Sharon Verzeni, il killer riconosciuto dai testimoni: “L’abbiamo descritto ai carabinieri”

I Carabinieri hanno fermato l'uomo che ha a carico diversi indizi di colpevolezza

Redazione
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Martedì 30 luglio Bergamo si è risvegliata in un incubo. Una donna di 33 anni, Sharon Verzeni, è stata uccisa a Terno D’Isola nella notte, poco prima dell’una, in via Castegnate. La giovane donna è stata accoltellata più volte ed è deceduta, dopo essere stata ricoverata in condizioni gravissime all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo. Sull’omicidio è stata aperta un’inchiesta.

Sotto la lente delle autorità ci sono circa 50 telecamere, pubbliche e private. Gli inquirenti sono riusciti a ricostruire il percorso fatto dalla donna, da quando era uscita di casa senza il compagno fino all’omicidio. Un’altra via che si sta seguendo è quella della raccolta a tappeto dei dna tra gli abitanti della zona del delitto, come venne fatto per il caso di Yara Gambirasio.

Verzeni: il racconto dei testimoni

Abbiamo raccontato di quel ragazzo quando siamo stati chiamati in caserma. Il rimpianto che ci resta è non aver potuto fare qualcosa per Sharon. Magari l’assassino ha visto una preda facile, come quei due ragazzini che voleva aggredire. Quando ha incrociato noi, invece, ci ha solo guardato male ed è andato avanti“. hanno affermato i testimoni.

Sharon Verzeni, fermato l’uomo in bicicletta

Questa notte, tra il 29 e il 30 agosto, a un mese esatto dall’omicidio, i Carabinieri, coordinati dalla Procura delle Repubblica di Bergamo, hanno fermato un uomo: si tratta dell‘uomo in bicicletta che le telecamere avevano ripreso allontanarsi dalla scena del crimine. È un 31enne italiano disoccupato, per cui è stato disposto un decreto di fermo di indiziato di delitto. A suo carico gravi indizi di colpevolezza, elementi probatori del pericolo di reiterazione del reato, di occultamento delle prove e del pericolo di fuga. “Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”, ha confessato l’uomo di origini magrebine. Moussa Sangre, disoccupato, è nato a Milano e residente a Suisio, pochi chilometri di distanza dal paese dell’omicidio. Il 31enne, immortalato dalle telecamere mentre si allontanava in bici dal luogo dell’omicidio, è originario di una famiglia della Costa d’Avorio.

Spunta la pista pusher

Continuano senza sosta le indagini per capire chi è stato e cosa è successo a Sharon Verzeni. Fra le ipotesi c’è anche quella che il responsabile del delitto possa essere trovato nel sottobosco criminale del paese, dove i problemi di sicurezza sono noti per lo spaccio. “Saranno una decina, in gran parte marocchini. Per qualche giorno non li ho più visti, ma stanno tornando. Tutti, tranne uno. Non si vede da settimane – ha detto il commerciante a Il Corriere della Sera – Mi hanno anche fatto vedere diverse foto segnaletiche, ma non c’era quella del tizio che è sparito da settimane. Avrà sui 35 anni”.

Le ipotesi di Ruocco sull’assassino

In un’intervista a Repubblica Ruocco ha parlato delle sue teorie sull’assassino della compagna: “L’unica cosa che potrei pensare è a qualche cliente del bar dove lavorava, che le ha dato fastidio, ma non mi ha mai detto niente. Prima andava al pomeriggio, poi negli ultimi due mesi alla mattina. Forse l’hanno scambiata per un’altra persona“.

“Mi sembra davvero impossibile che nessuna telecamera l’abbia ripresa, che non ci sia un’immagine. Magari devono ancora finire di vedere tutti i filmati e prima o poi qualcosa salta fuori. Magari qualcuno ha visto ma potrebbe aver paura a dirlo” dichiara, escludendo che l’abbia uccisa qualcuno conosciuto nel suo vecchio lavoro di estetista.

Poi aggiunge: “Lei non usciva tutte le sere. Passava a volte di lì, e a volte anche con me. Non abbiamo mai visto gente strana. Riguardo alla presenza di spacciatori dice che ce n’erano spesso “due o tre, e non ci guardavano neanche“. Ruocco dice che Sharon non gli aveva mai parlato di qualcuno che le facesse le avances: “Anche se non avesse voluto dirmelo, penso che lo avrei capito. Non mi ha mai fatto notare niente di strano, mai detto nulla. Se ci fosse stato qualcosa l’avrei capito”.

