Gli italiani sono stupidi, Ocse lancia l’allarme

Uno studio che non giova a nostro favore, ma che fa riflettere le istituzioni

Redazione
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L’OCSE ha lanciato un vero e proprio allarme. Le competenze cognitive degli adulti italiani rimangono stabili negli ultimi dieci anni, ma continuano a posizionarsi al di sotto della media. Tutto ciò emerge dalla Survey of Adult Skills, condotta nel 2023 nell’ambito del Programma dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Questo progetto ha l’obiettivo di valutare internazionalmente le abilità degli adulti (PIAAC).

L’indagine, realizzata in Italia dall’INAPP su incarico del Ministero del Lavoro, evidenzia criticità nei tre principali domini analizzati: literacy (alfabetizzazione), numeracy (conoscenza numerica) e adaptive problem solving (l’attitudine a risolvere i problemi sul lavoro). Diamo un’occhiata più accurata ai dati.

OCSE segnala l’incompetenza di alcuni italiani

Dopo aver scoperto la preparazione degli studenti del Bel Paese in Matematica, grande cruccio per tanti, è il momento di allargare la prospettiva, prendendo in considerazione altre capacità, legate comunque all’apprendimento.

In literacy, il 35% degli italiani tra 16 e 65 anni, si colloca al livello 1 o inferiore, rispetto al 26% della media OCSE. Questo livello indica la capacità di comprendere solo testi brevi e organizzati, con difficoltà significative per chi scende al di sotto. La condizione è definita analfabetismo funzionale.

In numeracy, il 35% degli utenti italici raggiunge al massimo il livello 1, con riferimento al 25% del punteggio mediano preso in considerazione. In questo caso, si evidenziano difficoltà nel compiere semplici operazioni matematiche.

Mentre, nell’adaptive problem solving, il 46% degli adulti si ferma al livello 1, contro un valore intermedio del 29%, dimostrando limitazioni nella risoluzione di complicazioni non solo familiari.

Per cui, arrivando ai numeri interessanti, su una scala da 0 a 500, il punteggio italiano in literacy è 245, in numeracy è 244 e 231 in adaptive problem solving. La media OCSE, invece, è rispettivamente di 260, 263 e 251. Questi numeri ci collocano agli ultimi posti tra gli Stati partecipanti al sondaggio.

Malgrado questa notizia non proprio rosea, sembra che i giovani tra 16 e 24 anni mostrino dei risultati soddisfacenti. Difatti, le loro performance hanno degli esiti più promettenti rispetto alla popolazione adulta più anziana. In alcuni casi, per la gioia dei loro genitori, anche superiori ai ragazzi di altri territori.

Il divario tra Nord e Sud

Ritorna sempre, purtroppo, la breccia tra il Nord e il Sud dello Stivale. A tal proposito, il Presidente dell’INAPP Natale Forlani ha dichiarato: “Occorre investire per il recupero dei territori del Mezzogiorno“.

Mathias Cormann, Segretario Generale dell’OCSE, ha indicato l’urgenza di “rivalutare in profondità il modo in cui i Paesi sostengono lo sviluppo delle competenze elementari“. Cormann ha continuato: “In un’epoca in cui tanti posti di lavoro vengono trasformati dalle tecnologie, queste competenze sono più importanti che mai per prepararsi al lavoro di domani“.

Le nazioni con i migliori risultati nei tre settori oggetto dello studio sono: Finlandia, Giappone, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia. Invece, Cile, Croazia, Corea, Francia, Ungheria, Israele, Italia, Lituania, Polonia e Portogallo hanno ottenuto riuscite inferiori alla media OCSE in tutte le aree di competenza considerate.

Al netto della bella o brutta figura, la ricerca potrebbe rappresentare una chance per l’Italia di individuare le problematiche delle proprie società e stimolare l’a crescita interventi mirati per migliorare il proprio capitale umano e stimolare l’interesse alla cultura nelle generazioni del futuro.

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