Novara, colf uccide datore di lavoro 68enne che la molesta: condannata a 8 anni

La donna aveva ucciso il suo datore di lavoro a seguito dell'ennesima molestia sessuale subita durante il turno di lavoro. "Lui voleva molestarmi e io mi sono difesa" ha dichiarato la donna, chiedendo alla Corte di Cassazione di riconoscere l'omicidio come legittima difesa. Richiesta che però non è stata accolta

Redazione
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La Corte di Cassazione non ha considerato legittima difesa il gesto di Mide Ndreu, 52 anni, che il 24 novembre 2021 a Novara uccise con 13 coltellate il suo datore di lavoro a seguito dell’ennesima molestia sessuale. La donna è stata condannata ad otto anni di reclusione, a seguito della decisione della Corte di respingere sia il ricorso della difesa dell’imputata sia la richiesta della Procura generale di avere un annullamento della sentenza con rinvio ad un nuovo appello, così da poter prendere in considerazione l’ipotesi di legittima difesa.

Ndreu dovrà scontare la sua pena per l’omicidio di Antonio Amicucci, 68 anni, uomo per cui svolgeva i servizi di Colf. Secondo la sua testimonianza, il datore di lavoro era solito molestarla sessualmente durante il turno di lavoro. La donna, attualmente agli arresti domiciliari, era stata condannata in primo grado a 16 anni e sei mesi per omicidio, ma la Corte d’Appello di Torino, nel processo tenutosi lo scorso anno, aveva riconosciuto le attenuanti generiche del caso e quella specifica della provocazione, riducendo così la pena a otto anni di reclusione.

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Il 24 novembre 2021 Mide Ndreu avrebbe deciso di smettere di sottostare alle costanti molestie di Antonio Amicucci e, presa da un impeto, avrebbe afferrato un coltello da cucina e colpito più volte il suo datore di lavoro. La donna, dopo aver compiuto il gesto, avrebbe immediatamente allertato i soccorsi, per poi consegnarsi spontaneamente alle forze dell’ordine, confessando il fatto, ma dichiarando di aver agito per legittima difesa e senza la volontà di uccidere. “Lui voleva molestarmi e io mi sono difesa“, queste le parole dell’imputata.

Secondo quanto raccontato dalla donna, il 68enne avrebbe provato nuovamente a molestarla e per questo la donna avrebbe reagito in modo violento. Il suo legale era riuscito anche a farle ottenere una perizia psichiatrica, poiché la donna aveva tentato per due volte il suicidio a seguito del tragico omicidio. Tale perizia, però, aveva escluso l’infermità mentale, sostenendo che “Mide Ndreu vive certamente una situazione di disagio e di problematiche psicologiche, ma queste non hanno rilevanza dal punto di vista processuale“.

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