Sul computer portatile prelevato a casa sua confessa: “Lei l’avrà usato forse una volta, un anno fa. Io lo usavo solo ogni tanto. Faceva tutto col telefono”. Infine parla anche di Scientology: “Non è vero che era dentro da un anno. Sono voci che girano perché alcune colleghe sono di Scientology. Aveva fatto un corso solamente, basato su lavoro, che le avevano fatto fare i titolari del bar”. Però potrebbe aver conosciuto nuove persone: “Forse una, due persone con cui parlava ogni tanto, e ci ho bevuto anche io un caffè, ma brava gente. Su Scientology non ci sono stati problemi“.

A La Stampa l’uomo riferisce che la famiglia non pensa che l’assassino sia qualcuno che conoscono: “Se avessimo in mente un nome, una strada, lo avremo detto subito ai carabinieri e, probabilmente, tutto questo sarebbe già finito”. E aggiunge: “Nessuno poteva voler del male a Sharon. Abbiamo pensato che l’abbiano scambiata per un’altra persona“. Conclude dicendo: “Non ho bisogno di un avvocato, torno in caserma tutte le volte che mi chiamano, sono pronto a farlo ancora se posso dare una mano alle indagini”.

L’uomo in bici e le strade chiuse a Terno

Sarebbe stato identificato l’uomo in bici ripreso dalle telecamere che le autorità stanno cercando da settimane. Ma l’uomo deve ancora essere sentito, anche per chiarire i motivi per cui non si sia fatto avanti per tutto questo tempo. L’identificazione sarebbe avvenuta grazie al modello di bici, ai vestiti che indossava quella notte e forse anche grazie all’analisi del traffico telefonico della zona.

Inoltre il sindaco di Terno, Gianluca Sala, ha deciso di chiudere al traffico in alcune strade per un breve periodo per agevolare le indagini.

Verzeni, le parole del padre

Siamo sicuri che non sia stato Sergio: è stato qualcuno che non la conosceva così bene“, ha detto intanto il padre della vittima, Bruno Verzeni, riferendosi al compagno di lei, Sergio Ruocco. Anche quest’ultimo non crede che l’assassino “sia una persona che noi conosciamo”.

L’alibi di Ruocco e l’angolo cieco

Il 23 agosto il compagno Sergio Ruocco è stato nuovamente convocato: l’uomo è rimasto alcune ore all’interno del comando provinciale, sempre senza avvocato. È stato sentito per la terza volta come persona informata sui fatti. Nella mattinata è stato effettuato un nuovo sopralluogo dei carabinieri nella casa dove viveva la vittima Nel corso del nuovo sopralluogo sarebbero stati prelevati dai carabinieri oggetti utili alle indagini e Ruocco avrebbe fornito username e password dei dispositivi elettronici sequestrati. Oggi Ruocco è tornato a lavoro e il datore di lavoro Claudio Fiorendi dice che non è mai mancato un giorno fino a quello dell’omicidio della ragazza.

Le autorità sono arrivate a interrogare cento persone e hanno identificato dieci testimoni tramite le telecamere. Uno tra questi ha dichiarato di aver visto una persona pulire la strada quella notte. Una circostanza anomala. Ma importante per questa indagine c’è l’alibi del fidanzato. Si è scoperto che l’uomo, che a oggi non è indagato, avrebbe avuto il tempo di uccidere la donna e tornare a casa a dormire, dove lo hanno trovato i carabinieri quella notte. Questo perché la compagna è uscita a mezzanotte, ha fatto un giro largo percorrendo 2,5 km e è stata uccisa al civico 32 di via Castagnate, a 650 metri da casa. Ma ciò che protegge Ruocco è che nessuna telecamere lo ha ripreso. Però esiste un angolo cieco che non viene ripreso e in più c’è la possibilità di uscire dalla villa dalla parte posteriore. A quel punto però l’uomo avrebbe dovuto avere qualche traccia sul corpo, dato che l’uscita dal retro della villa includeva passare in mezzo a rovi e siepi. E le autorità non hanno trovato nulla sull’uomo. E comunque sarebbe impossibile che nessuna telecamere lo avrebbe ripreso durante il percorso.

