Federica Pellegrini: “Sinner è stato trattato diversamente dal 99% degli atleti”

L'ex nuotatrice si sbilancia sulla sospensione arrivata solo dopo i ricorsi della Wada sostenendo che "i controlli a sorpresa sono l’unico modo per combattere il doping"

3 Min di lettura

L’ex nuotatrice Federica Pellegrini ha rilasciato alcune dichiarazioni scottanti nel corso dell’intervista a La Repubblica, sul caso che ha visto coinvolto il numero uno del tennis internazionale, Jannik Sinner.

Secondo la Pellegrini, la durezza dei controlli è necessaria, in quanto è “l’unico modo per combattere il doping” e che “di fatto (Jannik ndr) è stato trattato come un caso diverso dal 99% degli altri atleti che hanno affrontato e pagato una negligenza per doping“.

Federica Pellegrini e l’ossessione anti-doping

Probabilmente il ricordo dei momenti di tensione legati all’accertamento dei farmaci utilizzati hanno lasciato un segno indelebile in Federica. “C’è una casistica – spiega l’ex oro olimpico – anche nel nuoto, dove per esempio alcuni hanno usato un inalatore diverso per l’asma e poi sono risultati positivi, oppure a causa di creme comprate magari all’estero“. Pellegrini si soffermerebbe sul procedura che gli atleti devono seguire quando assumono farmaci, che prevede il controllo di quest’ultimo da parte della federazione che poi “lo scheda e vede se ci sono principi attivi o contaminazioni: solo se è ok allora lo puoi utilizzare.

Sottolineando come la vita da atleta “non è una vita semplice“, l’ex nuotatrice racconta come ogni giorno alle 10 di sera aveva una sveglia, denominata “location form“, impostata per aggiornare i dati sul suo indirizzo. I controlli anti-doping vengono svolti a sorpresa, in qualunque momento e in qualsiasi luogo l’atleta si trovi. “Gli atleti vivono con un pensiero costante, – spiega Pellegrini – quello di dover fornire un’ora di slot di reperibilità ogni giorno della vita anche quando sono in vacanza per consentire all’antidoping di andarli a trovare dovunque siano“.

Siccome “non tutti sanno come funziona per un atleta soggetto a controlli antidoping a sorpresa e in competizione durante tutto l’anno”, sarebbe necessario “spiegare questa cosa per delineare il caso Sinner”.

Per la nuotatrice il caso Sinner rappresenterebbe un’eccezione e di conseguenza è stato trattato diversamente da qualsiasi altra casistica sportiva. Quanto alla responsabilità oggettiva rispetto al team, Pellegrini ritiene che “non è che se il mio fisioterapista si beve una birra e investe qualcuno è colpa mia, ma diventa una mia responsabilità se il fisioterapista usa una crema su di me e poi io risulto positivo“. Una dinamica che però “vale per tutti, non è il caso Sinner a essere strano” ha dichiarato sostenendo di fatto l’accusa della Wada (Agenzia internazionale anti-doping), che aveva riaperto il caso dopo la prima assoluzione del tribunale indipendente.

© Riproduzione riservata

TAGGED:
Condividi questo Articolo