Frodi fiscali e riciclaggio: 47 arresti tra Palermo e Milano, sequestrati 520 milioni

I provvedimenti restrittivi emessi dal gip di Milano riguardano accuse a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata all’evasione dell’Iva intracomunitaria nel commercio di prodotti informatici e al riciclaggio dei relativi profitti

Redazione
6 Min di lettura

È stata scoperta dai magistrati della Procura Europea degli uffici di Palermo e Milano un’associazione per delinquere finalizzata alle frodi fiscali e al riciclaggio, aggravata dal metodo mafioso. Lorganizzazione criminale smantellata avrebbe avuto infatti collegamenti con mafia e camorra. Le autorità hanno arrestato 47 persone, sequestrato beni, valori e denaro per 520 milioni di euro e avrebbero scoperto false fatturazioni per 1,3 miliardi di euro.

frodi fiscali
frodi fiscali

Frodi fiscali, gli arresti

Sono stati emessi dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, su richiesta degli Uffici di Milano e Palermo della Procura Europea (Eppo), 47 provvedimenti restrittivi nei confronti di altrettanti indagati accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata all’evasione dell’Iva intracomunitaria nel commercio di prodotti informatici e al riciclaggio dei relativi profitti. Dei provvedimenti restrittivi, 34 sono in carcere, 9 agli arresti domiciliari e 4 sono le misure interdittive. Tra coloro che sono stati incarcerati figurano anche 7 indagati per i quali è stato emesso il Mandato di Arresto Europeo, 4 dei quali localizzati in Repubblica Ceca, Olanda, Spagna e Bulgaria.

Le autorità hanno effettuato un sequestro preventivo di beni, valori e denaro del valore complessivo di oltre 520 milioni di euro, corrispondenti al valore della frode, pari all’Iva evasa. Hanno inoltre sequestrato per riciclaggio diversi immobili tra cui alcuni resort dal valore totale di oltre 10 milioni di euro a Cefalù (Pa). Sono stati sequestrati anche immobili di alcune società a Chiavari (Ge), Bellano (Lc), Noli (Sv), Cinisello Balsamo (Mi) e Milano e Cefalù (Pa).

 Ai leader dell’organizzazione è stata riconosciuta l’aggravante di aver agevolato mafia e camorra, investendone i profitti nel settore delle frodi all’Iva, e di aver utilizzato il metodo mafioso per risolvere conflitti interni all’associazione tra esponenti delle diverse organizzazioni criminali. 

Le indagini

L’indagine nasce dall’unione di due diversi filoni investigativi: uno della Polizia economico-finanziaria di Varese e Milano, con Eppo Milano in tema di frodi carosello, e l’altro della squadra Mobile di Palermo e Sisco, con il coordinamento investigativo ed operativo del Servizio centrale operativo, e dal Nucleo Pef di Palermo con la sede locale di Eppo. Le indagini sono state unite, permettendo di avanzare un’unica richiesta di applicazione di misure cautelari, accolta dal gip di Milano.

Le autorità stanno attualmente portando avanti 160 perquisizioni in 30 diverse province negli immobili riconducibili agli indagati. Sono in tutto 200 le persone fisiche indagate e oltre 400 le società coinvolte. Le perquisizioni e i sequestri sono in corso in diversi paesi sia dell’Ue che fuori l’Ue: Spagna, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Croazia, Bulgaria, Cipro, Olanda, Svizzera ed Emirati Arabi. L’indagine ha riguardato una strutturata frode carosello all’Iva intracomunitaria nel settore del commercio dei prodotti elettronici e informatici che ha coinvolto diversi paesi Ue e anche 20 società estere. E diversi esponenti di mafia e camorra hanno deciso di collaborare con questa organizzazione criminale, portando denaro sporco per riciclarlo.

Le frodi carosello

Le operazioni dell’organizzazione criminale rientravano nella definizione di frode carosello, ovvero delle frodi che vengono realizzate sfruttando il regime di non imponibilità ai fini Iva previsto per le operazioni commerciali intracomunitarie, inserendo nelle operazioni tra imprese di Paesi diversi un soggetto economico fantasma, non esistente, che acquista i prodotti dal fornitore comunitario senza l’applicazione dell’Iva per poi rivenderla a un’impresa nazionale con l’applicazione dell’Iva ordinaria italiana.

L’operazione diventa illegale nel momento in cui la società fantasma, invece di vendere la merce maggiorata del proprio utile e versare l’Iva incassata dalla sua cessione, la vende sottocosto senza versare all’Erario l’imposta indicata nella relativa fattura. Questa società non esistente, che non ha strutture operative e dipendenti e non rispetta gli obblighi fiscali tranne quello di compilare fatture false, viene fatta cessare dopo un breve periodo e viene sostituita da un’altra impresa fantasma. Questo permette di vendere nel mercato nazionale prodotti a prezzi molto concorrenziali, oppure rivenderli all’estero spesso alle stesse aziende comunitarie che hanno originato la catena commerciale vendendo originariamente alla società fantasma, per far sì che il carosello ricominci.

L’Ue subisce un danno in questo modo a causa dell’Iva indicata nelle fatture emesse dalle società inesistenti, che hanno acquistato la merce senza applicare l’imposta e che la rivendono sul mercato nazionale applicandola invece al compratore. Questa non viene poi versata all’erario, ma viene spartita tra i complici della frode. Le fatture false scoperte hanno un valore pari a 1,3 miliardi di euro, nel solo quadriennio 2020-2023.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo