È arrivata la sentenza definitiva del tribunale di Mansura: Patrick Zaki è stato condannato a tre anni di carcere in Egitto. All’undicesima udienza del processo che va avanti da tre anni è giunto, quindi, il verdetto definitivo e inappellabile. Il giovane ricercatore aveva già scontato 1 anno e 10 mesi di reclusione e dovrà quindi affrontare altri 14 mesi di carcere.
Arresto Zaki: le parole del portavoce di Amnesty Italia
“Quello dell’arresto è lo scenario peggiore che poteva presentarsi” dice il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury in un’intervista a SkyTg24. “Gli avvocati di Patrik stanno studiando tutte le eccezioni per fare un appello. In questo momento non so dove sia, spero davvero che gli sia risparmiato il carcere” ha poi continuato.
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“Non sappiamo dove si trovi Patrick. C’è la possibilità che già questa notte la passi in carcere. Lui è una persona molto buona, che parlava dei diritti sui social. Zaki è stato condannato per aver pubblicato una ricerca sulla discriminazione sulla sua comunità in cui diceva la verità” afferma ai microfoni di Sky. Alla domanda sul futuro, Noury risponde: “Il governo deve intervenire. Mi aspetto che arrivi un comunicato di protesta o di condanna per tale verdetto“.
Processo Patrick Zaki, un calvario lungo tre anni
La vicenda di Patrick Zaki è iniziata il 7 febbraio 2020, quando lo studente dell’Università di Bologna, che aveva fatto rientro in Egitto per passare le vacanze con la famiglia, venne arrestato in aeroporto. Zaki, in particolare, è un giovane egiziano che, dal 2019, era iscritto al Master europeo in studi di genere “Gemma”.
In seguito, sono state rese note le accuse: istigazione alla violenza e al terrorismo con l’intento di minare la sicurezza pubblica, tramite dei post su Facebook. Secondo i suoi legali, però, le prove e i post utilizzati dal governo egiziano per accusarlo sarebbero stati falsi. Ad attirare subito l’attenzione internazionale sono state le denunce di attivisti e legali, secondo cui durante l’interrogatorio Zaki sarebbe stato sottoposto a torture.
Da questo momento in poi, ha preso il via una grossa mobilitazione che è partita in Italia, ma si è diffusa ben presto in tutto il mondo, contro la prigionia forzata del giovane. Ad alimentare le proteste è stato il continuo rinnovo della custodia cautelare ogni 45 giorni, fino all’inizio del processo il 14 settembre 2021.
Sotto pressione internazionale, l’8 dicembre 2021 Zaki venne scarcerato, ma non assolto e obbligato a non oltrepassare i confini del paese. Successivamente, sono andati in scena una serie di continui rinvii del processo, fino ad oggi, quando è giunta la sentenza definitiva.
La mobilitazione internazionale
Quello di Patrick Zaki è diventato un caso internazionale che ha scosso tutto il mondo sul tema dei diritti umani. A dare il via alle proteste sono stati gli studenti di Bologna, una volta saputo dell’arresto del loro collega, ma le mobilitazioni si sono allargate a tutt’Italia e agli altri paesi. In particolare, Amnesty International Italia aveva dato il via alla campagna Free Patrick Zaki, volta a liberare il giovane dalla prigionia.
Il lungo calvario, però, non ha avuto l’epilogo sperato dal ragazzo e dai manifestanti e saranno altri 14 i mesi di carcere. Zaki è stato arrestato direttamente in tribunale al termine dell’udienza, tra le lacrime della madre e della fidanzata che lo aspettavano all’esterno.
Il tentativo di ricorso
Nonostante non siano previsti ulteriori appelli, la principale legale di Patrick Zaki ha dichiarato all’ANSA che tenteranno il ricorso: “Chiederemo di annullare la condanna o di rifare il processo come è capitato per Ahmed Samir Santawy”. Si tratta di un altro ricercatore egiziano di Vienna, che era stato anche lui condannato a 4 anni di carcere con l’accusa di pubblicazione di notizie false, i cui legali erano riusciti ad annullare la sentenza.
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