Vinitaly, al via la fiera che celebra il vino: quest’anno non solo calici, ma anche timori per i dazi Usa

Raccontare come la cucina italiana sia una risorsa da proteggere e valorizzare, con un valore di oltre 45 miliardi di euro

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Vinitaly quest’anno non è solo il regno del calice di vino, ma anche un momento per apprezzare e prendere consapevolezza dell’importanza di un intero settore, che si trova in equilibrio tra tradizione ed incertezze economiche, ad oggi messo in crisi dalle possibili catastrofiche conseguenze dei dazi americani. Secondo quanto riportato dall’Ansa, l’internazionalità resta uno dei pilastri per filiera strategica dell’Italia: un valore complessivo di 45 miliardi di euro, esportazioni pari a 8,1 miliardi di euro e un’incidenza dell’1,1% sul Pil nazionale.

Si tratta di un’occasione – sottolinea il ministero dell’Agricoltura e Sovranità alimentare in una nota – per raccontare come la cucina italiana sia una risorsa da proteggere e valorizzare, nella consapevolezza che il riconoscimento internazionale possa rafforzare l’immagine dell’Italia nel mondo e sostenere filiere, territori e comunità“. In quest’ottica si inserisce la candidatura a della cucina italiana a Patrimonio dell’Umanità che sarà discussa durante la fiera Vinitaly. Questa sottolinea il valore di insieme di saperi e sapori e gli elementi caratteristici del vino di coesione sociale, sostenibilità e innovazione.

Con 18 padiglioni, 4mila aziende, e circa 30mila buyers da 149 paesi, Vinitaly si articola tra degustazioni delle eccellenze regionali e storia culturale del vino.

Il Patrimonio Unesco tra i vigneti

I territori viticoli dell’Italia sono stati nel tempo consacrati a Patrimonio Unesco. Tra questi molti sono in Piemonte. “Cinque aree vinicole distinte e un castello – come si legge nel sito ufficiale dell’Unesco –  La Langa del Barolo, le colline del Barbaresco, Nizza Monferrato e il Barbera, Canelli e l’Asti Spumante, il Monferrato degli Infernot, il Castello di Grinzane Cavour“. Un dipinto paesaggistico e culturale di eccezionale bellezza, con una tradizione storica antica legata alla coltura della vite e del vino.

Anche la Toscana, regione natia del Chianti e del Brunello di Montalcino, fa parte del Patrimonio, di cui è riconosciuta lo splendore del paesaggio della Val d’Orcia, parte dell’hinterland agricolo di Siena. Figurano anche le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, iscritte nella lista dei siti Patrimonio Unesco in Italia nel 2019, seguita da

Vinitaly e i dazi americani

il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, inizia a contare le perdite per il settore e fa un appello ai partner americani. “Con i sanguinosi dazi americani al 20% il mercato dovrà tagliare i propri ricavi di 323 milioni di euro all’anno, pena l’uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni. Perciò Uiv è convinta della necessità di fare un patto tra le nostre imprese e gli alleati commerciali d’oltreoceano che più di noi traggono profitto dai vini importati; serve condividere l’onere dell’extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori“. La paura è che si inneschi un gioco al rialzo senza via d’uscita sulle tariffe tra America ed Europa, che penalizzerà entrambe le parti.

I rischi per il vino italiano

Il problema per l’Italia si configura nella scelta del consumatore americano, perchè la maggior parte degli acquirenti e abituali consumatori di vino si trova in una fascia di prezzo medio-bassa.

Secondo quanto riportato a Linkiesta dal segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti, “solo il 2% delle bottiglie tricolori vendute in America vanta un price point da vino di lusso, mentre l’80% si concentra nelle fasce “popular”, che tradotto in prezzo/partenza significa in media poco più di 4 euro al litro”. In questo senso mentre l’aumento per fasce di prezzo di vini di lusso non sembrerebbe un problema, difficoltosa diventerebbe la vendita di vini in una fascia intermedia, che non sarebbero più così accessibili per l’abituale target di consumatori.

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