Mirko Ruocco parla del fratello

Mirko Ruocco, fratello di Sergio, rivela al Messaggero: “In un caso come quello di Sharon è normale che si vada a prendere subito il fidanzato o il marito della vittima. Sergio non sente alcuna pressione nei suoi confronti. Vuole collaborare“. Aggiunge che se Sharon avesse avuto un computer personale si sarebbe potuta trovare qualche traccia in più: “Può essere che una persona le abbia fatto delle avances. Lavorava in un bar a Brembate, a contatto con molta gente. Non è escluso che qualcuno ci abbia provato con lei. Oppure, per sua sfortuna, quella notte mentre camminava è incappata in un balordo”. Parla anche dell’esperienza di Sharon in Scientology: “Ci hanno detto che dopo i corsi chiedono una quota di adesione. Ma da quel che so lei non era stata sollecitata a pagare. Non credo avesse versato una quota”.

Sharon Verzeni
Sharon Verzeni

Caso Verzeni: la frase della donna prima di morire

Continuano le indagini su quanto accaduto alla povera donna. La sera del 29 luglio è stata proprio la vittima ad allertare i soccorsi dopo essere stata colpita con quattro coltellate. Secondo il Corriere della Sera, al 118 la donna avrebbe detto “Mi ha accoltellato” e non, come emerso in un primo momento, “Mi hanno accoltellato“. Un dettaglio che potrebbe indicare che Verzeni avesse riconosciuto il suo killer. Questo elemento, quindi, avvalorerebbe l’ipotesi secondo cui ad aggredire la vittima sia stata una persona che aveva con lei un qualche legame.

Sopralluogo della casa della coppia

I carabinieri hanno nuovamente richiamato Sergio Ruocco, il fidanzato di Sharon, in caserma ieri 22 agosto alle 9.30. Poco dopo le autorità e l’uomo si sono recati verso la casa della coppia, in via Merelli a Terno d’Isola. Questa è sotto sequestro sin dall’inizio delle indagini. Una volta arrivati, i carabinieri della Scientifica dell’Arma e lo stesso 37enne sono entrati con indosso le tute bianche. L’ispezione è iniziata nei garage per poi passare al primo piano. In tutto è durata circa una decina di minuti ed è servita per prelevare alcuni oggetti appartenenti a Sharon. Una volta terminato il sopralluogo Ruocco è stato riportato in caserma, dalla quale è uscito dopo circa mezz’ora.

I carabinieri dichiarano che “le motivazioni dell’accesso sono coperte da doveroso riserbo investigativo” e che “Sergio Ruocco non è stato sentito nuovamente come persona informata sui fatti” e che “la sua posizione non è cambiata e non risulta indagato”.

Il testimone indagato

Uno dei testimoni che le autorità hanno interrogato è il 76enne pugliese Antonio Laveneziana. È un pregiudicato e attualmente è indagato per falsa testimonianza, in quanto aveva dichiarato agli inquirenti che la notte dell’omicidio stava dormendo, ma le telecamere lo ritraggono sveglio sul balcone di casa. “Ero sul balcone a fumare, ma io non ho visto nessuno, può darsi che non ci abbia fatto caso a una persona in bicicletta, qui passa tanta gente”, ha spiegato, riferendosi alla persona in bicicletta che gli inquirenti stanno cercando di identificare da giorni e che le immagini delle telecamere hanno registrato passare nel momento in cui lui si trovava fuori il balcone. L’uomo è stato operato per due cataratte e usa un apparecchio acustico, e forse realmente non si è accorto di nulla quella sera.

I genitori di Sharon interrogati per ore

I genitori della 33enne uccisa sono stati convocati ieri al comando provinciale dei carabinieri di Bergamo, intorno alle 14:30. I due sono stati interrogati dagli agenti del reparto operativo che si sta occupando del caso di Sharon Verzeni, che li avrebbero trattenuti fino alle 22. Così come nel caso degli altri parenti, anche la coppia ha deciso di non fermarsi a parlare con i giornalisti e di non rilasciare informazioni.

I due sarebbe stati sentiti come persone informate dei fatti e quindi senza la presenza del loro avvocato. Non è chiaro quale sia stato il contenuto dell’interrogatorio, ma si immagina che il fulcro sia stata la vita privata di Sharon, su cui gli inquirenti continuano ad indagare nella speranza di trovare informazioni sull’assassino.

L’interrogatorio ai familiari di Sharon Verzeni

Lo scorso 19 agosto le autorità hanno convocato i familiari della vittima per ascoltarli come persone informate sui fatti, senza la presenza di avvocati. La sorella Melany, il cognato Stefano e il fratello Cristopher sono stati sentiti per circa sei ore.

L’interrogatorio è durato dalle 14.30 alle 21 e, usciti dalla caserma, hanno incontrato alcuni giornalisti, ai quali però non hanno riferito nulla. Il fidanzato della vittima è invece già stato sentito ripetutamente e il suo alibi è stato confermato: si trovava a casa della coppia durante il delitto. Sembra che le autorità abbiano chiesto ai familiari di Sharon dei rapporti con il compagno.

