Migranti, Csm chiede pratica di tutela per i giudici di Bologna: “C’è inaccettabile condizionamento”

I consiglieri avrebbero fatto riferimento a "dichiarazioni fortemente polemiche di titolari di altissime cariche istituzionali" che potrebbero "determinare una inaccettabile pressione sui giudici" e avrebbero poi chiarito che l'ordinanza dei giudici bolognesi "è priva di ogni contenuto decisorio"

Redazione
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Il Comitato di presidenza del Consiglio superiore di magistratura (Csm) ha depositato questa mattina un documento di “richiesta urgente” per l’apertura di una pratica atutela della indipendenza e autonomia dei magistrati del collegio giudicante di Bologna, e in particolare del suo presidente, e della stessa magistratura“. Questa sarebbe la risposta del Csm ai timori dei magistrati bolognesi, finiti nell’occhio del ciclone dopo aver rinviato alla Corte di giustizia europea il decreto legge del 21 ottobre 2024 sui Paesi sicuri.

La richiesta è stata presentata dai togati di Area, Md, Unicost, gli indipendenti Fontana e Mirenda, e 3 laici, ovvero Roberto Romboli (eletto in quota Pd), Michele Papa (M5S) ed Ernesto Carbone (Iv). Tra i sette togati della magistratura indipendente, tre hanno deciso di non sottoscrivere il documento. La notizia giunge nel giorno in cui si terrà l’assemblea dell’Associazione nazionale magistrati, indetta dal presidente Giuseppe Santalucia, e prevista nel pomeriggio a Bologna. A questa sembrerebbe che parteciperanno alcuni dei consiglieri che hanno sottoscritto la richiesta urgente, tra cui gli indipendenti Fontana e Mirenda, la togata di Md Miele e il togato di Area Cosentino.

La richiesta inviata dal Comitato farebbe riferimento ai possibili pericoli che l’indipendenza e l’autonomia della magistratura potrebbero correre, in particolare a seguito della reazione del mondo della politica alla richiesta di rinvio del decreto legge. I magistrati avrebbero infatti fatto riferimento a dichiarazioni fortemente polemiche di titolari di altissime cariche istituzionali” che potrebbero “determinare una inaccettabile pressione sui giudici e un condizionamento per quelli che in futuro si dovranno occupare delle medesime questioni“.

Migranti, Csm: “A rischio l’indipendenza dell’intera magistratura

All’interno della richiesta presentata sono elencate le motivazioni che avrebbero spinto la categoria ad agire con riferimento alla Corte Ue, con l’obiettivo di salvaguardare l’integrità del sistema giuridico e dell’intera magistratura. Sembrerebbe, secondo i giudici, che le dichiarazioni pronunciate dalle cariche dello Stato non sarebberoin nessun modo correlate al merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell’ordinanza e gravemente delegittimanti dei magistrati che l’hanno pronunciata e di tutta la magistratura“.

Inoltre, secondo i firmatari del documento, sembrerebbe che queste dichiarazioni siano state “accompagnate e seguite” su alcuni organi di stampa dall’esposizione mediatica di fatti riguardanti la vita personale dei giudici coinvolti. Queste informazioni rese pubbliche, infatti, non sarebbero limitate “agli interventi pubblici svolti da questi ultimi nel corso degli anni ma attinente direttamente alla sfera della loro vita privata e familiare“. Secondo i consiglieri, dunque, questa situazione non farebbe altro che esercitare una “inaccettabilepressione sui giudici che hanno emesso l’ordinanza, oltre a “vulnerare l’indipendenza dell’intera magistratura“.

Csm: “L’ordinanza dei giudici è priva di contenuto decisorio

Il documento, inoltre, è necessario per chiarire che l’ordinanza dei giudici di Bologna è priva di ogni contenuto decisorio e si limita ad attuare il disposto dell’articolo 267 Tfue” che prevede che tutti gli organi giurisdizionali degli Stati membri possano interpellare la Corte di giustizia sulle questioni relative all’ interpretazione dei trattati e degli atti delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell’Unione. Il Tribunale di Bologna avrebbe infatti deciso di rivolgersi alla Corte per comprendere in che modo comportarsi con il caso di un richiedente asilo bengalese, che stava presentando ricorso poiché la sua richiesta non sarebbe stata accettata.

I magistrati avrebbe rinviato il caso alla Corte Ue di fatto contestando il principio per cui una Nazione può essere considerata sicura anche quando minoranze di territorio o di popolazione non lo sono. I magistrati, per far comprendere il loro dubbio, avrebbero presentato un esempio riguardante la Germania nazista, cioè sostenendo che questa avrebbe potuto essere considerata un Paese sicuro per la maggior parte della sua popolazione, ad esclusione di ebrei, omosessuali, oppositori politici e rom.

Allo stesso modo, quindi, il Bangladesh potrebbe essere un Paese considerato sicuro per coloro che non appartengono alla comunità Lgbtqi+, per le vittime di violenza di genere, per le minoranze etniche e religiose e per gli sfollati climatici. Secondo i giudici, allora, il decreto legge del 21 ottobre sarebbe “un atto politico, determinato da superiori esigenze di governo del fenomeno migratorio e di difesa dei confini, prescindendo dalle informazioni e dai giudizi espressi dai competenti uffici ministeriali in ordine alle condizioni di sicurezza del Paese designato“.

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