Il ragazzo dai pantaloni rosa, i segreti del film rivoluzionario ode alla libertà – TRAILER

In uscita nelle sale italiane il 7 novembre 2024, il lungometraggio esplora in maniera rivoluzionaria un problema sociale, purtroppo, intramontabile: il bullismo

Redazione
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Perché Dio permette di fare del male?”, chiede Andrea a sua nonna, nel pieno di un crollo mentale dovuto ai gravissimi episodi di bullismo subiti quotidianamente a scuola. “Lui dà l’esempio del bene, poi sta agli uomini agire di conseguenza”, risponde la donna con saggezza. È forse questo il momento in cui “Il ragazzo dai pantaloni rosa” mostra, per la prima (e forse unica) volta, le sue fragilità di fronte ad un adulto.

L’ultima fatica della regista Margherita Ferri e dello sceneggiatore e produttore Roberto Proia, ha coinvolto emotivamente chi ha avuto la fortuna di vedere l’anteprima cinematografica esclusiva.

Presentato, per la prima volta, alla Festa del Cinema di Roma, il 23 ottobre 2024, il prodotto filmico ha un cast vario. Gli attori di spicco sono: Samuele Carrino (Andrea Spezzacatena), Claudia Pandolfi (Teresa Manes), Corrado Fortuna (Tommaso Spezzacatena), Sara Ciocca (Sara), Andrea Arru (Christian).

Il ragazzo dai pantaloni rosa

Il lungometraggio si apre sull’infanzia di Andrea Spezzacatena e, subito dopo, prosegue nella sua adolescenza. Da qui, il pubblico è accompagnato dalla voce fuoricampo del personaggio principale, che ricorrerà nelle situazioni più significative della pellicola, intento a pronunciare una serie di domande sul futuro utilizzando il condizionale passato.

A scuola lui conosce Sara, con cui stringe un’amicizia pura e disinteressata, scandita dalla passione per il cinema e da chiacchierate all’aria aperta con il sottofondo dell’armonia “Filme-moi” di Alice et Moi. Poi incontra Christian, un giovanotto reputato perfetto in tutto dai suoi compagni, ma frustrato nel profondo, che si avvicina al gentile Spezzacatena per evitare la bocciatura e che non si farà problemi a beffarsi di lui per pavoneggiarsi.

Lo studente, preso di mira dai compagni, in presenza e online – specialmente a causa di un paio di pantaloni rossi stinti e diventati rosa, indossati con fierezza –, oltre che pensare alle sue incertezze di teenager, si fa carico anche dei dilemmi familiari e del fratellino Daniele.

“Abbiamo tutti bisogno di un po’ di amore”

Come diceva Jacques Brel nel suo meraviglioso brano “Quand on n’a que l’amour”, si ha davvero qualunque cosa quando si ha solamente l’amore nella vita, addirittura il mondo intero nelle mani. A tal proposito, in un frammento del film, Carrino dice ad una magistrale Claudia Pandolfi, che interpreta la madre: “Abbiamo tutti bisogno di un po’ di amore”.

Nel recente lavoro di Margherita Ferri e Roberto Proia, è possibile apprezzare come il protagonista cerchi l’affetto da chi gli sta intorno. Questa è, purtroppo, la casistica in cui molti altri giovanissimi dileggiati si ritrovano poiché non possiedono più un sentimento di autostima e, di conseguenza, la coscienza di non essere realmente soli. Mossi da un senso di colpa che non dovrebbe esistere, frutto dell’adorazione che provano nei confronti della loro famiglia, optano per soffocare le emozioni, evitando di raccontare delle vessazioni subite. Perché questo accade?

Le motivazioni sono molteplici e non sempre facili da spiegare. È probabile che questi ragazzi non vogliano gravare maggiormente in un contesto già complicato. Ancora più diffuso è, invece, l’erroneo preconcetto culturale, secondo il cui l’oppresso è un debole e l’oppressore è un ganzo agli occhi della collettività. Quindi, per evitare che i genitori possano preoccuparsi o, addirittura, provare vergogna pubblica per una prole vessata da fantomatici duri, i fanciulli preferiscono tacere, farsi del male a livello morale e, sfortunatamente, talvolta, anche fisico.

