A Lampedusa le barche provenienti dal Nordafrica ormai fanno la fila in attesa di far sbarcare i migranti: sono oltre cento quelle arrivate nelle ultime 24 ore sull’isola, polverizzando tutti i record precedenti, e nell’hotspot di Contrada Imbriacola stazionano ormai cinquemila persone a fronte di una capienza di poche centinaia, mentre la nave Diciotti della Guardia Costiera ha raccolto autonomamente un altro migliaio di migranti.
Una situazione esplosiva, insomma, come nel 2016, che il governo dovrà sempre più fronteggiare da solo, visto che Francia e Germania hanno blindato le frontiere per impedire arrivi indesiderati dall’Italia: che si tratti di una svolta dettata dall’emergenza o di una mossa elettorale per mettere il centrodestra in difficoltà alla vigilia delle elezioni europee cambia veramente poco: quest’anno i lucrosi traffici dei migranti dai Paesi africani e dalle rotte dell’Asia, la perenne situazione di instabilità in Libia e l’accordo con la Tunisia che sta funzionando solo parzialmente stanno portando i flussi migratori a livelli insostenibili, che non possono essere gestiti da un solo Paese. Ma pensare che possa esserci un cambiamento virtuoso nella solidarietà europea sarebbe una mera illusione. Infatti il ministro dell’Interno francese Darmanin ha annunciato la blindatura definitiva del confine tra Mentone e Ventimiglia, sostenendo che nelle ultie settimane è stato registrato un aumento del 100% dei flussi, e da Berlino è arrivato lo stop ai processi di selezione dei richiedenti asilo in arrivo dall’Italia nell’ambito del “meccanismo di solidarietà volontaria”.
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Intendiamoci, sia Francia che Germania si muovono sulla base delle norme comunitarie, e il problema sono i cosiddetti “dublinanti”, cioè quei migranti che sbarcano e chiedono asilo da noi, ma poi se ne vanno in giro nel resto d’Europa da uomini liberi. In virtù del Regolamento di Dublino, però, quando vengono rintracciati possono essere rimandati indietro, perché le norme dell’accordo prevedono appunto che sia il Paese di primo approdo – in questo caso, l’Italia – a valutare la domanda d’asilo e quindi a farsi carico dello straniero fino all’esito della procedura. Ma questo è solo una delle distorsioni logiche di un Regolamento che condiziona la gestione dei migranti in Europa a sfavore dei Paesi mediterranei. Ma il dialogo tra sordi che va avanti da anni ha finora impedito ogni modifica, nonostante le ripetute promesse della Commissione europea. Di piani per un’equa ripartizione dei migranti nell’Unione ne sono stati presentati molti, ma l’Italia si è fatta male da sola prima firmando troppo superficialmente quel Regolamento ai tempi del secondo governo Berlusconi – anche se allora non era alle viste nessuna emergenza migratoria dall’Africa –, ma soprattutto quando il governo Renzi trattò più flessibilità nei conti pubblici accettando che l’Italia diventasse di fatto il più grande hot spot d’Europa, e la situazione non è mai cambiata.
Con le elezioni comunitarie vicine, le posizioni dei singoli Paesi sono destinate ad irrigidirsi progressivamente: del resto, Francia e Germania si sono richiamate spesso al diritto internazionale e alle norme europee per indurre Italia e Malta a rispettare “i diritti fondamentali delle persone”, ma la predica è sempre arrivata dai pulpiti sbagliati in tema di diritti umani, vista la durezza con cui il governo Macron tratta sistematicamente gli immigrati e visto che ai tempi del governo Merkel i dublinanti furono rispediti addirittura sedati da Berlino in Italia. Gli impegni più volte sottoscritti di fornire tutta l’assistenza necessaria ai Paesi di primo ingresso sono stati purtroppo disattesi, e l’Italia dovrà ancora una volta fare tutto da sola, alle prese con la maledizione di Dublino.
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