Screening del cancro Colo-rettale nella Regione Lazio: lo stato dell’arte

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Il cancro del colon retto è uno dei tumori più frequenti in entrambi i sessi nei Paesi Occidentali, nonché seconda causa di morte tra i tumori in Italia. E’ in questa ottica che il 29 marzo 2025 è stata organizzata dall’AIGO regionale, presso l’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma, una giornata dedicata al tumore del colon retto al fine di fare il punto sullo stato dell’arte sulla prevenzione attraverso il programma di screening ed il percorso diagnostico-terapeutico attuato nel Lazio.

Nella nostra nazione nel 2024, 48.000 sono state le diagnosi di cancro colorettale e nel 2022 più di 24.000 persone sono morte a causa di questa neoplasia. Ogni 25 minuti muore una persona di tumore del colon retto.

L’incidenza è in aumento per 2 fattori principali: invecchiamento della popolazione (è una neoplasia che insorge prevalentemente in età medio-avanzata, intorno ai 70 anni) e per la diffusione di stili di vita non corretti quali fumo, alcol, inattività fisica, obesità ed alimentazione scorretta.

Negli ultimi 15 anni, si è verificato un aumento di diagnosi nei soggetti con meno di 50 anni, tanto che si sta pensando di rivedere i programmi di Screening anticipando l’età di inizio della sorveglianza.

Grazie allo screening ed al miglioramento delle tecniche endoscopiche e chirurgiche come anche dei trattamenti oncologici appropriati di chemio, radio ed immunoterapia, si è assistito ad una riduzione della mortalità.

Lo Screening è uno strumento di salute tanto più efficace quanto più partecipato e ha come scopo principale di intercettare le lesioni precancerose rappresentate dai polipi del grosso intestino o dai tumori in una fase precoce di malattia. Attualmente lo Screening viene effettuato su cittadini di età tra i 50 e 74 anni; consiste nell’invitare ogni due anni la popolazione ad eseguire un semplice test per la ricerca del sangue occulto nelle feci e, solo in caso di positività, si procede ad eseguire l’esame di secondo livello rappresentato dalla colonscopia, che viene effettuata entro 30 giorni.                           

L’esame endoscopico è il cardine dello Screening perché, in corso dell’indagine, si rimuovono le lesioni precancerose (polipi), si identificano i tumori in fase precoce (che possono guarire nel 90% dei casi se diagnosticati allo stadio iniziale), si individuano i soggetti a maggior rischio di sviluppare ulteriori polipi, che verranno inseriti in un programma di sorveglianza.

Nella Regione Lazio, il programma di Screening per la prevenzione del tumore del colon retto è iniziato nel 2015. Attualmente, nella regione, la popolazione in target è rappresentata da 1.006.000 persone tra i 50 e i 74 anni. Nel 2023, grazie a programmi attivati su tutto il territorio, la quasi totalità dei soggetti aventi diritto ha ricevuto l’invito ad effettuare lo screening di primo livello (ricerca di sangue occulto nelle feci), ma solo il 18,9% ha aderito al programma di prevenzione, un totale di 175000 persone. Il 5,1% di queste ha avuto un test con esito positivo: si tratta di quasi 9.000 cittadini, invitati ad eseguire una colonscopia. L‘85,1% si è sottoposto a tale esame e pertanto è stato possibile diagnosticare 270 carcinomi e 2.225 adenomi avanzati.

A causa di questo tumore nel Lazio si stimano ogni anno circa 29 morti ogni 100.000 uomini e circa 19 decessi ogni 100.000 donne. A fronte di questi dati è importante sapere che tra coloro che scelgono di aderire al programma di Screening, si rileva una significativa percentuale di guarigione con sopravvivenza fino al 90% dei casi, frutto di una diagnosi precoce del problema.

“Tali dati confermano l’importanza del programma di screening del cancro del colon retto – afferma la Dott.ssa Lucia d’Alba, dirigente medico presso la UOC di Gastroenterologia del San Camillo Forlanini e Presidente della regione Lazio dell’AIGO (Associazione Italiana Gastroenterologi ed Endoscopisti Ospedalieri)- e giustificano uno sforzo maggiore per favorirne l’adesione, attraverso processi organizzativi che vadano direttamente a raggiungere la popolazione target, promossi dalle società scientifiche, dai coordinamenti di screening locali, con l’ausilio dei comuni, di associazioni di pazienti, di associazioni culturali, ecc. Fondamentale risulta il coinvolgimento dei medici di medicina generale che conoscono ed interagiscono quotidianamente con buona parte della popolazione in target, in modo che possano sensibilizzare sull’importanza dell’adesione al programma di screening. L’occasione di confronto tra medici di medicina generale, gastroenterologi, endoscopisti, chirurghi, oncologi con le Istituzioni ed i cittadini è finalizzato ad individuare e rimuovere le criticità che riducono la partecipazione della popolazione allo screening”.

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