Mahmoud, un omicidio e tanti interrogativi

La vicenda di Mahmoud, il giovane ragazzo mutilato a Genova per il semplice fatto di voler abbandonare il lavoro sembra una storia surreale. È stato davvero ucciso per questo banale motivo?

Lucrezia Caminiti
6 Min di lettura

Tre colpi di punteruolo dritti al cuore hanno spento per sempre le speranze di vita di Mahmoud Abdalla. Il giovane, appena maggiorenne, è stato ucciso e poi fatto a pezzi dal suo datore di lavoro, complice il collega. Il perché sembra assurdo. Ripercorriamo tutte le dinamiche dell’omicidio.

La dinamica dei fatti

Mahmoud è stato ucciso nella notte tra domenica 23 e lunedì 24 luglio e il corpo ritrovato nel porticciolo di Santa Margherita Ligure, fatto a pezzi. Al ragazzo mancavano le mani e la testa, forse per rendere più complicato identificare il cadavere. Questo è solo uno dei tanti perché del caso. Facciamo un altro passo indietro, per vedere ancora più chiaramente tutti gli altri.

C’era un negozietto, una barberia nei pressi di Chiavari, in provincia di Genova. È qui che lavorava Mahmoud, molto bravo come parrucchiere, insieme ad Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel e di Mohamed Ali Abdelghani, datore di lavoro e collega di lui, identificati poi come gli assassini del diciottenne e accusati dalla procura di omicidio e soppressione di cadavere. Erano due mesi che Mahmoud lavorava per loro ma sembrava già essere apprezzatissimo tra i clienti, che chiedevano spesso di lui per farsi tagliare capelli e barba. Il ragazzo però non era soddisfatto dello stipendio di 1.200 euro al mese visto che con quei soldi doveva, oltre che viverci a Genova, mantenere la sua famiglia in Egitto.

Il movente dell’omicidio di Mahmoud

È per questo motivo che, pochi giorni prima di essere mutilato, aveva fatto una prova, da un altro barbiere, che gli avrebbe offerto condizioni di lavoro più agevoli e uno stipendio più alto. Questo ai due barbiere/macellai di Chiavari non stava affatto bene. Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel e di Mohamed Ali Abdelghani, scoperto il “tradimento” lavorativo non ci hanno visto più e perdere dei clienti a causa delle dimissioni del ragazzo sembrava inaccettabile.

Quindi, che si fa quando un dipendente di 18 anni minaccia di cambiare posto di lavoro? Lo si invita a discuterne in privato, di sera, nella propria abitazione. Ebbene sì, il proprietario di casa insieme all’altro dipendente avrebbero convocato Mahmoud nella casa di Sestri Ponente per cercare di dissuaderlo dal lavorare per la concorrenza.

È qui che sopraggiungono le altre due stranezze. La prima è il movente su cui poggia tutta questa storia: un ragazzo è stato ucciso dal titolare e da un collega, perché dopo due mesi voleva cambiare posto di lavoro e guadagnare di più facendo il parrucchiere. E già così fa riflettere. In secondo luogo, senza indagare i rapporti interpersonali tra datore e collega sembra strano invitare, di sera, un dipendente a casa per convincerlo a rimanere a lavorare per te.

La decapitazione

Passiamo alla parte dell’omicidio vera e propria e alle sue incongruenze. Mahmoud è morto a causa delle coltellate inflitte al cuore da parte dei due complici all’interno dell’appartamento. Successivamente, dopo averlo ucciso, hanno nascosto il corpo all’interno di una valigia e trasportato in un taxi da Genova a Chiavari. Arrivati in una spiaggia i due hanno smembrato il cadavere di Mahmoud Abdalla tagliando prima la testa, poi le mani e infine lanciato i pezzi del suo corpo nell’acqua del fiume Entella. Dopo un paio di giorni tutta la vicenda è tornata a galla.

Oltre al movente che appare debole anche l’efferatezza del crimine sembra sproporzionata. Se l’omicidio non era progettato, allora i due complici dovevano essere provvisti di grandi doti organizzative e sangue freddo per invitare il ragazzo nell’appartamento, pugnalarlo, avere a portata di mano la valigia adatta per trasportare un corpo, chiamare un taxi, andare in una spiaggia, tagliare testa e mani e lanciarlo in acqua. Sembra un piano molto articolato. Ciò che fa rabbrividire di più nella vicenda è lo smembramento del corpo e nello specifico la recisione della testa e le mani: una pratica davvero complicata se non si hanno i giusti mezzi e competenze. Come hanno fatto a recidere con così tanta freddezza una testa umana e le mani? Con quale strumento? Oggi, 2 agosto, arrivano nuove informazioni sull’arma del delitto, un coltello e una sciabola. Quest’ultimo non è un arnese così comune da trovare in casa.

49 minuti per recidere testa e mani

Altro fattore interessante sarebbe il tempo. Secondo le telecamere di sicurezza, che hanno incastrato i macellai/barbieri di Chiavari, i due avrebbero smembrato il corpo con estrema facilità. I complici avrebbero tagliato mani, testa e scaricato il cadavere nel fiume in soli 49 minuti. La telecamera di sorveglianza in strada che li ha inchiodati mostra i due mentre trascinavano in spalla la grande valigia alle 3:07 del mattino. Il video li “segue” fino alla pista ciclabile lungo la sponda destra del fiume Entella poi, non essendoci più telecamere, i due scompaiono per ricomparire alle 4:10, con una valigia molto più leggera, non più portata in spalla ma in mano con molta non calanche.

Sarà tutta qui la storia? Non ci sono altre verità che verranno portate a galla? Non si sa, l’unica cosa certa è che Genova è stata teatro di una dei crimini più efferati e violenti di tutta Italia.

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