Ritrovati reperti archeologici sottratti dai nazisti nel 1943

Un numero impressionante di reperti archeologici, trafugati in Italia dai nazisti, sono stati ritrovati dopo più di 80 a seguito di ricerche dei Carabinieri su siti di e-commerce specializzati nella compravendita di opere d'arte

Redazione
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Dopo decenni trascorsi nell’ombra, a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, una parte preziosa della storia italiana è stata finalmente riportata alla luce grazie all’operato dei carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Monza. L’indagine, condotta meticolosamente attraverso un’analisi dei siti di commercio online e delle piattaforme dedicate alla vendita d’arte, ha portato alla scoperta di numerosi reperti archeologici.

Di quali reperti si tratta?

Tali reperti, che un tempo adornavano le sale del Museo della Civiltà Aurunca, fondato nel 1926 dal ministro dell’educazione Pietro Fedele, sono emersi dall’oscurità della storia grazie agli sforzi congiunti dei carabinieri e dei funzionari della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, affiancati dal personale dell’Istituto Centrale del Restauro.

La Torre di Pandolfo di Capodiferro, un’imponente struttura longobarda, nel 1943 fu vittima dei bombardamenti e dei successivi saccheggi delle truppe di occupazione tedesche. Il ruolo della struttura non si limitava però solo alla difesa dei confini, ma comprendeva anche l’incarico di custodire e proteggere la preziosa collezione di reperti archeologici raccolti da Fedele nel corso degli anni.

Questo museo, un tempo fiorente centro di cultura e conoscenza, ospitava una vasta gamma di reperti, da collezioni di antiche monete ai raffinati artefatti in oro e avorio. Oltre alle testimonianze materiali della civiltà aurunca, il museo vantava opere d’arte di valore inestimabile, tra cui il ritratto di Giulia Gonzaga di Jacopo del Conte e stampe antiche raffiguranti paesaggi mozzafiato della regione circostante.

Dal saccheggio al ritrovamento dei reperti

Tuttavia, durante l’occupazione tedesca, il museo fu sottoposto a un saccheggio senza precedenti. Le truppe di occupazione, guidate dall’organizzazione Kunstschutz, istituita per proteggere il patrimonio culturale tedesco, razziarono le preziose collezioni, portando via con sé parte dei reperti per poi farli sparire nel nulla.

Infatti, dopo la guerra, parte dei reperti fu restituita agli eredi di Pietro Fedele, ma molti rimasero dispersi. Solo grazie agli sforzi del ministro Rodolfo Siviero e del Comitato per le Restituzioni, che censirono e tracciarono i beni dispersi nel volume “L’opera da ritrovare. Repertorio del patrimonio italiano disperso all’epoca della seconda guerra mondiale“, è stato possibile avere un quadro più chiaro della portata del saccheggio e del destino dei reperti mancanti.

L’operazione dei carabinieri del Nucleo TPC di Monza ha segnato un importante passo avanti nel recupero di questa preziosa eredità culturale. Oltre 200 reperti archeologici sono stati riportati alla luce dopo lunghe ricerche su varie piattaforme web specializzate nella compravendita di opere d’arte.

Purtroppo, molti altri rimangono ancora dispersi. Questi reperti, più che semplici oggetti, rappresentano un legame tangibile con il nostro passato e la nostra identità culturale. Un tesoro inestimabile che ci consente di preservare la memoria delle civiltà che ci hanno preceduto e per trasmettere alle generazioni future il patrimonio di conoscenze e tradizioni che ci appartiene.

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