“Con la massima attenzione“, l’ambasciata d’Italia a Dakar e il corrispondente consolare a Guinea Bissau stanno seguendo la vicenda che ha visto protagonista un’attivista italiana. Si tratta di Valentina Cirelli, imprenditrice del settore alberghiero e presidente dell’associazione ambientalista Tchon Tchomano, che è stata arrestata dalle autorità locali a Varela insieme a quindici altre persone.
Guinea Bissau, la vicenda da vicino
Stando a quanto diffuso dall’Adnkronos, l’episodio risalirebbe allo scorso 18 aprile, quando otto soldati della Guardia nazionale della Guinea Bissau hanno fermato il gruppo dopo un incendio divampato nelle strutture di un progetto di sfruttamento delle sabbie pesanti di Nihinquin. Secondo le prime ricostruzioni della vicenda, al momento, l’attivista non riuscirebbe ad entrare in contatto con i suoi avvocati.
Leggi Anche
Sembrerebbe che in un primo momento, Cirelli, di padre italiano e madre guineana, si sarebbe rifiutata di parlare con il comandante spiegando che stava lavorando. Così, l’attivista sarebbe stata costretta a seguire i militari. Frangente in cui è stata informata del trasferimento a Ingorè per essere formalmente arrestata e ascoltata dalla Procura locale.
Dopo aver trascorso la notte lì tra il 18 e il 19 aprile, l’attivista italiana è stata trasferita in un’altra cella, quella della seconda stazione di polizia di Bissau. Alle 19.58,
Valentina invia l’ultimo messaggio prima che la batteria del suo telefono si scarichi. Il giorno dopo, la domenica di Pasqua, l’avvocato e un amico fanno visita alla donna per 10 minuti, portandole vestiti, cibo e prodotti per l’igiene personale, e la polizia le ha consesso di telefonare brevemente suo padre, prima di confiscarle nuovamente il cellulare. Il console onorario italiano ha avuto la possibilità di farle visita per un’ora, mentre gli avvocati no: la polizia non ha permesso ai difensori di contattarla a causa di “ordini superiori”.
Quindi il giorno successivo, Cirelli viene condotta al Ministero dell’Interno, senza aver prima potuto incontrare gli avvocati, e poi rimandata nella stessa cella della stazione di polizia di Bissau. Ancora ieri la polizia non ha permesso agli avvocati di contattarla a causa di “ordini superiori“, mentre oggi hanno tentato di consegnare una richiesta di Habeas Corpus, allo scopo di inoltrarla al giudice per le indagini penali, ma gli agenti si sono rifiutati di riceverla.
La Farnesina ha reso noto che l’ambasciata d’Italia a Dakar e il corrispondente consolare a Bissau stanno seguendo la vicenda con la massima attenzione e si mantengono in contatto con l’attivista. L’ambasciata ha contattato le autorità della Guinea Bissau per ottenere informazioni sullo status della donna e per chiedere che le vengano garantiti i diritti.
Secondo le informazioni che è stato possibile captare, e stando a quanto sostenuto da Il Giornale, la donna sarebbe accusata di aver preso parte a delle manifestazioni con atti vandalici ai danni di una società cinese, titolare di una concessione per lo sfruttamento del suolo per l’estrazione di minerali. Per il momento, l’attivista resta in stato d’arresto nonostante non le sia stato ancora contestato alcun reato.
© Riproduzione riservata