La Fashion Week francese conclusasi a Parigi ha visto sfilare collezioni di ogni ispirazione che hanno fatto sognare o agognare la critica, senza mezze misure. Tra queste, Saint Laurent, disegnata da Anthony Vaccarello, è stata inconsapevolmente termine di paragone per tutte le altre presentazioni in passerella. Nello sterile contesto, dalla spoglia location ormai tipica delle sfilate della maison, risuonano i passi di 49 stambecchi in look eccezionalmente veri e concreti. Un omaggio di pura ammirazione, profondo rispetto e ovattato amore per il fondatore Yves. Tutti gli elementi tipici e caratteristici dello stilista declinati in una cinquantina di look che sono possibili versioni e variazione dello stile di Yves nell’accezione di un modernismo non urlato.
Saint Laurent non è mai stato più Yves di così
Combinazione di colori, tessuti e volumi, in grado di provocare l’invidia creativa di qualsiasi altro designer facendogli pensare “è il vero lusso”. Forza dirompente, trasparenza seducente, mistero attraente. Occhiali da sole tipici di chi non vuole sentire ragioni, sagomati sul modello divenuto la firma di Yves. Spalle larghe per portare il peso della fierezza di essere sicuri di sé, sprazzi di colori per farsi notare e sembianze maschili per confondere ed incuriosire.
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D’altronde, Yves era ispirazione vivente, di un palpabile stile personale, di cui non se ne aveva e non se ne ha mai abbastanza. L’attitude di chi non aveva bisogno di approvazione, che riusciva a perforare una quarta parete imposta dal contesto esterno. Un contesto che non sarebbe mai combaciato con quell’animo di sensibilità espressiva che Yves possedeva.
Nulla a caso. Mai. Il potere di creare e portare in scena qualcosa che avrebbe sospeso il fiato di qualsiasi critico. Una consapevolezza quella di Antony Vaccarello che gli ha permesso di esprimersi liberamente ed alimentare una forza emotiva ed una intelligenza sentimentale rare nel loro genere. Nel continuo dell’esplorazione dei temi introdotti nella collezione uomo Spring Summer 2025, si sviluppa un guardaroba di Yves calato nei placidi ma frenetici seventies.
Diarchia vaccarelliana
Analizzando nel dettaglio, questo perfetto stile Saint Laurent si articola in pochi e definiti modelli. Una prima parte della collezione è composta da completi, sfogliati da giacche doppiopetto o singolo petto e pantaloni fluidi con pieghe frontali. La morbidezza espressa dalla silhouette è però spezzata drasticamente dalle nette linee disegnate dalle spalle squadrate e prepotenti. I completi si declinano tutti nella stessa uniformità e linea generale. A variare sono le proposte di capospalla che contrastano in consistente. Bomber in nappa, chiodi, giacche aviatore e trench fino a soprabiti strutturati a mo’ di vestaglia tra microfantasie e colli a scialle.
Cravatte e seni, giacche over e trasparenze. Il powerdressing di Vaccarello, un po’ armaniano anni ’80, prosegue e si cala in una narrazione androgina. Mutando camaleonticamente poi in un’accezione più femminile e in stile bohémien. Tra tessuti broccati, pizzi, e svolazzanti rouges si riscopre la fascinazione di Yves per il Marocco. Da qui, i look si alleggeriscono dalle stratificazioni, dagli impegnativi volumi e sopraggiungono giacche senza collo, abiti e gonne avvolgenti, camicie a scollo halter.
Questo Yves, questo Saint Laurent, questo Vaccarello ha riportato senso e logica asserzione tra le sfilate delle ultime fashion week. I 49 look proposti fanno parte di un armadio dall’ebrezza lussuosa in senso lato. Dalla comodità, il tayloring e lo sportswear si passa alla cromaticità, l’esibizione e la decorazione. L’occasione d’uso è il concetto base su cui si è edificata la collezione nelle proposte di capi da giorno per il dì e capi da sera dal prima cena fino all’after. Un rispetto di codici che di fondo è sempre rimasto intrinseco nell’approccio al vestirsi e che si era visto finire in quel senso di dispersione con cui sta facendo i conti la quotidianità.
Questo governo paritetico esercitato dal linguaggio dei capi da giorno e quelli da sera, è sorto tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Da qui, il massimalismo di completi e di broccati e la leggerezza hippie di camicie e gonne. Da qui, l’estrema desiderabilità che Antony Vaccarello è riuscito ad ammantare alla collezione. Certamente, nulla di nuovo, si tratta di archivio. Ma un archivio carnalmente credibile e sinceramente Yves.
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