L’intervista di Repubblica al fidanzato

Sergio Ruocco, il fidanzato di Sharon Verzeni, si è detto disponibile per ulteriori interrogatori, affinché le autorità possano ottenere tutte le informazioni che necessitano per andare avanti con le indagini.

I carabinieri lo hanno già sentito un paio di volte come persona informata dei fatti e a un’intervista alla Repubblica ha detto che se lo chiamassero di nuovo ci andrebbe senza esitare: “Io lo spero che mi chiamino! Se serve a dare una mano, certo che vado. Avrei preferito andarci già ieri, e ci andrei pure oggi“. Riguardo l’incontro con i carabinieri durato 5 ore dice: “Non abbiamo parlato tutto quel tempo. E poi hanno sentito anche mio padre. Abbiamo parlato della nostra vita, delle nostre poche amicizie. Io lo spero che mi chiamino”.

Il fidanzato di Sharon poi spiega perché vive con i genitori della compagna: “Perché almeno stiamo insieme, ci diamo supporto in un momento così difficile. Spero che lo prendano, è una persona che non merita di stare in giro, perché non sai cosa può fare ad altri. Non voglio chiamarla rabbia. Mi dà fastidio il fatto che speravo ci volesse meno tempo per prendere il responsabile. Non ho idea di chi possa essere. Se lo sapessi, andrei dritto dai carabinieri. Non riesco a capire, voglio sapere”, continua.

Ricordando la sera del fatto dice che non riesce a ripensarci e che se avesse saputo che la ragazza stesse uscendo a quell’ora tarda, le avrebbe detto ‘Aspetta, non uscire’. “Non riesco ancora a realizzare che non avremo più una vita assieme, dopo oltre tredici anni” dichiara. Riguardo la villa in cui lui e Sharon vivevano insieme, ora sequestrata dai carabinieri, afferma: “Se hanno ancora da fare all’interno, è giusto che i carabinieri facciano quello che devono, i carabinieri stanno facendo il loro lavoro. Poi, certo, spero qualcuno abbia il coraggio di dire qualcosa”.

Poi parla del lavoro: “Faccio l’idraulico. Lunedì prossimo torno al mio posto di lavoro. Ogni giorno mi sveglio, ho la sua foto accanto al letto qui a casa dei miei suoceri. Almeno ho quella foto… Per il resto sto con la famiglia di Sharon, cerco di fare qualcosa che mi distolga dal ricordo di lei, che mi distragga la mente, altrimenti continuo a pensarci”.

Conclude con una nota molto triste: “Io non ci credo ancora al fatto di non svegliarmi più alla mattina con lei. Mi dà fastidio pensare che non potremo più sposarci, che non potremo avere un figlio. Volevamo un bambino. Uno sicuro, forse di più. Non faccio che chiedermi: perché tutto questo è dovuto succedere proprio a noi? Non riesco a capire il motivo. Nella nostra vita non c’era nulla di strano”.

Il metodo Yara e le immagini delle telecamere

Il caso di Sharon Verzeni rimane ancora un mistero e per questo le autorità stanno cercando in tutti i modi possibili di scoprire qualche indizio che porti a seguire una pista. Uno di questi è procedere col “metodo Yara”, ovvero la profilazione del dna degli abitanti della zona dell’aggressione, come venne fatto per il caso di Yara Gambirasio.

Inoltre stanno controllando a tappeto tutte le 50 telecamere presenti nella zona del delitto. Si analizzano non solo i filmati della sera dell’omicidio, ma anche quelli delle sere precedenti, per capire se la donna potesse già aver incontrato il suo assassino durante le sue passeggiate serali.

Con le immagini delle telecamere è stato scoperto che mentre Sharon camminava e veniva uccisa, nelle strade lì attorno stavano circolando una decina di persone, a piedi, in bici o in auto. La zona non era quindi deserta e una di queste persone potrebbe aver notato qualcosa o qualcuno di loro potrebbe essere un sospetto. Per questo i carabinieri stanno ora cercando i presenti, per interrogarli. Alla decina di persone gli inquirenti sono arrivati incrociando diversi filmati delle telecamere piazzate nella zona, sia della videosorveglianza pubblica sia di impianti privati, le cui immagini sono state requisite. 

