Sempre meno bambini in Italia

In Italia nascono sempre meno bambini: è quanto emerge dall’analisi condotta dall’Istat sugli indicatori demografici relativi al 2023

Caterina Sabusco
3 Min di lettura

La continua bassa fecondità della popolazione residente è uno degli elementi che caratterizza l’evoluzione demografica italiana che registra, dalla metà degli anni Settanta, un valore medio di figli per donna inferiore a quello di 2,1, considerato di equilibrio teorico nel ricambio generazionale. La diminuzione è stata continua toccando nel 1985 il minimo storico di 1,19 figli per donna, raggiungendo l’1,27 nel 2019, periodo pre-pandemico, abbassandosi nel 2022 a 1,24 e riducendosi ulteriormente a 1,20 nel 2023.

Tutto il territorio nazionale è interessato dalla contrazione del numero medio dei figli per donna, anche se nel Mezzogiorno, rispetto al Nord ed al Centro, si registra un tasso di fecondità totale leggermente più alto rispetto alle altre ripartizioni territoriali.

Dal 2008, anno in cui la crescita demografica ha avuto un anno di picco, la curva presenta un andamento decrescente, non fermandosi, anzi registrando ogni anno un record negativo peggiore dell’anno precedente.

Negli ultimi 16 anni le nascite sono diminuite di circa 200.000 unità, che corrisponde al -34%, decremento ravvisabile anche nel calo del tasso di natalità, ovvero il numero dei nuovi dati rispetto alla popolazione residente in Italia.

Cause della denatalità

Alla base della denatalità ci sono in primis cause strutturali riconducibili al minore numero di donne in età fertile ed alla diminuzione del tasso di fecondità, problematiche complesse legate a fattori sociali e culturali, economici e lavorativi, all’infertilità in aumento, legata anche all’età della prima procreazione che è salita a 31,6 anni.

Conseguenze della denatalità

In Italia ci sono sempre meno giovani e negli ultimi 20 anni la riduzione della popolazione compresa tra i 14 ed i 34 anni è stata del 22,9%, che, tradotto in cifre, corrisponde a 3 milioni di giovani in meno.

Prospettive future

Al 1° gennaio 2024, per ogni 100 giovani ci sono 200 anziani: è quanto si evidenza nel Rapporto “Esserci più giovani più futuro. Dai numeri alla realtà” condotto in collaborazione con l’Istat. Nello stesso si mette a confronto il dato con il 1951 in cui il numero dei giovani era nettamente superiore rispetto a quello degli anziani, 100 su 51. In una proiezione futura la situazione raggiungerebbe, nel 2050, numeri altamente preoccupanti con 300 anziani ogni 100 giovani, con un ulteriore calo delle nascite e del tasso di fecondità.

La prospettiva futura vedrebbe un invecchiamento della popolazione e uno sbilanciamento in aumento tra giovani ed anziani con tutte le conseguenze che ne derivano: riduzione della forza lavoro, limitazioni nella crescita economica, aumento delle spese pensionistiche e dell’assistenza sanitaria.

Ma meno giovani significa anche meno sfide, meno innovazione.

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