Stefano Dal Corso, l’autopsia si farà

Marisa Dal Corso: “Dopo un anno e due mesi e sette richieste rifiutate abbiamo ottenuto l’autopsia. Il tanto da farsi, il tanto stare male oggi ha una piega un pochino più sottile”

Lucrezia Caminiti
6 Min di lettura

Dopo sette richieste di autopsia rigettate finalmente oggi è arrivata la svolta nel caso di Stefano Dal Corso: l’autopsia si farà. L’appuntamento è fissato per il prossimo 4 gennaio presso la procura di Oristano.

Le incongruenze nel caso del detenuto morto il 12 ottobre 2022 in circostanze sospette nel carcere di Casa Massama erano troppe. La struttura penitenziaria ha sempre parlato di suicidio, ma la sorella di Stefano, Marisa Dal Corso, non ha mai creduto a questa versione dei fatti.

Finalmente potrebbero essere risolti i tanti interrogativi intorno alla morte del detenuto del Tufello. Perché Stefano si sarebbe dovuto togliere la vita se il fine pena era così vicino? Perché due giorni prima di morire scriveva lettere alla compagna romana dove affermava di voler riabbracciare la figlia e ricominciare una nuova vita? Perché tutte quelle testimonianze che non erano in linea con la versione del carcere di Oristano? Poi arriva un testimone che chiama Marisa Dal Corso per dirle che Stefano “è stato ucciso di botte” dal personale del carcere.

Inoltre a non quadrare nella vicenda era il quadro medico. La dott.ssa Cattaneo, dott. Buccelli e il dott.ssa Mansueto, osservando le uniche foto di Stefano, hanno dato un parere discordante da quello della procura di Oristano. Il fatto su cui tutti sono d’accordo è che non è stata individuata con certezza la causa scientifica del decesso di Stefano Dal Corso, verosimilmente riconducibile ad asfissia o rottura dell’osso del collo. Perché scrivere sui documenti medico legali una causa di morte non certa?

Marisa Dal Corso: “Il tanto stare male oggi ha una piega un pochino più sottile”

Marisa Dal Corso parla dell’autopsia

A dare la notizia è stata la stessa Marisa Dal Corso, all’Astra a via Capranica, Tufello, luogo in cui è nata e cresciuta con Stefano: “È passato un anno e due mesi e sono stati dolorosi. Ieri ci è arrivata la grande notizia dalla procura, hanno accettato di fare l’autopsia. Per noi ovviamente sapete che cosa significa, un traguardo. Anche se i traguardi di solito sono quelle cose che ci arrivi e sei contenta, ma non lo so se lo sono in realtà. Sì, da una parte lo sono perché è una cosa che ci porterà comunque a una verità, dall’altra parte ovviamente viene aperto il corpo di mio fratello e non sarebbe dovuto succedere”.

Certo – conclude – bisognava fare di più dall’inizio ma va bene così, io e il mio avvocato, che ha lavorato insieme a tutto il suo studio sul caso, non ci siamo mai fermate. Il tanto da farsi, il tanto stare male oggi ha una piega un pochino più sottile; quindi, aspettiamo questi giorni per poter seguire quello che ci sarà dopo e speriamo che sia una verità che porti serenità a tutti noi”. Inoltre, visto le spese giudiziarie che dovrà affrontare, la stessa Marisa Dal Corso ha rilanciato l’iniziativa di crowdfunding avviata qualche mese fa per l’autopsia di Stefano.

L’avvocata Armida Decina: “Ora possiamo capire con l’esame autoptico”

Armida Decina parla dell’autopsia

Con lei anche il suo avvocato, Armida Decina, che insieme a Marisa Dal Corso non ha mai smesso di perorare la causa: “Non ho mai creduto all’ipotesi suicidaria. Ho sempre detto che l’unico elemento chiarificatore di questa vicenda poteva essere l’esame autoptico che con fatica, finalmente abbiamo ottenuto. La cosa che più mi ha sorpreso è veder cambiato il provvisorio capo di imputazione, parlo di provvisorio perché abbiamo un’indagine contro ignoti, è giusto che questo venga detto, ma non abbiamo più ipotesi l’articolo 579 che era un omicidio colposo, ma abbiamo ipotesi dell’articolo 575 che è omicidio volontario”.

Inoltre, sottolinea l’avvocata di Marisa Dal Corso: “Se ci avessero approvato l’autopsia un anno fa probabilmente oggi avremmo già messo un punto di inizio o fine a questa vicenda. Ci tengo a chiarire qui che noi non abbiamo mai accusato nessuno, abbiamo semplicemente detto che quello che accadde il 12 ottobre ad Oristano non è cosa pacifica. Sono contenta conclude Decina – perché almeno una volta per tutte possiamo capire come sono andate le cose. Sopratutto è giusto che Marisa e Lavinia, la bimba di Stefano che ha 7 anni, sappiano la verità. Se l’autopsia ci dovesse dire che Stefano è morto perché ha deciso di voler smettere di vivere credetemi forse ne saremmo anche più contenti”.

Un grande passo è stato fatto, un passo che non doveva attendere tanto tempo ma che ad oggi si può dire compiuto. Sta di fatto che questa svolta nel caso Dal Corso ha comunque un retrogusto amaro e ci insegna che l’Italia ancora non ha imparato che i detenuti non sono solo dei numeri. Questo deve cambiare, queste persone devono avere un nome, un cognome e una storia, che vale sempre la pena di essere raccontata, ma soprattutto difesa e restituita ai propri cari.

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