A due giorni di distanza dal 45esimo anniversario della morte di Piersanti Mattarella, fratello del Presidente della Repubblica, una svolta nelle indagini potrebbe portare alla conclusione definitiva del caso sull’omicidio del presidente della Regione Sicilia. La Repubblica ha infatti annunciato che nell’indagine sull’assassinio sono presenti i nomi di due nuovi indagati. Questi sarebbero i presunti esecutori materiali del delitto, avvenuto il 6 gennaio 1980 a Palermo, davanti all’abitazione di Mattarella.
Al momento, le indagini hanno portato alla condanna dei soli mandanti dell’omicidio, ovvero i boss che erano parte della commissione di Cosa Nostra che avrebbe votato a favore del delitto, mentre rimane il dubbio sull’identità dei due sicari che hanno atteso Mattarella e la moglie fuori dalla loro abitazione. Inizialmente, a seguito di una lunga istruttoria portata avanti dal magistrato Giovanni Falcone, furono indagati Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini per l’omicidio. Questi, però, vennero presto scagionati e le indagini iniziarono ad avere difficoltà a proseguire.
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Furono molti i depistaggi e le false informazioni che vennero inseriti nel caso, rallentando e rendendo quasi impossibile l’attività degli investigatori. Per un periodo si arrivò anche a credere che gli esecutori fossero personaggi esterni a Cosa Nostra e che i mandanti dell’omicidio potessero essere esterni alla mafia, nonostante la teoria di Falcone, per cui c’era “una matrice mafiosa nel delitto Mattarella“.
Omicidio Mattarella, cosa successe il 6 gennaio 1980
Uno dei motivi per cui i sicari di Piersanti Mattarella non furono mai identificati risiede nel fatto che nessuno dei testimoni dell’epoca fu in grado di darne una descrizione certa. Il 6 gennaio 1980, il presidente della Regione Sicilia è stato ucciso all’interno della sua auto, dove si trovava insieme a sua moglie Irma Chiazzese. Due uomini si trovavano nelle vicinanze della sua abitazione, in attesa, e quando Mattarella era intento a parcheggiare la sua auto, uno di questi si è avvicinato brandendo una Colt modello Cobra calibro 38.
Dopo 4 colpi questa si è inceppata e l’uomo ha raggiunto un complice in una Fiat 127, che gli ha passato una revolver Smith & Wesson. Con questa, il killer ha esploso altri 4 colpi, uccidendo Mattarella e ferendo la moglie. L’assassino è a volto scoperto e viene visto in totale da 5 persone. Nessuna di queste è in grado di dare una descrizione specifica, se non sostenendo che questo avesse circa 25 anni e avesse una camminata ballonzolante. Questi dettagli, oltre all’utilizzo della Colt calibro 38, ovvero l’arma utilizzata da Gilberto Cavallini per uccidere il magistrato Mario Amato, hanno indirizzato gli inquirenti verso la pista del terrorismo nero.
Chiusa questa pista, però, a 45 anni di distanza rimangono ancora i numerosi dubbi sull’omicidio Mattarella, oltre all’amarezza per la morte di un uomo innocente. La notizia di La Repubblica, quindi, riaccende un faro di speranza e permettere di auspicare che questo delitto possa avere finalmente la conclusione che merita.
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