Rigopiano, la giustizia non è sfatta: confermate condanne per Prefetto e Regione. Da rivalutare la posizione dei tecnici della provincia

Dopo tre ore di Camera di consiglio, la Corte di Cassazione ha confermato le otto condanne dell’Appello, fra cui quella del prefetto di Pescara, Francesco Provolo. Per sei dirigenti della Regione Abruzzo, andati assolti, è stato disposto un appello-bis presso la Corte di Perugia. È stata invece chiesta la “rivalutazione” per altri imputati, fra cui il geometra della provincia, Luca Di Blasio, difeso dagli avvocati Manlio Morcella e Placido Pelliccia, condannato in primo e secondo grado. Soddisfazione piena dell’avv. Morcella: accolta la nostra posizione difensiva basata sulla teoria condizionalistica

Redazione
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Una sentenza corretta, ha riequilibrato delle sentenze di merito molto discutibili”. È il commento a caldo dell’avv. Manlio Morcella alla sentenza con cui la Corte di Cassazione ha confermato otto condanne, fra cui il prefetto di Pescara, per la tragedia del 17 gennaio 2017, quando una valanga travolse un hotel trasformandolo nella tomba per 29 persone, fra ospiti e personale di servizio. La Corte ha disposto un nuovo  processo di appello per dieci imputati, mentre è definitiva la condanna a 1 anno e 8 mesi per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, per i reati di omissione di atti d’ufficio e falso ideologico in atto pubblico. Con lui è stata condannato anche l’allora titolare del resort.

A sette anni dalla tragedia, i giudici della sesta sezione della Cassazione hanno messo un punto alla vicenda. La Suprema Corte ha parzialmente accolto le richieste della Procura Generale: il nuovo processo di appello, che si svolgerà davanti ai giudici di Perugia per competenza, riguarderà anche i sei dirigenti del Servizio di Protezione civile della Regione Abruzzo che erano stati assolti nei primi due gradi di giudizio, come era stato sollecitato dal sostituto procuratore generale. Ai giudici umbri viene chiesto di valutare per loro le pesanti accuse di disastro colposo e lesioni plurime colpose.

Un Appello-bis è stato chiesto anche per l’ex sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta. Con lui dovranno affrontare il vaglio dell’appello bis anche il tecnico del Comune all’epoca dei fatti, nonché ai due funzionari della Provincia di Pescara. Per i quattro, già condannati nel primo processo di appello, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata e ha disposto un nuovo giudizio per rivalutare le loro posizioni per le accuse di omicidio e lesioni colpose plurime.

È la ragione per cui l’avv. Morcella (video) si è detto “molto soddisfatto” quale difensore del geometra della provincia, Luca Di Blasio, condannato sia in primo che in secondo grado. “La soddisfazione è molto rilevante, perché credo che sia stata accolta la nostra impostazione molto tecnica. Essa si è basata sulla teoria del rischio. Quanto alla sentenza nel suo insieme, credo che sia molto corretta perché ha riequilibrato delle sentenze di merito molto discutibili”.

Sulle posizioni degli imputati per i quali è stata chiesta una rivalutazione dell’Appello-bis incombe però il rischio prescrizione. Al termine di una camera di consiglio durate diverse ore, i giudici hanno inoltre confermato le assoluzioni disposte in primo e secondo grado per il delitto di depistaggio contestate all’allora Prefetto e ai suoi funzionari. Passaggio, questo, sottolineato dal legale di Provolo, Giandomenico Caiazza, soddisfatto per la caduta delle pesanti accuse di depistaggio e omicidio colposo plurimo.

Diventano, invece, definitive le condanne del Capo di Gabinetto della Prefettura per falso ideologico, del gestore dell’albergo travolto dalla valanga, Bruno Di Tommaso (6 mesi), e del geometra che aveva redatto la relazione allegata al permesso per la ristrutturazione della struttura per i reati di falsità ideologica. Sui risarcimenti in favore delle parti civili sarà presa una decisione all’esito del giudizio di rinvio. Ci sarà da attendere alcuni mesi per conoscere le motivazioni della sentenza, che spiegherà nel dettaglio quanto stabilito oggi.

Nel corso della requisitoria il pg aveva affermato che in quel tragico giorno “il pericolo valanghe era forte, un livello 4, e venne comunicato alla prefettura. Non c’era un vero allarme rosso ma sussisteva un pericolo forte che rendeva necessario istituire il Centro di coordinamento dei soccorsi e la sala operativa, che avrebbe reso possibile approntare misure, come la chiusura di strade e l’invio dell’esercito come poi è stato fatto“.

Parole che richiamano quanto cristallizzato nelle motivazioni della sentenza di appello, emessa dai giudici dell’Aquila per i quali quella situazione meteorologica così estrema “concretizzava il rischio di un pericolo e poco conta il fatto che, storicamente, fino ad allora, in quell’area, non si erano verificati episodi di particolare gravità“. Per i giudici questa situazione “non rappresentava un’esimente dalla necessità di intervenire”. Erano tre le iniziative da prendere per evitare il peggio: chiudere la strada, sgomberarla dalla neve ed evacuare l’hotel. E nessuna di queste è stata presa.

 Alla lettura della sentenza erano presenti alcuni parenti delle vittime. L’attesa stressante delle ore ha provocato in alcuni di loro un pianto di amarezza e di liberazione. “Abbiamo visto riconosciuto in parte il dolore di genitori”, è stato uno dei primi commenti (video). Un sollievo carico però di grande amarezza e di una rabbia che non accenna a sopire, a quasi otto anni dalla tragedia. Per Antonella Pastorelli, madre di Alessandro Riccetti, il receptionist di Terni, si tratta di una decisione “che ci restituisce un po’ di fiducia“, ma “non i nostri cari“. “La speranza è che questa tragedia abbia insegnato qualcosa alle istituzioni e a tutti”.

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