In un’intervista all’ANSA, l’appello lanciato dal direttore Schmidt. Il Mic ribatte: sacrificati alcuni istituti, ma «stiamo ponendo riparo»
Con un luglio da record agli Uffizi e ben più di 427 mila visitatori, mai così tanti nella storia del museo, e un Ferragosto da quasi 43 mila persone nel weekend, con tutto che il 15 si poteva entrare solo a Boboli, il più visitato museo d’Italia e uno dei più importanti al mondo sembra navigare in acque più che tranquille.
“Sembra”, per l’appunto: i tanti ospiti in arrivo non trovano chi faccia gli onori di casa e a lamentarsene è proprio il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, storico dell’arte tedesco alla guida del museo da 7 anni, in un’intervista all’ANSA. Un problema nevralgico da affrontare subito, assicura, «altrimenti si chiude».
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Un problema urgente, tallone d’Achille della riforma Franceschini
È il tallone d’Achille della riforma Franceschini, che ha rivoluzionato il modello organizzativo dei beni culturali italiani. A una crescita in moltissimi settori, dalle facilitazioni organizzative alle entrate economiche, non ne è corrisposta una nel personale museale, anzi: «Quella delle risorse umane è la sfida più grande che si troverà ad affrontare chiunque col nuovo governo dovrà occuparsi della politica per la cultura. In un periodo in cui l’offerta museale cresce e i visitatori tornano ad aumentare, il numero degli addetti nei musei continua a contrarsi».
Fa poi notare di aver ricevuto una circolare del ministero della Cultura che riduce di un ulteriore 9% l’organico delle Gallerie, un vero colpo di grazia: solo nella Gallerie degli Uffizi, dal 2013 al 2022, sono andati in pensione 166 addetti, a fronte di 34 nuovi ingressi totali – tenendo conto dei 15 vigilanti vincitori di concorso che arriveranno a Firenze a settembre. Una carenza «sicuramente condivisa da molti altri musei, archivi e biblioteche. Con l’attuale modello non c’è la possibilità di una gestione efficace ed efficiente del personale».
La richiesta di autonomia parziale
Chiamando in causa i progetti in programma, tra restauri, allestimenti e aperture di nuove sale, Schmidt spiega: «Questo perché tutte le autonomie parziali che sono state date a musei e siti archeologici hanno dato grandi frutti. Ma il fatto che non ci sia alcuna cogestione delle risorse umane rimane un vulnus della riforma. Su questo chi ci governerà dopo il 25 settembre dovrà riflettere. Si può scegliere tra diverse soluzioni. L’unica cosa che non si può fare è rimanere fermi».
Se è vero che la riforma ha cambiato in meglio tante cose, infatti, è anche da considerare che le piante organiche dei musei autonomi sono ancora di pertinenza dell’amministrazione centrale e i direttori, pur volendo, su questo non hanno potere di intervento.
La replica del Mic
Non tarda a farsi sentire la replica del direttore generale dei musei del Mic, Massimo Osanna: «È vero che i musei italiani si devono confrontare da molto tempo con una drammatica e diffusa carenza di personale, ma è vero anche che a questa carenza, proprio con gli interventi di questi anni, stiamo ponendo riparo: dopo il primo scaglione di nuovi arrivi, ovvero 1053 nuovi addetti alla vigilanza che prenderanno servizio a settembre, inseriremo 400 altri nuovi assunti a dicembre e poi ancora altri 1053 nel 2023. Già entro il 2023 contiamo di riempire la maggior parte dei vuoti di organico».
In quanto ai nuovi tagli ai quali accenna Schmidt nell’intervista all’ANSA, Osanna parla di «una delicata opera di razionalizzazione delle risorse, contemperando gli interessi dei grandi e dei piccoli attrattori. La nostra attenzione è stata ispirata da criteri di razionalizzazione e messa a punto di una struttura vasta e molto ramificata sul territorio, dovendo guardare al sistema museale nazionale nel suo complesso».
SI è seguita la logica del male minore, insomma: c’era la necessità di irrobustire l’organico delle direzioni regionali che si sono assunte il peso di istituti che prima erano di competenza delle soprintendenze e bisognava assegnare personale ai nuovi musei autonomi. Da qui l’esigenza di «sacrificare lievemente le necessità di alcuni istituti, tra cui gli Uffizi».
Fa poi notare Osanna di aver suggerito ai direttori un nuovo utilizzo del personale che fa capo ad ALES, la S.p.A. del ministero per Arte, Lavoro e Servizi: «Per rendere l’accoglienza sempre più adeguata alle necessità dei nuovi pubblici e sviluppare ricerche e conoscenza del patrimonio, a cominciare dai ricchissimi depositi museali».
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