Un test Wais ritenuto inutilizzabile ha portato all’apertura di un’indagine da parte della Procura di Milano nei confronti di due psicologhe di San Vittore, accusate di aver redatto una relazione falsa su Alessia Pifferi, detenuta per la morte di sua figlia di 18 mesi.
Le accuse di falso ideologico e favoreggiamento si basano sulle dichiarazioni degli psichiatri consulenti della Procura di Milano, Marco Galeazzi e Alice Natoli, chiamati a redigere una relazione sul processo in corso, poi depositata alla Corte d’Assise. Nell’indagine rientra anche l’avvocata Alessia Pontenani, legale di Alessia Pifferi, ugualmente indagata per falso ideologico a causa della relazione redatta in concorso morale e materiale con le due esperte.
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Caso Pifferi, la questione del test cognitivo
Al centro dell’inchiesta un test cognitivo che, secondo gli psichiatri consulenti della Procura di Milano, sarebbe inutile ai fini dell’indagine e solitamente “mai applicato a nessun altro detenuto“. Il test di Wais, a cui è stata sottoposta Alessia Pifferi dalle psicologhe di San Vittore, sarebbe altamente pregiudiziale in quanto avrebbe “creato, mediante false attestazioni circa lo stato mentale della detenuta e l’andamento e i contenuti dei colloqui, le condizioni per tentare di giustificare la somministrazione del test psicodiagnostico“. In questo modo le due psicologhe avrebbero manipolato l’imputata per poi redigere una relazione, ritenuta falsa, che le avrebbe fornito la possibilità di richiedere e poi ottenere la perizia psichiatrica.
Galeazzi e Natoli sarebbero “perplessi per l’attuazione di un test che non ha nulla a che fare con la gestione penitenziaria, ma è utile per la difesa penale, e per una intensiva rilettura del caso fatta con l’imputata di un così grave reato“. Il test di Wais è necessario per valutare il funzionamento cognitivo di una persona e di individuare sia i funzionamenti nella norma sia deficitari; nel caso Pifferi però la sua attuazione non sarebbe funzionale in quanto le due esperte avrebbero manipolato l’imputata, facendole credere di essere “una bambina“, alterando quindi i risultati del test valutativo.
Inoltre, tale manipolazione renderebbe inutile ogni altro esame svolto da un perito proprio perché l’imputata sarebbe in grado di sfruttare a suo vantaggio ciò che ha appreso dalle psicologhe indagate. A seguito della valutazione delle due psicologhe, l’avvocata Alessia Pontenani avrebbe attestato “falsamente” che la donna aveva “un quoziente intellettivo pari a 40 e quindi un deficit grave“, dato derivante da un test “non utilizzabile a fini diagnostici e valutativi“.
Il caso Pifferi
Alessia Pifferi è detenuta nel carcere di San Vittore dal luglio 2022, cioè da quando è stata accusata di omicidio volontario aggravato da futili motivi e premeditazione. Secondo l’accusa, la donna avrebbe volontariamente lasciato sua figlia di 18 mesi senza cure di alcun tipo per ben sei giorni. La neonata sarebbe rimasta in casa totalmente sola, con un solo biberon di latte, fino al ritrovamento effettuato dalla stessa madre, che si è detta sconvolta dalla sua morte. L’allarme è stato lanciato da una vicina di casa, da cui Alessia Pifferi si sarebbe recata per chiedere aiuto a seguito del ritrovamento del cadavere della piccola, morta di stenti.
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