Sala e la diplomazia degli ostaggi: il possibile intreccio con Abedini e la carta del “no” all’estradizione

Dopo l’arresto dell’iraniano Abedini a Malpensa, la cronista potrebbe essere usata dagli ayatollah come pedina di "scambio". Gli Usa chiedono però l’estradizione e un “no” sarebbe quindi d'aiuto all'Italia per la mediazione; Aise e negoziatori al lavoro

Redazione
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Per scarcerare la giornalista Cecilia Sala si valutano tutte le possibili strade, ma Teheran sembra ad ora decidere da sé quale percorrere. Si tratterebbe di quella che conduce ovviamente al rilascio di Mohammad Abedini, l’imprenditore iraniano “tecnico dei droni” che la sezione antiterrorismo della Digos ha fermato all’aeroporto di Malpensa lo scorso 16 dicembre.

Sul cittadino iraniano arrestato, ad oggi, penderebbe una richiesta di estradizione degli Usa. Un evento che, secondo alcune interpretazioni, potrebbe essere collegato all’arresto da parte delle autorità iraniane della giornalista Sala, fermata il 19 dicembre e detenuta a Teheran. Nelle scorse ore, infatti, la procura di Milano ha aperto un’indagine conoscitiva sulle modalità con cui sarebbe avvenuto l’arresto di Abedini. Nello specifico, come riportato dall’Ansa, si tratterebbe di un fascicolo a modello 45, quindi senza indagati e senza titolo di reato, ma volto ad accertare le circostanze secondo cui è avvenuto l’arresto.

Il 38enne, con doppia nazionalità iraniana-svizzera, è stato arrestato a Malpensa lunedì 16 dicembre non appena atterrato da Istanbul. La Corte federale di Boston lo aveva segnalato per “associazione a delinquere” e per “la fornitura di supporto materiale a un’organizzazione terroristica straniera“. Per questo motivo il 13 dicembre gli Stati Uniti hanno così notificato all’Italia un mandato d’arresto ai fini di estradizione, eseguito dunque tre giorni dopo.

Secondo l’Ansa, l’indagine dei magistrati milanesi “potrebbe riguardare anche i tempi stretti tra l’emissione del mandato di arresto ai fini di estradizione e il fermo dell’uomo“. Si tratta di variabili che potrebbero perciò aprire a diversi scenari nel contesto delle trattative serrate per riportare in Italia la cronista, anche se al momento, stando a fonti dell’Esecutivo, non sembra ancora esserci la strada finale da intraprendere.

L’iter per l’estradizione, invece, prosegue ugualmente, in quanto gli atti con le accuse sono stati condivisi alle autorità italiane anche se un eventuale vizio nelle modalità d’arresto, sui cui infatti sta indagando la Procura di Milano, potrebbe portare alla nullità dell’atto rendendo libero da misure cautelari il cittadino iraniano. Quindi, se il fermo venisse dichiarato illegittimo si complicherebbe la strada dell’estradizione rendendo, di contro, più agevole quella diplomatica che condurrebbe ad una sorta di scambio con Cecilia Sala. Scambio che al momento, non è tecnicamente possibile, almeno fino a quando non si scioglie il nodo dell’estradizione. L’arresto della cronista sembra infatti rappresentare una “ritorsione” dopo il fermo del 38enne.

Sala-Abedini, Tajani: “Evitare dietrologie

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, la questione resta “complicata” e ritiene che sia “inutile che si facciano dietrologie” ipotizzando che dietro l’arresto di Sala possa esserci un cado di diplomazia degli ostaggi, messa in atto da Teheran. Motivo per cui, il ministro insiste chiedendo discrezione e riservatezza affinché si possa trattare in modo diplomatico. Per quanto riguarda i tempi che l’operazione richiederebbe, Tajani si augura ovviamente che siano brevi purtroppo però “non dipende da noi“.

Il nodo dell’estradizione e la legittimità del fermo risultano essere quindi i punti decisivi su cui si articolerà anche il destino giudiziario di Abedini. Uno snodo giudiziario che sembra essere legato a doppio filo con la trattativa diplomatica che si sta svolgendo per ripotare in Patria Sala. Si propaga così il timore che il fermo della giornalista italiana sia legato alla circostanza parallela che coinvolge anche gli Usa. La via da percorrere è dunque tortuosa e delicata. Gli iraniani hanno chiesto in sostanza la liberazione di Abedini esprimendo il loro malcontento per l’arresto compiuto dalla Digos, che in verità ha semplicemente eseguito l’alert internazionale lanciato dagli States.

Da Washington, invece, è arrivata ufficialmente la richiesta di spedire Abedini in Usa. Ma a decidere sul da farsi sarà prima la Corte d’appello di Milano, poi la parola passerà al ministro della Giustizia Carlo Nordio, in stretta collaborazione con Palazzo Chigi. In assoluto, la principale carta da giocare per l’Italia riguarderebbe i buoni rapporti tra i vertici dell’Aise e quelli dei servizi di intelligence iraniani. Difatti, già nel 2022 si riuscì a liberare Alessia Piperno, imprigionata per 45 giorni nello stesso carcere di Sala. Ad ogni modo, il team di negoziatori è al lavoro, consapevole che il coltello dalla parte del manico è a Teheran mentre i regimi sono più in vena di prove di forza che di concessioni.

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