Baby 3.0: la monumentale installazione sbarca a Venezia

Sara Rossi
3 Min di lettura

L’opera dello scultore Lorenzo Quinn sarà esposta fino al 31 ottobre nel giardino affacciato sul Canal Grande

Si è aggiudicato lo spazio del giardino di Palazzo Corner della Ca’ Granda, già utilizzato più volte dalla Biennale di Venezia, lo studio dello scultore italo-americano Lorenzo Quinn. Vincitore grazie a un bando con base d’asta di 15mila euro mensili, Quinn vedrà la propria opera, monumentale e potente, dominare Venezia fino a fine ottobre, lanciando con la forza dell’arte un potente messaggio di speranza e rinascita.

Da un’asta a un tributo alla vita

15mila euro mensili come base d’asta del bando; lo studio di Quinn si è garantito l’ambita location con un’offerta di molto superiore: 20mila euro al mese, per un totale di 80mila euro. I lavori di installazione si sono conclusi mercoledì, con il taglio del nastro sin dal giorno successivo.

“Baby 3.0” è un neonato gigante, alto  sette metri e largo quasi quasi, in rete d’acciaio inossidabile e fusione in alluminio. Un’opera che è simbolo di rinascita e di speranza, come spiega lo stesso Lorenzo Quinn: «Ora più che mai: dopo la pandemia, di fronte al dramma delle guerre e della povertà diffusa e ai gravi problemi ambientali, c’è bisogno di ribadire il valore della vita, di lavorare al cambiamento e alla creazione di una nuova Umanità. Quest’opera è una dichiarazione di speranza per il futuro, anche per Venezia. Un bimbo ancora nel grembo materno ma già pronto alla vita».

Suggestioni e bellezze di “Baby 3.0”

La Laguna e l’opera dialogano strette, quasi la seconda non fosse una semplice e temporanea ospite: il bacino della donna, che sostiene il bimbo con le ossa pelviche, è quello stesso bacino d’acqua della città lagunare; il Canal Grande, zona di passaggio quotidiano di milioni di persone, è proprio il luogo da cui tutto ha inizio, da cui si ammira senza fiato l’imponenza di Venezia ogni giorno e dove ci si abbandona alla sua bellezza quando cala la sera, da cui ha inizio il rapporto vitale tra gli abitanti e l’acqua.

La curatrice dell’opera, Amira Gad: «Questa scultura è monumentale per dimensioni ma intima nel sentimento che genera. Ci invita ad entrare in un bozzolo e ci mette di fronte all’immensità delle domande che ne sono al centro e che sono l’essenza di tutto ciò che facciamo, della cultura, della scienza, della filosofia, dell’innovazione: “Perché siamo nati? Perché siamo qui? Qual è il nostro scopo nella vita?” Con il titolo, l’artista suggerisce una umanità migliore ed evoluta, una versione 3.0 di noi stessi alla quale mirare».

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