Oltre 65mila ragazzi Hikikomori, ma genitori totalmente inconsapevoli. Cibo e gaming, dipendenze più diffuse. Tendenza a nuovi comportamenti a rischio: doxing, social challenge, sexting, morphing
Cibo, videogiochi online, social media. E poi il cosiddetto Hikikomori, cioè l’isolamento sociale estremo. Avanzano le nuove dipendenze tra i giovanissimi italiani: quasi 2 milioni di appartenenti alla Generazione Z ha comportamenti compatibili con una dipendenza comportamentale secondo uno studio congiunto del dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio e il Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità.
Problematiche da “intercettare, conoscere e condividere con autorità”
“Abbiamo una parte di under-18 che ha delle problematiche; dobbiamo intercettarle, conoscerle, condividerle con le autorità, il servizio sanitario e il contesto sociale”, ha detto il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, durante la presentazione dello studio all’Iss. “I primi anni sono importantissimi perché condizionano la qualità della vita a venire”.
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La ricerca è stata realizzata con Explora Addiction Research Division e ha coinvolto più di 8.700 studenti tra gli 11 e i 17 anni e 1.044 genitori.
Cibo e gaming, dipendenze più diffuse
È quella dal cibo la dipendenza più diffusa: coinvolge 1,15 milioni di studenti tra gli 11 e i 17 anni, soprattutto le ragazze, con quasi 1 su 10 che presenta un rischio grave.
Al secondo posto il gaming: riguarda il 12% degli studenti, circa 500mila. In questo caso, il fenomeno è soprattutto maschile: tra i ragazzi delle secondarie di primo grado ne soffre quasi 1 su 5 (il 18%). Sono circa 100mila (il 2,5%) quelli con comportamento compatibile con la dipendenza da social media; si tratta soprattutto di ragazze tra i 14 e i 17 anni.
Oltre 65mila Hikikomori
Ammontano, invece, a circa 65mila i ragazzi Hikikomori, con l’età critica che si situa a 13 anni.
“Hikikomori”, termine giapponese che significa “stare in disparte”, viene utilizzato per indicare chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, alle volte anni. Rinchiusi nella propria abitazione, evitano qualunque tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta anche con i familiari.
Gli Hikikomori sono soprattutto giovani tra i 14 e i 30 anni, maschi nel 70-90% dei casi, anche se il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato dai sondaggi effettuati finora. Le indagini ufficiali condotte finora dal governo giapponese hanno identificato oltre 1 milione di casi, con una grandissima incidenza anche nella fascia di popolazione over 40. Questo perché, nonostante i soggetti hikikomori si palesino principalmente durante l’adolescenza, la condizione tende a diventare cronica, rischiando di perdurare anche tutta la vita. In Italia, soprattutto a seguito della pandemia che ha estremizzato il problema, l’attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando. Nel nostro paese non ci sono ancora dati ufficiali, ma si stima ci siano circa 100.000 casi.
Crepaldi (psicologo): “Hikikomori colpisce ragazzi con elevato QI”
“Alla base di questa condizione – spiega lo psicologo Marco Crepaldi, fondatore dell’associazione Hikikomori Italia – c’è un disagio adattivo sociale. I giovani, che sperimentano una forte ansia sociale, faticano a relazionarsi con i coetanei e ad adattarsi alla società. Sono spesso ragazzi molto intelligenti, con un elevato QI, ma di carattere molto introverso e introspettivo, sensibili e inibiti socialmente, convinti di stare meglio da soli, lontani da tutti”.
Le dipendenze, evidenzia lo studio, hanno ripercussioni sul benessere, sull’adozione di ulteriori comportamenti a rischio e sulla vita sociale. I ragazzi che hanno una dipendenza hanno infatti un maggiore rischio di soffrire di depressione, ansia sociale, impulsività; di avere una peggiore qualità del sonno e un più basso rendimento scolastico; di consumare alcol, fumo, cannabis e altre sostanze, ansiolitici.
Nuovi comportamenti a rischio: dal “doxing” al “sexting”
Tendono, inoltre, ad adottare più frequentemente nuovi comportamenti a rischio come la condivisione di dati personali (doxing), la partecipazione a sfide social (social challenge), l’alterazione della propria immagine (morphing), la condivisione di contenuti personali a sfondo erotico (sexting). Nel caso del sexting in forma attiva, per esempio, lo ha fatto il 43,3% dei ragazzi con uso problematico di social tra 14 e 17 anni a fronte di un 20,9% nei coetanei senza dipendenza.
L’incomunicabilità con i genitori
Tra i problemi evidenziati dalla ricerca, le difficoltà di comunicazione tra ragazzi con dipendenze comportamentali e i genitori. Difficoltà comunicative con i genitori sono segnalate dal 75,9% degli 11-13enni con dipendenza da social media, dal 58,6% dei ragazzi con dipendenza da videogiochi, dal 68,5% di quelli che soffrono di una dipendenza grave da cibo e dal 77,7% dei ragazzi delle scuole superiori con una tendenza rischiosa al ritiro sociale.
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