Il chiudersi nel silenzio fa aumentare i complessi all’interno della mente degli individui, che non si sentono più compresi, accettati e, soprattutto, amati da nessuno, lasciandosi andare. È proprio qui che le istituzioni dovrebbero intervenire, rimanendo accanto a chi soffre in silenzio, sensibilizzando il più possibile, grandi e piccini, all’ascolto e alla considerazione.

Il problema di un fenomeno senza tempo

Con l’obiettivo di sensibilizzare le donne e gli uomini del domani su temi di enorme rilevanza sociale, Circuito Cinema Scuole ha organizzato, il 4 novembre, una proiezione nazionale per tutti gli istituti aderenti. A seguito di essa, ha avuto luogo un delicato dibattito

Con la moderazione della giornalista Federica Angeli, hanno potuto esprimere il loro pensiero: la regista, lo sceneggiatore, il giovane protagonista, la cantante Arisa (che ha interpretato il tema musicale principale “Canta Ancora”) e Teresa Manes, la mamma del vero Andrea.

Effettivamente, “Il ragazzo dai pantaloni rosa” è liberamente ispirato ad un fatto di cronaca, risalente al 20 novembre 2012, quando il 15enne Andrea Spezzacatena si tolse la vita perché vittima di violenti atti di bullismo e cyberbullismo omofobico.

Gli interventi si sono soffermati sull’insegnamento che l’opera (concepita come ode di libertà) vorrebbe passare allo spettatore. Gli esperti hanno dichiarato che prendere sulle spalle questa storia è stata una considerevole responsabilità. Si è parlato dell’importanza delle parole, che possono uccidere e salvare, poiché è stato consigliato a chi ascoltava di confidarsi sempre e comunque, anche se la verità può far male. Il rispetto e l’empatia dovrebbero essere le prime capacità attivate verso l’altro, perché occorre sempre tenere a mente che ogni essere umano sta portando avanti una battaglia, di varia natura, nella propria esistenza.

Il coraggio di una madre

La scrittura del libro e la messa in scena della pellicola riportano Andrea dove doveva stare: tra i banchi di scuola”. A rispondere alla maggior parte delle domande degli allievi commossi, ci ha pensato Teresa Manes, che si è dichiarata felice della produzione perché le emozioni, attraverso l’audiovisivo, arrivano di più al destinatario. La signora ha voluto sottolineare che nessuna delle creazioni consacrate al figlio parla di morte, perché entrambe sono da considerare un inno alla vita.

Parliamo di una mamma coraggio che ha patito e sta patendo un immenso dolore da 12 anni a questa parte. Teresa ha asserito di essere contenta perché l’obiettivo che ha dalla scomparsa di suo figlio si sta compiendo, nonostante l’approccio al rivivere quelle esperienze sia stato dilaniante. Infatti, la sua preghiera è quella di invitare chiunque a vedere il film e di rifletterci su.

Riguardo alla lotta contro bullismo e cyberbullismo, secondo Manes, sarebbe opportuno raccontare ciò che si soffre, trovando così la forza di resistere, di rimanere a testa alta perché ogni essere umano vale in quanto tale. Malgrado il tragico epilogo, quello di Andrea è un esempio di vivere la bellezza e la consapevolezza di essere diversi.

Ai bulli che hanno causato la morte del suo bimbo (il quale, nelle chat più intime, aveva scritto la lacerante frase di voler correre tanto da mortificare il suo corpo), la donna, senza rancore, spera che oggi si facciano testimoni del messaggio di condivisione perché adulti e, forse, solo adesso, consapevoli. “Spero che un pezzetto di Andrea rimanga in ognuno di voi, perché solo così le cose potranno cambiare”.

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