IPM, vite tradite. Immaginate un bambino appena nato. Piccolo, fragile, con un futuro tutto da scrivere. Nei suoi primi giorni di vita, tutto sembra possibile: un’esistenza ricca di opportunità, relazioni e successi. Ma poi, qualcosa cambia. Quella stessa infanzia, che avrebbe dovuto essere un terreno fertile per sogni e ambizioni, diventa un deserto fatto di mancanze: abbracci non dati, parole mai pronunciate, stimoli assenti. “Pensiamo che tutto inizi quando un ragazzo commette un reato, ma la verità è che tutto potrebbe cominciare molto prima, nei suoi primi 1000 giorni,” spiega Rosa Monachelli, operatrice della nascita dell’associazione Il Melograno di Roma.
Questo filo spezzato non si interrompe all’improvviso. Si logora con il tempo: una culla che non è mai stata luogo di amore, una mano che non ha mai saputo accarezzare, una società che non ha mai offerto una seconda possibilità. E poi, un giorno, quel bambino diventa un ragazzo, e il suo destino lo porta in un Istituto Penale per Minorenni (IPM).
Leggi Anche
I primi 1000 giorni
Dietro ogni ragazzo che entra in un IPM ci sono infanzie rubate e sogni mai nati. Ogni cancello che si chiude racconta una storia di abbandono e povertà educativa, di privazioni materiali ed emotive che avrebbero potuto essere evitate. È proprio nei primi 1000 giorni di vita che tutto si decide: è in questo periodo che si costruiscono le connessioni neurali che plasmeranno per sempre il cervello.
“Il massimo sviluppo delle sinapsi cerebrali avviene nei primi 1000 giorni di vita. In questo arco di tempo – spiega Monachelli – se mancano ambienti di apprendimento adeguati, cure amorevoli e protezione, molte connessioni neurali non si formano o vengono eliminate. Questo limita per sempre le capacità cognitive, emotive e sociali di un bambino.” In questa fase delicata, ogni esperienza, positiva o negativa, modella profondamente il cervello. E le esperienze negative, se non compensate, possono lasciare segni permanenti.
Ed è qui che entra in gioco il discorso della prevenzione, per Monachelli “non possiamo aspettare che i problemi emergano. Dobbiamo agire prima, fornendo sostegno alle famiglie già durante la gravidanza.” A spiegarlo il modello della Nurturing Care, sviluppato dall’OMS, Unicef e Banca Mondiale. Questo approccio combina salute, nutrizione, protezione, apprendimento precoce e genitorialità responsiva per garantire ai bambini il miglior inizio possibile. “La Nurturing Care non è solo un insieme di azioni. È una visione. È la chiave per interrompere il ciclo del disagio e della povertà educativa,” spiega Monachelli.
IPM, sostenere la genitorialità per spezzare i cicli di disagio
L’associazione Il Melograno – Centri Informazione Maternità e Nascita, fondata nel 1981, fa proprio questo, si occupa di supportare le famiglie sin dalla gravidanza per promuovere una genitorialità responsiva. Con sedi in tutta Italia, l’associazione lavora per garantire a ogni bambino un ambiente di crescita sicuro e stimolante, attraverso consulenze, corsi e interventi mirati come l’home visiting, in cui operatori formati visitano le famiglie a domicilio, fornendo supporto personalizzato.
Rosa Monachelli ha spiegato: “Le azioni di accompagnamento alla genitorialità messe in campo precocemente, in particolare nelle situazioni di vulnerabilità, concorrono infatti ad interrompere il ciclo dello svantaggio sociale ed è stato dimostrato che anche piccoli cambiamenti nella direzione di rafforzare nei genitori il senso di sicurezza e di fiducia nelle proprie capacità possono avere effetti importanti a lunga distanza“.
La soluzione dell’home visiting
Uno degli strumenti più efficaci per implementare la Nurturing Care è il programma di home visiting: “Il contatto diretto con le famiglie nel loro ambiente quotidiano permette di costruire relazioni di fiducia e di intervenire precocemente su eventuali criticità,” spiega Monachelli. Attraverso il dialogo e l’osservazione, gli operatori possono aiutare i genitori a sviluppare competenze genitoriali, spezzando quel ciclo di disagio che potrebbe essere stato instaurato da generazioni e generazioni.
Questo perché il modello della Nurturing Care e l’home visiting non agiscono solo nel presente, ma prevengono problemi futuri: “Un bambino cresciuto in un ambiente di cura, con un adulto responsivo, sarà un adulto più sano, più capace di apprendere e di contribuire alla società,” afferma Monachelli. Questi aiuti forniti da operatori professionisti riescono a interrompere la trasmissione intergenerazionale della povertà e, di conseguenza, riuscirebbero a cambiare le sorti del bambino, implementando modelli positivi fin dai primi giorni di vita, e facendogli capire la differenza tra bene e male, giusto e sbagliato, amore e cura invece di violenza e abbandono.
Non solo, ignorare l’importanza dei primi 1000 giorni, oltre ad essere qualcosa che può segnare in maniera irreparabile la vita di qualcuno, comporta anche uno svantaggio in temini economici oltre che sociali. “Ogni euro investito nei primi anni di vita genera un ritorno di 13 euro,” ricorda Monachelli, citando dati della Banca Mondiale. Al contrario, mantenere un ragazzo in un IPM costa circa 90.000 euro all’anno, senza contare i costi delle recidive e dell’impatto sociale.
Dove sono la comunità e le istituzioni?
La prevenzione, quindi, non riguarda solo i genitori, ma l’intera società. “Se ogni famiglia fragile fosse sostenuta da un team di supporto sin dalla gravidanza, quante storie di devianza potremmo evitare?” domanda Monachelli. Purtroppo, almeno Italia, questo rimane ancora ancora un universo lontano, incompreso ai molti e soprattutto alle istituzioni e alla politica, che ha deciso di adottare altri modi per cercare di recuperare il reo.
In un mondo che funzioni ci sarebbero interventi precoci e coordinati tra settore sanitario, educativo e sociale. Creare un ambiente favorevole alla crescita, significa abbandonare un sistema che interviene (se interviene) incrementando le pene di detenzione o garantendo meno possibilità alle donne, adolescenti e non, chiuse in cella con i loro bambini.
La verità è che, come spiega Monachelli “dietro ogni ragazzo detenuto c’è una storia di abbandono e trascuratezza che potevamo prevenire” e che “gli Istituti Penali per Minorenni non devono essere solo luoghi di correzione, ma un monito per la società“. Il futuro di un bambino si decide nei suoi primi 1000 giorni. È in questo periodo che possiamo fare la differenza, trasformando il potenziale in realtà.
Investire nella Nurturing Care e nell’home visiting non è solo un dovere etico, ma una scelta strategica per costruire una società più giusta e inclusiva. Come ricorda Monachelli: “Il cambiamento comincia oggi, dalle culle. Ogni bambino merita un futuro migliore, e spetta a noi dargli gli strumenti per costruirlo“.
© Riproduzione riservata