“Carriera ecclesiastica? Questo termine mi fa schifo, dobbiamo mandarlo via”, è la denuncia spirituale espressa dal Papa, che ricevendo in udienza i religiosi e le religiose della Famiglia Calasanziana, in occasione del 75° anniversario di fondazione, ha approfondito la vita di San Giuseppe Calasanzio, giungendo ad alcune riflessioni.
”Il vostro Fondatore, di famiglia agiata, destinato probabilmente a una carriera ecclesiastica, venuto a Roma con incarichi di un certo livello, non ha esitato a stravolgere programmi e prospettive della sua vita per dedicarsi ai ragazzi di strada incontrati in città“, Papa Francesco, riferendosi così alla figura di Santo fondatore, lo prende come esempio per incitare al non rimanere fossilizzati su quella che potrebbe essere la “carriera ecclesiastica” che si pone di fronte ai religiosi quando si intraprende un percorso di vita spirituale e missionaria.
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“Così sono nate le Scuole Pie, una bella eredità: non tanto per un piano predefinito e garantito, – sottolinea il Santo Padre – quanto per il coraggio di un bravo prete che si è lasciato coinvolgere dalle necessità del prossimo, là dove il Signore gliele ha poste davanti”. Una necessità che, come nel caso del Santo, dovrebbe valicare le aspettative terrene rilegate ad una crescita di ruolo.
”Questo è molto bello – sprona il Papa – e io vorrei invitare anche voi a mantenere, nelle vostre scelte, la stessa apertura e la stessa prontezza, senza calcolare troppo, vincendo timori e titubanze, specialmente di fronte alle tante nuove povertà dei nostri giorni. E sarebbe bello se in questi giorni, nella vostra riunione, cercate di descrivere quali sono le nuove povertà“.
Motivo per cui, Papa Francesco ha crudamente espresso di ripugnare la definizione di “carriera ecclesiastica”, in quanto potrebbe precludere ad una vita limitata alla scalata di una “carriera” perdendo di vista la missione spirituale di ogni fedele. Calcando il ragionamento, il Santo Padre incoraggia poi a “rispondere ai bisogni dei poveri, in sentieri diversi da quelli già battuti nel passato, anche a costo di rivedere schemi e di ridimensionare aspettative”. In questa prospettiva ha infatti ricordato che è nell’abbandono fiducioso alla volontà di Dio che affondano le radici della Famiglia Calasanziana, e che solo rimanendo fedeli a queste è possibile “mantenere vivo il carisma”.
Questa settimana, dal 21 al 25 novembre si è svolta inoltre in Vaticano, presso il Dicastero per la Dottrina della Fede, la prima Sessione Plenaria della Commissione Teologica Internazionale. Il Pontefice si è quindi rivolto ad ogni fedele, manifestando che “in un mondo complesso e spesso polarizzato, tragicamente segnato da conflitti e violenze, l’amore di Dio che si rivela in Cristo e ci viene donato nello Spirito diventa un appello rivolto a tutti” per imparare a “camminare nella fraternità e a essere costruttori di giustizia e di pace“. Papa Francesco ha poi aggiunto che “solo in questo modo” è possibile “spargere semi di speranza”.
Durante l’udienza svoltasi con i partecipanti alla Sessione Plenaria, Sua Santità pone l’accento sull’importanza di “rimettere Cristo al centro“, in quanto rappresenti il modo per “riaccendere la speranza“. La teologia è infatti chiamata a farlo, “in un lavoro costante e sapiente, nel dialogo con tutti gli altri saperi“. Nel suo discorso ha aggiunto che l’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi ha proprio dedicato un punto del Documento finale riguardante il compito della teologia, in riferimento a “carismi, vocazioni e ministeri per la missione“, invitando “le istituzioni teologiche a proseguire la ricerca volta a chiarire e approfondire il significato della sinodalità“.
Bergoglio fa difatti notare che si tratta di una visione di San Paolo VI quando il Segretario del Sinodo dei Vescovi, alla fine del Concilio, ha istituito il Segretariato del Sinodo dei Vescovi. “In quasi 60 anni si e’ sviluppata questa teologia sinodale, a poco a poco, e oggi possiamo dire che e’ matura – continua il Papa – e non si può pensare una pastorale senza questa dimensione di sinodalità. Quindi, insieme al porre Cristo al centro della propria vita, Sua santità invita “a tenere presente anche la dimensione ecclesiologica, per sviluppare al meglio la finalità missionaria della sinodalità e la partecipazione di tutto il Popolo di Dio nella sua varietà di culture e tradizioni“.
Nel concludere il suo intervento alla Sessione Plenaria della Commissione Teologica Internazionale, il Santo Padre ha fortemente incoraggiato a “sviluppare una teologia della sinodalità“, ossia una riflessione teologica che possa aiutare, incoraggiare e accompagnare il processo sinodale, per giungere ad “una nuova tappa missionaria, più creativa e audace, che sia ispirata dal kerygma e che coinvolga tutte le componenti della Chiesa“.
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