Ben 39 tonnellate di prodotti dolciari e materie prime sono state sequestrate dai Nas in seguito a delle indagini su tutto il territorio nazionale. I sequestri hanno portato all’emanazione di 27 provvedimenti di chiusura o sospensione dell’attività con una perdita di oltre 8 milioni di euro totali.
Quasi 400 attività sotto indagine in vista del Natale
Le indagini dei Nas hanno interessato circa 382 aziende di produzione e vendita di prodotti dolciari. A seguito dei controlli sono state “contestate 585 violazioni penali e amministrative”, nei confronti di 18 gestori e titolari accusati di frode di commercio e detenzione di prodotti dolciari e materie prime in cattivo stato di conservazione. Altri 342 sono stati sanzionati per carenti condizioni igienico strutturali, presenza di parassiti e di prodotti privi di tracciabilità.
Tra gli interventi dei Nas, a Bologna sono state sequestrate 24 tonnellate di frutta secca contaminata e 500 panettoni, pandori e altri dolci tipici natalizi – alcuni dei quali venduti come prodotti artigianali nonostante si trattasse di prodotti industriai – prodotti con ingredienti di dubbia provenienza.
In provincia di Catania, invece, il titolare di un’attività di produzione dolciaria è stato sottoposto ad indagine giudiziaria per l’utilizzo di materie prime – 1.700 kg per un valore di oltre 530 000 euro – congelate, in cattivo stato di conservazione, tenute in condizioni igienico sanitarie estremamente carenti e in presenza di parassiti ed esalazioni nocive.
Ancora, in provincia di Bergamo sono stati sequestrati 36 pandori falsamente venduti come “prodotti artigianali di produzione propria” mentre in provincia di Ravenna sono stati ritrovati, all’interno di una pasticceria, 24mila kg di armelline sgusciate contaminate da aflatossine ed enormi quantità di materie prime prive di divieto d’impiego.
Ulteriori sequestri anche tra Trapani, Palermo e Agrigento, dove sono stati prelevati – da ben 4 pasticcerie e 2 aziende di produzione – 260 panettoni e 400 vasetti di crema di pistacchio e mandorla privi di indicazioni di tracciabilità, oltre che ingredienti sempre a base di pistacchio e mandorla “di Sicilia” provenienti da altri Paesi esteri.
