Ospedali nel caos: solo 1 su 3 è a norma e i pazienti ne pagano le conseguenze

I dati sui sistemi antincendio degli ospedali italiani del rapporto Fiaso sono allarmanti e fanno riflettere sulle reali condizioni delle strutture

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Le condizioni degli ospedali italiani iniziano a preoccupare sempre di più. Non solo strutture inadeguate, poco personale e lunghe liste di attesa, dopo l’inferno di fuoco scoppiato lo scorso venerdì all’Ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli, nasce anche il timore delle condizioni di sicurezza degli edifici. Chi paga le conseguenze della mancanza di sicurezza e dell’incapacità gestionale degli ospedali sono i pazienti, costretti spesso a servizi inefficaci.

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Il rapporto della Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere” ha portato alla luce dati allarmi e da non sottovalutare. Secondo le informazioni raccolte, solo un ospedale su tre in Italia è riuscito ad adeguarsi alle norme antincendio previste. Un dato che comunque non è del tutto affidabile a causa della difficoltà di reperire un quadro dettagliato che tenga in considerazione tutti gli ospedali presenti sul territorio italiano.

Impossibile conoscere le situazioni di tutti gli ospedali d’Italia

Il problema dell’arretratezza dei sistemi di sicurezza negli ospedali italiani è un gigante di cui non si conoscono le reali dimensioni. “Ogni singola azienda ospedaliera conosce la sua situazione“, ha spiegato Giovanni Migliore, presidente della Fiaso, ma allo stesso tempo non è possibile costruire un rapporto dettagliato che tenga in considerazione ogni singola struttura.

Un esempio che spiega perfettamente la situazione è quello del Piemonte, unica regione del nostro Paese in cui sono accessibili i dati puntuali sull’adeguamento dei sistemi antincendio di tutti i 150 ospedali presenti sul territorio. Tutte le altre regioni non sono in grado di effettuare lo stesso sistematico aggiornamento di dati.

Quello su cui la Fiaso è quasi certa è che solo una struttura ospedaliera su tre in Italia ha potuto adeguarsi alle normative antincendio, introdotte nel 2015 e più volte prorogate. Tale dato risulta dall’analisi di un campione di ospedali distribuiti nella nostra Penisola.

Le difficoltà nell’adeguamento dei sistemi antincendio

La motivazione responsabile della mancanza di adeguamento alle normative antincendio è ovviamente economica, a causa degli ingenti costi dell’ammodernamento dei sistemi antincendio delle intere strutture. I costi, inoltre, si alzano esponenzialmente a causa dell’età degli ospedali, che nella maggior parte dei casi risalgono a periodi che vanno dal 1900 al 1980. Il 22% delle nostre strutture ospedaliere risale addirittura ad anni precedenti il 1900.

Ad aggravare una situazione già di per sé tragica si aggiungono le difficoltà ad adeguarsi alle scadenze delle normative, che appunto continuano ad essere prorogate a causa della mancanza di finanziamenti. L’ultima normativa realizzata risale al 2015 e prevedeva ammodernamenti da realizzare entro il 2022, termine che è stato poi prorogato più volte fino ad arrivare al 2025. Proroghe del tutto inutili perché comunque il piano di intervento era da realizzare entro il 2016, e come fa notare Migliori “Pianificare gli interventi era indispensabile, ma per farlo bisognava contare su finanziamenti“.

Anche Giancarlo Cenciarelli, segretario generale della Fp Cgil di Roma e Lazio, ha commentato la situazione finanziaria degli ospedali italiani: “C’è una difficoltà delle aziende sanitarie pubbliche ad adeguarsi alle norme a causa dei continui tagli. Le strutture ospedaliere sono spesso datate e la mancanza di fondi è pressante, in un circolo vizioso in cui lo stress del lavoro si somma ai problemi di sicurezza“.

Per il Presidente della Fiaso “la speranza è che Stato, Regioni, Comuni e aziende sanitarie si possano sedere a un tavolo per mettere a punto un piano di interventi realistico e aderente alla possibilità di intervento reale”.

Chi paga le conseguenze degli arretramenti sono i pazienti

Chi paga le conseguenze dei tagli ai fondi della sanità sono i pazienti, costretti spesso a ricorrere a servizi privati per ottenere cure basilari. L’ultimo esempio risale ad oggi stesso, quando un anziano di 78 anni è caduto dalle scale mobili della Stazione Termini mentre si stava recando a prendere un treno per Milano insieme alla moglie.

La telefonata al 118 ha però portato alla luce uno scenario allarmante: 70 interventi più urgenti prima del suo. L’uomo ha dovuto attendere circa tre ore prima di essere soccorso da un’ambulanza, unico mezzo che avrebbe potuto trasportarlo a causa di una frattura alla rotula che ne impediva gli spostamenti.

Non è stato possibile neanche chiedere l’intervento di un’auto medica, che avrebbe solo potuto soccorrerlo sul luogo senza trasportarlo in ospedale.

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