La targa di pietra dedicata a Giuseppe Pinelli, situata in piazzale Segesta a Milano, è stata danneggiata per la quarta volta. A riportare la triste notizia è stato il presidente Anpi Milano, Primo Minelli, che descrive l’atto come “un segno di odio verso chi la pensa diversamente“. “Il fascismo che ha ucciso i ragazzi di via Botticelli non torna ma un fascismo diverso non è escluso“, continua con fermezza.
Perchè è importante la targa a Giuseppe Pinelli
Giuseppe Pinelli fu un ferroviere, anarchico, partigiano e una vittima delle conseguenze collegate alla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969. La targa fu inaugurata in occasione del 50esimo anniversario della strage, insieme a una quercia rossa nel quartiere San Siro, dove Pinelli abitava con la famiglia.
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Il nefasto evento avvenne a causa di una bomba esplosa nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano e i morti furono 17 e i feriti 88. Secondo gli storici, fu l’inizio della dinamica che più ha segnato il nostro Paese: la strategia della tensione.
A questa strage ne seguirono altre. Il 28 maggio 1974 una bomba esplose in piazza Della Loggia a Brescia nel corso di una manifestazione antifascista, causando 8 morti e 94 feriti. Il 4 agosto dello stesso anno è la volta del treno Italicus, all’altezza di San Benedetto Val di Sambro dove vi furono 12 morti e 105 feriti. E poi il 2 agosto 1980, la stazione di Bologna che con i suoi 85 morti e oltre 200 feriti ha segnato il punto più alto di crudeltà conosciuta dall’Italia repubblicana.
Inizialmente, nel corso delle indagini sulla strage, fu arrestato proprio Giuseppe Pinelli. Venne trattenuto negli uffici della questura di Milano per tre giorni senza che gli fosse mossa nessuna accusa specifica e senza che il magistrato ne avesse convalidato il fermo. Precipitò, lasciando sole la moglie e le due figlie piccole, il 15 dicembre dal quarto piano della stanza del commissario. La dinamica effettiva della morte non fu mai chiarita.
Secondo la sentenza, la strage di Piazza Fontana fu messa in atto dalla struttura di Ordine nuovo e fu accertato il coinvolgimento del collaboratore di giustizia reo confesso Carlo Digilio, di Franco Freda e Giovanni Ventura.
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