrebbe applicato sia alla madre che al bambino, in una con figlio minorenne sopra i tre anni la madre viene automaticamente esclusa, mentre verrebbero del tutto escluse le famiglie con figli maggiorenni, anche se non occupati. Inoltre, l’esclusione della quota relativa all’affitto dà la mazzata finale alle famiglie che, essendo in difficoltà, difficilmente avranno una casa di proprietà.

Resta ora da capire quale sia stata la causa di questo repentino cambio di rotta sulla gestione del sostegno alle famiglie. Non si potrebbe escludere un errore tecnico relativo alla definizione dei parametri, il quale spiegherebbe il motivo dell’esclusione di alcune famiglie che comunque presentano contesti economici affini a quelle incluse. Ma tant’è: il concerto dei due ministeri, quello dell’Economia retto da Giancarlo Giorgetti e quello del Lavoro, non ha evidentemente funzionato ed ha indotto la ministra Marina Calderone a rimediare all’errore revisionando le evidenti distorsioni del sistema attuato. Molti rumors mettono in evidenza che gli errori di modulazione farebbero risparmiare circa 18 miliardi per questo 2024, un miliardo e mezzo al mese in meno erogato ai cittadini in stato di necessità. Vero è che la coperta economica è sempre troppo corta, ma per mantenere i propri impegni il Governo potrebbe attuare una decretazione che riassegnasse ai cittadini gli arretrati. A chi rientrasse nel diritto a seguito della revisione dei parametri andrebbe, quindi, riconosciuta la retroattività del diritto all’assegno di inclusione.

Ora la palla passa al Comitato scientifico per la valutazione delle misure di contrasto alla povertà e del reddito di cittadinanza, presieduto da Natale Forlani. All’ordine dei lavori l’esame delle potenziali revisioni e la proposta di soluzioni efficaci per un più equilibrato utilizzo dei parametri di accesso al reddito di inclusione. Il ministro del Lavoro Marina Calderone ha annunciato l’intenzione di estendere il beneficio anche agli orfani di femminicidio, pur non elencandone per ora i criteri di concessione.

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