Una giornata dal forte simbolismo quella di oggi, dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne. Proprio in questa data, davanti alla Corte d’Assise di Venezia, il pubblico ministero Andrea Petroni ha pronunciato parole che pesano come macigni: la richiesta dell’ergastolo per Filippo Turetta, imputato per l’omicidio volontario pluriaggravato della sua ex fidanzata, Giulia Cecchettin.
Un processo che ha scosso l’opinione pubblica, non solo per la brutalità del delitto – 75 coltellate inflitte con ferocia – ma anche per il suo significato profondo, emblema di un sistema patriarcale che ancora oggi schiaccia le donne. Turetta, ventiduenne ex studente di Ingegneria, non ha mai accettato la fine della relazione con Giulia. L’accusa lo dipinge come un persecutore ossessivo, che ha pianificato ogni dettaglio del crimine: dalle liste con gli oggetti per immobilizzarla, alla fuga studiata nei minimi particolari, fino all’occultamento del corpo vicino al lago di Barcis.
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Una violenza premeditata
Secondo il PM, l’omicidio non è stato un raptus, ma l’atto finale di un controllo soffocante che Turetta esercitava sulla giovane. Le chat lette in aula rivelano un crescendo di minacce e manipolazioni psicologiche: “Ti farò pentire del male che mi fai” e “Se la mia vita finisce, la tua non vale niente” sono solo alcuni dei messaggi intimidatori inviati alla vittima.
Giulia aveva tentato di sottrarsi a questa spirale di violenza, ma la sua decisione di lasciarlo è stata la scintilla che ha acceso la furia omicida di Turetta. In tribunale, il padre della vittima, Gino Cecchettin, ha ricordato l’importanza di educare al rispetto attraverso un video della campagna “Se io non voglio, tu non puoi”. La sua assenza oggi in aula è dovuta proprio agli impegni con la fondazione dedicata alla memoria della figlia.
Prove schiaccianti
Le prove contro Turetta, secondo il PM Petroni, sono schiaccianti. Ogni dettaglio dell’orrore è emerso con chiarezza: l’aggressione iniziata nel parcheggio di Vigonovo, l’uso dello scotch per immobilizzare Giulia, la fuga disperata e, infine, il brutale epilogo nell’area industriale di Fossò. Il corpo è stato trovato giorni dopo, abbandonato tra i sacchi neri. “Se quella settimana avesse nevicato, staremmo ancora cercando Giulia” ha sottolineato il magistrato.
Un grido contro la violenza di genere
Il femminicidio di Giulia Cecchettin non è solo la tragica storia di un amore malato, ma un monito che interpella l’intera società. In questa Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, la richiesta di ergastolo per Filippo Turetta diventa simbolo di giustizia e di una battaglia ancora da vincere contro un sistema che permette simili tragedie.
Mentre l’aula di Venezia trattiene il fiato, fuori dalle mura del tribunale l’Italia intera si unisce in un grido unanime: “Mai più”.
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