Strage di Erba, Rosa e Olindo sono innocenti?

Quattro morti e un sopravvissuto, due sentenze, due condanne all’ergastolo e ancora molti, forse troppi dubbi sulla strage di Erba

Giulia Fuselli
10 Min di lettura

La strage di Erba è uno dei capitoli più sanguinosi della cronaca italiana. Quattro morti e un sopravvissuto, due sentenze, due condanne all’ergastolo e ancora molti, forse troppi dubbi su quanto accaduto durante la notte dell’11 dicembre 2006. Olindo Romano e Rosa Bazzi sono stati condannati in Cassazione per il pluriomicidio nel paese del Comasco che provocò la morte di Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini.

strage di erba
Olindo Romano e Rosa Bazzi

Dopo 18 anni continuano le incertezze su cosa sia realmente successo quella sera. Le perplessità sono concrete, forse oggi più che mai. Il prossimo 1° marzo davanti alla Corte d’Appello di Brescia, inizierà il processo di revisione a carico dei due coniugi ergastolani. Di fatto, la Corte ha accolto e riunito le due istanze presentate dai legali di Romano e Bazzi, Fabio Schembri, Vincenzo D’Ascola, Patrizia Romano e Luisa Bordeaux e dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser.

La decisione della Corte d’Appello sulla strage di Erba fa riemergere dei lati nascosti di questa tragica vicenda, ancora non del tutto chiari. Anzitutto, le modalità della morte di Valeria Cherubini, del tutto “incompatibili” con la tesi di colpevolezza dei coniugi. Inoltre si insiste sulla testimonianza di Mario Frigerio, marito di Cherubini e unico sopravvissuto alla strage – morto negli anni successivi – e diventato principale testimone dell’accusa che riconobbe Olindo in aula. Una versione distorta andrebbe in contrasto con quanto dichiarato da Frigerio nell’immediatezza, nel letto d’ospedale. Infine c’è la testimonianza di Abdi Kais, mai sentito dagli inquirenti, e residente nell’abitazione di Erba e che venne poi arrestato per spaccio nella zona dove avvenne il massacro.

Strage di Erba: la ricostruzione della ‘mattanza’

Torniamo indietro a quella notte, la sera dell’11 settembre 2006. In via Diaz si trova un condominio di una corte ristrutturata: ecco il luogo della strage di Erba. Tutto si è consumato in quella piccola palazzina in provincia di Como. Quattro persone sono state uccise a sangue freddo, con colpi di spranga e coltellate. Le vittime sono Raffaella Castagna, 30 anni, volontaria in un centro di assistenza per persone disabili, Youssef Marzouk di 2 anni, figlio di Raffaella, la madre di quest’ultima, Paola Galli, 60 anni, e la vicina di casa Valeria Cherubini di 55 anni.

strage di erba le vittime
Le vittime della strage di Erba: Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini

La mattanza della strage di Erba non si ferma con loro quattro: anche Mario Frigerio, 65 anni e marito della Cherubini, corso in soccorso della moglie è stato accoltellato, ma miracolosamente sopravvissuto nonostante un profondo taglio alla gola. La sua vita salvata da una malformazione congenita della carotide che ha permesso all’uomo di non morire dissanguato. Subito dopo l’inumana aggressione gli assassini hanno dato fuoco all’appartamento dei Castagna. Alle 20,20 circa, alla vista del fumo, due vicini di casa salgono le scale della palazzina e trovano il signor Frigerio a terra e lo allontanano dall’abitazione.

Strage di Erba ricostruzione
Una delle scene del delitto

Al ritrovamento del corpo esanime di Raffaella Castagna, i due soccorritori dicono di aver sentito le urla strazianti di una donna, ma a causa dell’aria irrespirabile conseguente all’incendio, che ormai era divampato all’interno della corte, i due sono stati costretti ad abbandonare l’edificio. Immediato l’intervento dei vigili del fuoco, ma ormai era successo l’irreparabile: il ritrovamento dei corpi senza vita del piccolo Youssef e della nonna materna Paola Galli. Al secondo piano è stato, poi, trovato il cadavere di Valeria Cherubini, mentre Frigerio è stato portato d’urgenza all’Ospedale Sant’Anna, in provincia di Como.

Strage di Erba: iniziano le indagini

Gli investigatori della scientifica dei Carabinieri hanno subito evidenziato che gli assalitori della strage di Erba erano due, di cui almeno uno mancino, e armati di coltelli, uno a lama lunga e uno a lama corta. Inizialmente le indagini si dirigono verso Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef, un tunisino di 26 anni con precedenti penali per spaccio di stupefacenti. Ma quel giorno Marzouk era ancora in Tunisia dai suoi genitori.

