Nobel per la Pace 2023 a Narges Mohammadi: consegnato alla famiglia mentre lei è in carcere

Il Nobel ad una donna privata delle sue libertà perché lottava per i diritti di tutti. Un premio meritato che ha anche l’obiettivo di ridare la vita ad un’attivista che sconta una pena ingiusta

Redazione
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Il Nobel per la Pace 2023 ad una donna privata delle sue libertà perché lottava per i diritti di tutti. Un premio meritato che ha anche l’obiettivo di ridare la vita ad un’attivista che sconta una pena ingiusta. Detenuta dal 2016 nel carcere di Evin, in Iran, conosciuto per le pene e condizioni disumane in cui versano i detenuti, Narges Mohammadi non potrà festeggiare la sua vittoria.

Un Nobel che premia anni di lotte contro l’oppressione delle donne in Iran e per i diritti umani di tutti. Una donna che è stata punita per aver chiesto ciò che per chi è nato nella nostra parte di mondo è scontato.

Oggi, 10 dicembre 2023, Narges Mohammadi non ha potuto ritirare il suo Premio Nobel. È ancora detenuta nella prigione di Evin a Teheran, per questo suo marito e i suoi due figli hanno ritirato il premio al suo posto.

La consegna del premio Nobel in assenza di Narges Mohammadi

Sul palco una sedia vuota a testimoniare l’assenza di Narges Mohammadi, una sedia che la stessa avrebbe dovuto occupare a fianco alla sua famiglia in attesa di ritirare il premio Nobel per la pace. L’attivista è invece ancora in carcere impegnata in uno sciopero della fame in difesa del suo diritto recarsi in ospedale senza indossare il velo.

Le speranze della sua scarcerazione in tempo per la consegna del premio ad Oslo, in Norvegia, sono state vane. Narges continuerà a rimanere detenuta a Teheran, a causa dei suoi reati contro lo stato islamico dell’Iran. Gli stessi reati che hanno determinato l’assegnazione del Nobel, orgogliosamente ritirato da suo marito e dai suoi figli.

Nobel per la Pace 2023, chi è Narges Mohammadi

La vincitrice del premio assegnato dall’Accademia di Svezia è una giornalista iraniana di 51 anni, vicepresidente del centro per la difesa dei diritti umani. Ciò che la rende speciale è la sua fedina penale, che conta 13 arresti, una pena cumulativa di 31 anni di carcere e la pena aggiuntiva di 154 frustrate.

La colpa di Narges Mohammadi? Aver lottato contro la pena di morte e per far avere alle donne quei diritti tanto agognati

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Narges Mohammadi @twitter

Le motivazioni degli arresti sono ogni volta più fantasiosi: tra “reati contro la sicurezza nazionale”, “diffusione di propaganda contro il sistema” e “reati contro la sicurezza nazionale”, Mohammadi diventa un vero e proprio pericolo per il così fragile sistema politico iraniano. In realtà le sue attività erano quelle tipiche di una giornalista: intervistare e nel suo caso denunciare la mancanza dei diritti di base per i cittadini del suo Paese.

Perseguitata per le sue idee e per le sue lotte, ha passato più di un quarto della sua vita privata della libertà, tra brevi periodi in carcere e ricoveri in ospedale. Ad aggravare la sua situazione già molto tragica, è infatti uno stato di salute precario. Mohammadi soffre di embolia polmonare e di un disturbo neurologico che le causa convulsioni e paralisi temporanee. È inoltre un soggetto cardiopatico, da quando nel 2022 ha sofferto di una serie di attacchi cardiaci.

Eppure, da quando è trattenuta nella struttura di detezione Mohammadi continua a organizzare proteste. L’ultima per Mahsa Amini, una sua connazionale uccisa perché portava in modo errato il velo.

La decisione dell’Accademia di Svezia

Una situazione delicata, su cui l’Accademia di Svezia è voluta intervenire. Questo Nobel non è solo un ringraziamento per le lotte che Mohammadi ha portato avanti, ma è anche uno strumento di liberazione, per puntare i riflettori su una delle tante situazioni disumane che ogni giorno si verificano nel mondo.

La vittoria del Nobel evidenzia il coraggio delle donne iraniane“, ha commentato l’Onu. “Un momento storico per la lotta per la libertà in Iran“, ha scritto la famiglia di Narges Mohammadi sul profilo Instagram della donna.

La speranza è che la vincitrice del Nobel per la pace venga scarcerata, così da poter ritirare di persona il premio a dicembre, e soprattutto per poter godere di quella vita tranquilla che ha meritato sul campo.

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