Il gip di Roma ha respinto la richiesta di archiviazione sul delitto di via Poma. Simonetta Cesaroni è la ragazza che fu uccisa il 7 agosto 1990 nell’appartamento in cui sembra ci fossero documenti riservati dei servizi segreti. Nello specifico, si tratta di carte su cui né investigatori né pubblici ministeri sarebbero dovuti venire a conoscenza.
La scelta del gip è stata pubblicata oggi da La Repubblica. Stando a quanto riportato dal quotidiano, secondo la tesi del magistrato Giulia Arcieri, nell’appartamento di via Carlo Poma, nel quartiere Vittoria di Roma, erano custoditi alcuni estremamente documenti riservati dei “poteri forti” che volevano essere protetti insieme all’identità dell’assassino.
Leggi Anche
In particolare, il magistrato, che ha respinto la richiesta di archiviazione della procura capitolina, chiederebbe ai pm di chiarire definitivamente sull’intervento degli 007 sulle vecchie indagini inquinate, su tutte le inchieste passate nonché sul celebre colpo di Massimo Carminati al caveau della cittadella giudiziaria del 1999.
Sono indagini che richiederanno alla procura di considerare molte persone, tra vecchi indagati e protagonisti e nuovi mai ascoltati prima. Tra questi riemergono anche l’ex questore di Roma e numero due della polizia, Carmine Belfiore, l’ex agente dei servizi segreti Sergio Costa, nonché genero dell’allora capo della polizia Vincenzo Parisi. In più, è richiesto che in Procura vengano sentiti anche tutti coloro che sono stati colleghi e datori di lavoro di Simonetta Cesaroni.
Per una “svista” da parte del gip, l’ex 007 sarebbe stato scambiato con l’attuale vicepresidente della Camera, Sergio Costa, il quale si difende dichiarando che si tratta di una omonimia. “L’agente citato dalla gip non sono io“, sottolinea l’ex ministro.
Via Poma, gli ultimi aggiornamenti sul delitto
Inoltre, il magistrato Giulia Arcieri chiede nuove verifiche sulla figura dell’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno. Si tratta del defunto presidente degli Ostelli che abitava poco distante da via Poma e che non fu indagato nonostante presentò incongruenze in relazione al suo alibi e alle indiscrezioni su possibili molestie nei confronti di giovani ragazze. Arcieri infatti riporta che “appare del tutto verosimile che sin dall’inizio le indagini siano state inquinate per proteggere soggetti e/o interessi dei servizi segreti (…) come le persone in rapporti con l’Aiag”, ossia l’ufficio degli Ostelli dove lavorava Simonetta Cesaroni. La decisione del gip è stata ampiamente accolta dalla famiglia della vittima, che è rappresentata dall’avvocato Federica Mondani.
Sono passati quasi 35 anni ma il mistero continua a infittirsi. Il delitto di via Poma per l’opinione pubblica appare come un caso di cronaca nera che per troppi anni è stato segnato da gravi mancanze ed errori che ne avrebbero compromesso le indagini, impedendo così di scoprire l’autore dell’omicidio. Infatti, oltre all’identità dell’assassino, non si è mai venuti a conoscenza del movente, dell’arma utilizzata per uccidere la ragazza, di chi fosse presente nel comprensorio di via Poma il giorno del delitto e neanche l’ora esatta della morte della vittima.
Il delitto di via Poma
Nel corso dei 34 anni che sono passati dal delitto, sono state varie le inchieste condotte e diverse le piste investigative intraprese. Tra i 1990 e il 2011, sono state sotto accusa diverse persone. Pietrino Vanacore, portiere dello stabile dove avvenne l’omicidio dal 1985 al 1995, è stato uno dei primi a fine sotto inchiesta. Subito dopo Salvatore Volponi, il datore di lavoro della vittima, poi Federico Valle, il cui nonno Cesare Valle, era il progettista del complesso e risiedeva nello stabile. Infine Raniero Busco, ossia il fidanzato di Simonetta Cesaroni. Queste persone vennero tutte scagionate dalle accuse.
© Riproduzione riservata