Processo Vaticano: a Becciu 5 anni e 6 mesi con tre capi imputazione

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Cinque anni e 6 mesi di reclusione, interdizione perpetua dei pubblici uffici e 8 mila di multa. E’ la condanna comminata al cardinale Angelo Becciu dal Tribunale Vaticano, al termine del processo sulo’la gestione dei fondi della Segreteria di Stato che ruota intorno alla compravendita del Palazzo di Londra. Becciu e’ stato ritenuto colpevole di tre capi di imputazione per peculato.

Quanto a Tommaso Di Ruzza e Rene’ Bruelhart, rispettivamente Direttore Generale e Presidente
dell’Aif (Autorita’ di Informazione Finanziaria), intervenuti nella fase finale del riacquisto del Palazzo di Sloane Avenue, essi sono stati assolti dei reati di a buso di ufficio loro contestati e ritenuti colpevoli solo dei delitti di cui agli articoli 178 e 180 c.p. per omessa denuncia e per la mancata segnalazione al Promotore di giustizia di un’operazione sospetta.

Infine, con riferimento ad altri due temi di indagine oggetto del giudizio, il cardinale Becciu e Cecilia Marogna sono stati ritenuti colpevoli, in concorso, del reato di cui all’art. 416 ter c.p. in relazione al versamento, da parte della Segreteria di Stato, di somme per un totale di oltre 570.000 euro a favore della Marogna, tramite una società a lei riferibile, con la motivazione, non corrispondente al vero, che il denaro doveva essere utilizzato per favorire la liberazione di una suora, vittima di un sequestro di persona in Africa.

Statua della Giustizia
Statua della Giustizia

Becciu e’ stato altresi’ ritenuto colpevole di peculato (art. 168 c.p.) per aver disposto, in due riprese, su un conto intestato alla Caritas Diocesi di Ozieri, il versamento della somma complessiva di 125 mila euro destinata in realta’ alla cooperativa Spes, di cui era presidente il fratello Antonino Becciu.

Pur essendo di per sé lecito lo scopo finale delle somme, il Collegio ha ritenuto che l’erogazione di fondi della Segreteria di Stato abbia costituito, nel caso di specie, un uso illecito degli stessi, integrante il delitto di peculato, in relazione alla violazione dell’art. 176 c.p., che sanziona l’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona, in coerenza – del resto – con quanto previsto dal canone 1298 C.I.C. che vieta l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado.

Gli imputati Raffaele Mincione, Gianluigi Torzi, Fabrizio Tirabassi, Giovanni Becciu, Nicola Squillace, Enrico Crasso, Tommaso Di Ruzza e Rene’ Bruelhart sono invece stati assolti, con le formule specificate nel dispositivo, da tutti gli altri reati loro ascritti. Parimenti, monsignor Mauro Carlino e’ stato assolto da tutti i reati a lui contestati.

Legale Becciu: “Pronti ad appello”

“Rispettiamo la sentenza ma certamente faremo appello”. Cosi’ l’avvocato del cardinale Becciu, Fabio Viglione, al termine della lettura della sentenza. Viglione ha ribadito l’innocenza del cardinale Becciu. “C’e’ profonda amarezza, dopo 86 udienze, nel prendere atto che l’innocenza del Cardinale Becciu non e’ stata proclamata dalla sentenza, nonostante tutte le accuse si siano rivelate completamente infondate.

Le prove emerse nel processo, la genesi delle accuse al Cardinale, frutto di una dimostrata macchinazione ai suoi danni, e la Sua innocenza, ci consentono di guardare all’appello con immutata fiducia”, affermano i due difensori Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione.

“Nonostante la pronuncia ci amareggi profondamente, abbiamo una solida certezza: il cardinale Becciu, fedele servitore del Papa e della Chiesa, ha sempre agito nell’interesse della Segreteria di Stato e non ha avuto per se’ e per i suoi familiari alcun vantaggio”, proseguono gli avvocati. “Rispettiamo la sentenza, leggeremo le motivazioni, ma rimaniamo certi che verra’ prima o poi riconosciuta l’assurdita’ delle accuse contro il Cardinale e dunque la verita’: Sua Eminenza Becciu e’ innocente”.

