Dopo 28 anni dal suo compimento, l’omicidio di Nada Cella potrebbe finalmente essere giunto a una svolta. Dopo numerose incertezze, annullamenti di processi, ricorsi e continui appelli da parte della famiglia della 25enne, il prossimo 6 febbraio il caso della segretaria di Chiavari tornerà in Aula. I giudici della Corte di appello di Genova hanno infatti accolto il ricorso della Procura contro il proscioglimento di Anna Lucia Cecere, Marco Soracco e Marisa Bacchioni.
I tre sono stati dunque rinviati a giudizio e dovranno rispondere delle accuse loro rivolte. Il 2025 potrebbe dunque diventare l’anno della giustizia per Nada Cella, il cui omicidio resta ancora oggi un giallo. Il caso è stato riaperto nel 2021 dalla criminologa Antonella Delfino Pesce e dall’avvocata della famiglia Cella, Sabrina Franzone. Dopo un primo riscontro negativo da parte della giudice Nutini che, lo scorso marzo, avrebbe prosciolto Cecere, Bacchioni e Soracco, in quanto aveva giudicato gli elementi raccolti dalla Procura solamente come “sospetti” e quindi non sufficienti per la formulazione “di una ragionevole previsione di condanna“, ora il processo sembra perseguibile.
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“Ho il cuore più leggero, sono contenta. È una restituzione di verità e giustizia“, ha dichiarato emozionatissima la madre di Nada Cella, a seguito della notizia sulla riapertura del caso di sua figlia. Dopo 28 anni di dubbi e soprattutto di mancata giustizia, nella consapevolezza che un assassino è ancora a piede libero, la notizia della riapertura del caso sembra finalmente una ventata di aria fresca.
“Sono contenta, perché è quello che si meritava la famiglia. Il lavoro della polizia e della procura è stato fuori misura ed era ingiusto che non ci fosse un processo anche per questo“, ha poi aggiunto la legale dei famigliari della vittima, pronta a portare avanti un caso che per troppo tempo è rimasto senza risposta.
Fiduciosa nell’innocenza della sua cliente è invece Giovanni Roffo, legale di Anna Lucia Cecere che ha sottolineato l’assenza di condanne fino a questo momento e i mancati cambiamenti nel caso dal proscioglimento del gip a questo nuovo processo. “Continueremo con determinazione perché per noi Cecere non c’entra” ha poi aggiunto l’avvocato.
Caso Nada Cella, un processo a 28 anni di distanza
Nada Cella è stata brutalmente uccisa il 6 maggio 1996, nello studio in cui era dipendente a Chiavari, in provincia di Genova. La giovane, segretaria del commercialista Marco Soracco, sarebbe stata trovata senza vita proprio da quest’ultimo. Secondo la sua dichiarazione, l’avrebbe trovata immersa in una pozza di sangue in preda a degli spasmi muscolari. Il commercialista avrebbe quindi avvisato sua madre, residente al piano di sopra rispetto al locale in cui si trovava Cella e avrebbe poi chiamato i soccorsi. Secondo una ricostruzione, la giovane sarebbe stata colpita alla testa e al pube con un oggetto contundente che non è mai stato ritrovato
La 25enne sarebbe però giunta in condizioni gravissime in ospedale, dove sarebbe morta a seguito di una breve agonia. Da quel momento le indagini si sarebbero concentrate su vari punti oscuri riguardanti la morte della ragazza. Innanzitutto, il 6 maggio del 1996 era un sabato, giorno in cui Nada Cella non avrebbe dovuto lavorare. Soracco ha dichiarato di non sapere per quale motivo la giovane si sarebbe presentata nello studio e di non averla vista prima dell’aggressione. Le indagini, però, si sono immediatamente concentrate su di lui e su sua madre, anche se gli inquirenti non sarebbero riusciti a dimostrare la loro eventuale partecipazione all’omicidio, tanto che nel 1998 i due furono scagionati.
I sospetti, quindi, si concentrarono su Anna Lucia Cecere che, secondo gli inquirenti, avrebbe voluto il posto di lavoro di Cella nello studio del commercialista. In poco tempo, però, questa possibilità fu archiviata. Nel 2019 sembrerebbe però che Cecere abbia minacciato con messaggi vocali la criminologa Antonella Pesce Delfino e nel 2021 vennero riaperte le indagini, grazie alla presenza di nuovi indizi che avrebbero potuto aggiungere dettagli al caso. Grazie a nuove tecnologie, infatti sembrerebbe che sia stato possibile individuare su una sedia dell’ufficio e poi sigli indumenti della ragazza due profili di Dna, uno maschile e uno femminile, oltre a un’impronta digitale.
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