Santa Rosa, simbolo di umanità: perché non provarci?

L'uomo può essere capace di imprese incredibili: che il Mondo ascolti il suono del 3 settembre per capire che la corda può davvero spezzarsi. Richiamo all'umanità...

Emanuele De Scisciolo
6 Min di lettura

Ogni anno, la città di Viterbo si raccoglie attorno a un evento che non è solo una tradizione religiosa, ma un vero e proprio simbolo di forza, dedizione e unità. Il trasporto della Macchina di Santa Rosa, un’imponente struttura di luci e fede, rappresenta molto più di un semplice rito. È un richiamo potente a tutte le generazioni, un esempio concreto di ciò che l’uomo può realizzare quando si unisce con forza di volontà e determinazione.

I Facchini di Santa Rosa, gli uomini che si caricano sulle spalle la maestosa Macchina, incarnano la forza che ogni essere umano dovrebbe trovare dentro di sé. Non si tratta solo di forza fisica, ma di una forza interiore, quella che spinge a superare ostacoli che sembrano insormontabili, quella che ci fa andare avanti nonostante le difficoltà, quella che ci ricorda che, insieme, possiamo realizzare l’impossibile.

In un mondo che spesso sembra sopraffatto dall’egoismo e dagli interessi personali, la Macchina di Santa Rosa ci insegna una lezione fondamentale: il vero progresso nasce dalla volontà di fare il bene comune. Ogni passo che i Facchini compiono lungo il percorso è un passo verso un obiettivo condiviso, un esempio di come, uniti, si possa davvero fare la differenza.

Pensiamo al nostro pianeta, alla condizione di un mondo che oggi ha bisogno più che mai della nostra forza e della nostra volontà di cambiamento. Le guerre che continuano a lacerare popoli e nazioni, l’ambiente che grida aiuto, la disuguaglianza che cresce a dismisura: tutto questo può sembrare troppo grande per essere affrontato. Eppure, come la Macchina di Santa Rosa, anche i problemi del nostro tempo possono essere sollevati, passo dopo passo, se solo ci uniamo con la forza del bene.

Ogni giovane, ogni bambino che assiste a questo straordinario evento dovrebbe guardare con ammirazione e rispetto ai Facchini. Essi non rappresentano solo il passato e la tradizione, ma anche il futuro e la speranza. È a loro che le nuove generazioni dovrebbero ispirarsi per comprendere che il cambiamento è possibile, che anche le sfide più grandi possono essere affrontate e superate.

La Macchina di Santa Rosa è il simbolo di un mondo che può essere migliorato, un mondo che ha bisogno del nostro aiuto, della nostra dedizione e della nostra volontà di lottare per un bene superiore. Non è solo un peso fisico quello che i Facchini portano sulle loro spalle, ma il peso di una tradizione che ci invita a non arrenderci mai, a credere nella possibilità di un futuro migliore, e a lavorare insieme per realizzarlo.

La fame nel mondo, la guerra in Ucraina, la lotta della Terra, la stessa che sembra impossibile conquistare; i potenti, i ludici, i politici e le minoranze che ascoltano il rumore delle bombe che lacerano i popoli, gli stessi che ogni 3 settembre da che il Mondo ha compiuto l’ultimo compleanno di una santa piccola – forse la più piccola – avrebbero dovuto imparare il valore della vita. E che l’uomo può raggiungere i propri obiettivi ed i propri compiti quando la Terra ne reclama valore e orgoglio. Il 3 settembre non è la festa di una piccola città della terra, è la totale rappresentazione della forza di volontà che l’uomo è pronto a mettere sul banco per cercare di migliorare il pianeta, la vita, la condizione umana.

Non è certo teatro di politici e uomini che compiono i fatti della stessa umanità capace di distruggere il bene operoso della “minoranza che conta”. L’uomo crea e distrugge, l’eterno incarnato di una storia che riecheggia e domina la scena in ogni epoca ed in ogni trama. Eppure, il solito demenziale 3 settembre, continua da oltre 500 anni a voler raccontare la banalità di 100 uomini pronti a lottare per dimostrare che qualsiasi obiettivo può davvero essere raggiunto.

Cresciuti con la fame nel mondo e con le orribili coincidenze delle guerre possiamo solo dire a tutti popoli e a tutti i potenti che una volta l’anno l’uomo è capace di imprese superiori e che se davvero volessimo sfidare le sentenze dell’umanità, in fondo, saremmo davvero capaci di vincere qualsiasi battaglia. Caro Putin, caro Zeleski; caro Israele, finitela una volta per tutte. L’uomo può rivoltarsi e se decide di farlo può portare palazzi in giro per una città per decidere di vincere. Avete perso, non lo avete capito?!

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