Durante le analisi è stata rilevata la presenza di un uomo sospetto in bicicletta nella notta dell’omicidio nella zona di via Castegnate. Il sospettato potrebbe essere un testimone chiave o lo stesso omicida ricercato. I carabinieri confermano che dalle telecamere “sono ripresi molti soggetti a piedi, in bicicletta e in moto. E finché ognuno di loro non sarà identificato sono di interesse investigativo”.

Le parole della criminologa Bruzzone

La donna non seguiva un percorso fisso nelle sue passeggiate serali e spesso usciva accompagnata anche dal suo partner. La notte dell’omicidio aveva percorso la strada da casa sua in via Merelli fino al centro sportivo, per poi proseguire fino a via Castegnate. È un percorso breve considerando il tempo che la donna ha impiegato nel percorrerlo, quindi la criminologa Roberta Bruzzone sentita dall’AdnKronos ha affermato che “la dinamica del delitto indica chiaramente che Sharon ha avuto un’interazione prolungata con il suo carnefice prima di essere uccisa“.

Verzeni aveva “percorso 630 metri in 50 minuti”. E proprio in questi minuti il cellulare della 33enne aveva generato traffico e l’analisi dello smartphone chiarirà se la vittima fosse in contatto con la persona che l’ha uccisa. Non si tratta di un’aggressione improvvisa ma di un incontro prolungato durante il quale la ragazza ha interagito con il suo carnefice” ha dichiarato la criminologa.

L’interrogatorio al compagno

Il compagno di Sharon Verzeni, Sergio Ruocco, è stato convocato in caserma ed è stato ascoltato per circa cinque ore. “Purtroppo non credo di essere stato di grande aiuto” avrebbe dichiarato al Corriere della Sera, raccontando che gli inquirenti lo avrebbero interrogato sulle “solite cose, come andava tra noi, come era la vita di Sharon, anche dei suoi rapporti al lavoro“. Per questo, Russo ha dichiarato di “non aver potuto fare altro che ripetere quello che avevo già detto“.

L’uomo era già stato interrogato subito dopo l’omicidio, quando aveva raccontato che la sua compagna era uscita per una corsa serale, mentre lui si era coricato perché doveva svegliarsi presto il mattino seguente. L’alibi dell’uomo sarebbe stato confermato dalle telecamere di sicurezza di due abitazioni vicine, che non hanno ripreso nessuno intento ad uscire dalla loro casa.

Le parole del compagno

Capitava che Sharon andasse a camminare la sera per il caldo, da sola oppure qualche volta con me. Ma se avessi saputo che sarebbe uscita a quell’ora, non l’avrei lasciata“, ha affermato il compagno. Sharon e Sergio stavano insieme da 16 anni e avevano da poco terminato il corso per fidanzati, ma senza una data per il matrimonio. Il giorno dell’omicidio, la 33enne aveva staccato dalla pasticceria dove lavorava come barista alle 15, aveva fatto la spesa e aspettato Sergio a fine giornata.

Verso le 22, l’idraulico sostiene di essere andato a dormire perché stanco: “Io purtroppo non mi sono reso conto di niente“, sottolinea. E sul motivo alla base dell’aggressione, spiega: “Non c’era niente che la preoccupasse, ho chiesto anche alle sue colleghe al lavoro. Speravo che le indagini portassero a qualcosa più velocemente, ho chiamato e mi hanno detto che stanno facendo il possibile. Bisogna lasciarli lavorare“.

Le indagini

Nonostante l’intervento di alcuni passanti che allertavano attraverso il 112 una squadra del 118 immediatamente intervenuta sul posto insieme a una pattuglia dei carabinieri di Zogno – è la ricostruzione degli investigatori – la donna decedeva nell’ospedale Papa Giovanni XXII di Bergamo causa delle profonde ferite riportate“. Al momento non ci sono indagati in relazione all’omicidio della donna.

Sharon Verzeni, originaria di Bottanuco in provincia di Bergamo, viveva da tre anni a Terno d’Isola con il compagno, che si trovava in casa al momento dei soccorsi. La vittima aveva l’abitudine di uscire da sola la sera per andare a correre. È stata lei stessa, dopo essere stata aggredita, a chiamare il 112: “Aiuto! Sono stata accoltellata“, avrebbe detto ai soccorritori che, al loro arrivo, l’hanno trovata a terra in strada. Gli abitanti delle palazzine di via Castagneto, poco lontano dal luogo dell’aggressione, dichiarano di non aver visto né sentito niente. “Non la conoscevo e ho saputo della notizia dai giornali. Qui però gira brutta gente“, ha raccontato una residente.

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