Azouz Marzouk
Azouz Marzou

Da quel momento le indagini sulla strage di Erba hanno seguito la pista dei vicini di casa che abitano al piano terra, Angela Rosa Bazzi, che tutti chiamano Rosa, e Olindo Romano: due coniugi senza figli che dal primo momento dichiarano di non aver nulla a che fare con quanto successo, assumendo una serie di comportamenti “anomali”, come l’esibizione spontanea di uno scontrino del McDonald’s di Como, come alibi della loro assenza da Erba nel momento della strage. Il 9 gennaio 2007 i coniugi Romano vengono arrestati.

Olindo viene indagato per omicidio plurimo aggravato, mentre Rosa per favoreggiamento. Solo con le informazioni sopraggiunte dai RIS è , però, arrivata la condanna per Rosa, quale soggetto mancino. L’11 gennaio 2007, dopo due giorni dall’interrogatorio, i due confessano il delitto ai magistrati inquirenti Massimo Astori, Antonio Nalesso e Mariano Fadda. “È vero, ci pensavamo da tanto tempo. Non ne potevamo più da anni di quelli lì, non si poteva andare avanti. Siamo stati noi. Quella sera volevamo solo dare una bella lezione a quella del piano di sopra. Eravamo stanchi della maleducazione sua e dei suoi parenti ed amici. Odiavamo anche suo padre, Carlo Castagna” ha affermato Rosa al tavolo degli inquirenti.

Strage di Erba: cosa non quadra

Gli elementi c’erano tutti: gli omicidi, la confessione spontanea una volta che i due coniugi erano con le spalle al muro. Eppure, ancora oggi sulla strage di Erba ci sono dei dubbi su quanto avvenuto quella notte. Le confessioni dei due coniugi non corrispondono sempre alle dinamiche del massacro: Olindo e Rosa hanno dato dei dettagli non troppo esaustivi sulle dinamiche della strage e a questo si aggiungono anche le dichiarazioni di Marco Frigerio, l’unico testimone sopravvissuto alla strage di Erba.

Un “soggetto maschio, con pelle olivastra, tanti capelli neri, occhi scuri e mascella grossa”, ecco la descrizione dell’uomo visto dal supertestimone. La deposizione è stata poi raccolta dagli inquirenti quando giaceva, gravemente ferito, nel suo letto d’ospedale. Una testimonianza che per nulla corrisponde alle caratteristiche fisiche di Olindo, ma che le autorità hanno preso per buone visto il grande stato di shock di Frigerio. Una condizione che può indurre a ricordare un aggressore più alto e più minaccioso di quanto in realtà era.

Frigerio strage di Erba
Mario Frigerio, il supertestimone sopravvissuto alla strage di Erba

Tutto è cambiato con un altro interrogatorio reso al Luogotenente Gallorini. “Lei conosce Olindo il suo vicino di casa? Chi abita nella palazzina lì vicino?” ha chiesto. La risposta di Frigerio:“Sì lo conosco di vista”. Poi Gallorini continua: “Cioè non ..l’ha…cioè…lo sa come è fatto? Cioè … lo saprebbe riconoscere insomma?”. Poi l’interrogatorio continua: “Diciamo per assurdo però lo dobbiamo fare. Se Lei avesse avuto di fronte l’Olindo…avrebbe saputo che era Olindo…” e Frigerio risponde: “Penso di sì”. Una vera e propria manipolazione del ricordo che, per una persona sotto shock, potrebbe aver avuto delle ripercussioni sulla veridicità della deposizione, falsificando il ricordo.

Un altro elemento che fa discutere è la traccia di sangue presente nell’auto di Olindo, attribuita a Valeria Cherubini, una delle vittime. La Procura ha sostenuto che quella traccia ematica sia stata trasportata nell’auto dei Romano da Olindo, dopo aver calpestato il sangue delle vittime. La traccia esiste, ed è certo, ma ciò che fa traballare il tavolo dell’accusa è che quella prova sia una traccia di non-sangue, vale a dire che non è da escludere la possibilità che uno della scientifica – precedentemente presente nella corte – abbia portato poi il sangue durante l’ispezione della vettura.

Una storia che dopo 18 anni si riapre con la decisione della Corte d’Appello di Brescia. Il nastro si riavvolge e non è da escludere la possibilità che i coniugi Romano siano degli innocenti rinchiusi ingiustamente in carcere dal 2007.

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