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Processo Vaticano: ecco tutte le condanne

Di seguito le condanne definite dal Tribunale del Vaticano per gli imputati al processo conclusosi
oggi sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, che ruota intorno lla compravendita del palazzo di lusso a Londra. Rene’ Bruehlart e Tommaso Di Ruzza: multa di 1.750 euro; Enrico
Crasso: 7 anni di reclusione e 10 mila euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Raffaele Mincione: 5 anni e 6 mesi di reclusione, 8.000 euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Angelo Becciu: 5 anni e 6 mesi di reclusione, 8 mila euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Fabrizio Tirabassi: 7 anni e 6 mesi e 10 mila euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici; Nicola Squillace: previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena sospesa, 1 anno e 10 mesi di reclusione; Gianluigi Torzi: 6 anni di reclusione e 6 mila euro di multa, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla sottoposizione alla vigilanza speciale per un anno; Cecilia Marogna: 3 anni e 9 mesi di reclusione con interdizione temporanea dai pubblici uffici per uguale periodo.

Logsic Humanitarne Dejavnosti D.O.O. alla sanzione pecuniaria di 40 mila euro e e al divieto di contrattare con le autorita’ pubbliche per anni due. Inoltre il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166 milioni di euro complessivi. Gli imputati sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati complessivamente in oltre 200 milioni di euro.

“Quanto all’utilizzo successivo della detta somma, servita fra l’altro per l’acquisto della societa’
proprietaria del palazzo di Sloane Avenue e per numerosi investimenti mobiliari, il Tribunale ha ritenuto Raffaele Mincione colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421 bis c. p.)”
.

Ha invece escluso la responsabilita’ di monsignor Becciu, Enrico Crasso e Fabrizio Tirabassi “in ordine agli altri reati di peculato loro contestati perche’ il fatto non sussiste, non avendo piu’ la Segreteria di Stato la disponibilita’ del denaro una volta che esso era stato versato per sottoscrivere le quote del fondo”. E’ stata dichiarata poi la colpevolezza di Enrico Crasso per il reato di autoriciclaggio (art. 421 bis c.p.) in relazione all’utilizzo di una ingente somma di oltre 1 milione di euro, costituente il profitto del reato di corruzione tra privati commesso in concorso con Mincione.

In relazione invece al riacquisto da parte della Segreteria di Stato, nel 2018-2019, attraverso una complessa operazione finanziaria, delle società cui faceva capo la proprietà del palazzo di Londra, il Tribunale ha ritenuto la colpevolezza di Gianluigi Torzi e Nicola Squillace per il reato di truffa aggravata (art. 413 c.p.) e di Gianluigi Torzi anche per il reato di estorsione in concorso con Fabrizio Tirabassi (art. 409 c.p.), nonché per il reato di auto riciclaggio di quanto
illecitamente ottenuto. Torzi, Tirabassi, Crasso e Mincione sono stati invece assolti perche’ il fatto non sussiste dal reato di peculato loro ascritto in relazione all’ipotizzata sopravvalutazione del prezzo di vendita.

Tirabassi e’ stato, inoltre, ritenuto colpevole del reato di autoriciclaggio (articolo 421 bis c.p.) in relazione alla detenzione della somma di oltre 1.500.000 Usd a lui corrisposta fra il 2004 e il 2009 dall’Ubs; il Tribunale ha infatti ritenuto che la ricezione di tale somma da parte dell’imputato integrasse il reato di corruzione in ordine al quale però, dato il tempo trascorso, l’azione penale e’ ormai prescritta.

Con la sentenza emessa oggi, dopo 86 udienze, il Tribunale ha definito il giudizio di primo grado del processo a carico di dieci imputati e quattro società, che “come e’ noto aveva a oggetto plurime vicende (distinte, pur se con profili di connessione oggettiva e soggettiva), la principale delle quali e’ nota con riferimento al palazzo sito in Londra, 60 Sloane Avenue”. In ordine a questa, il Tribunale ha ritenuto “sussistente” il reato di peculato (art. 168 c.p.) in ordine all’uso illecito, perché in violazione delle disposizioni sull’amministrazione dei beni ecclesiastici (e in particolare del canone 1284 C.I.C.), della somma di 200.500.000 dollari Usa, pari a circa un terzo delle disponibilità all’epoca della Segreteria di Stato.

Detta somma e’ stata versata tra il 2013 e il 2014, su disposizione dell’allora Sostituto monsignor Angelo Becciu, per la sottoscrizione di quote di Athena Capital Commodities, un hedge fund, riferibile al finanziere Raffaele Mincione, “con caratteristiche altamente speculative e che comportavano per l’investitore un forte rischio sul capitale senza possibilità alcuna di controllo della gestione”. Il Tribunale ha quindi ritenuto “colpevoli del reato di peculato monsignor Becciu e Raffaele Mincione, che era stato in relazione diretta con la Segreteria di Stato per ottenere il versamento del denaro anche senza che si fossero verificate le condizioni previste, nonché, in concorso con loro, Fabrizio Tirabassi, dipendente dell’Ufficio Amministrazione, ed Enrico Crasso”.

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