Graziano Mesina, considerato il capo di un’organizzazione criminale sarda, è morto all’età di 83 anni. La sua morte è avvenuta poche ore dopo la sua scarcerazione avvenuta ieri per motivi di salute. L’ex primula rossa del banditismo sardo, secondo quanto emerso, era nella fase terminale di una malattia oncologica ed aveva ottenuto il permesso di finire gli ultimi momenti di vita fuori dal complesso carcerario nel reparto Pp San Paolo di Milano.
A presentare l’istanza di differimento della pena “per motivi di salute”, presentata nella giornata di ieri al tribunale di Sorveglianza di Milano, ci hanno pensato le avvocate Beatrice Gondi e Maria Luisa Vernier.
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La storia di Graziano Mesina
Graziano Mesina fu arrestato nel 2013, quando aveva 71 anni, poiché ritenuto al comando di un’organizzazione criminale sarda che puntava al traffico internazionale di stupefacenti e sequestri. Per questo motivo Mesina fu condannato a 30 anni nel processo d’appello svolto a Cagliari nel 2018.
Nel 2019, per la decorrenza dei termini, l’uomo tornò in libertà, ma nel 2020 i carabinieri si recarono nella sua abitazione per notificargli la sentenza della Cassazione che aveva stabilito il ritorno in carcere, tuttavia non lo trovarono. Venne, quindi, inserito nella lista dei latitanti più pericolosi da ricercare e nel 2022 venne riconosciuto a Desulo e venne trasferito nel carcere di Opera, a Milano.
Alla base della decisione la grave malattia
Secondo quanto emerso, i giudici della Sorveglianza di Milano hanno accolto, quindi, l’istanza prendendo atto delle gravi condizioni di salute di Mesina, le quali sarebbero incompatibili con la vita in carcere. Sulla vicenda sono intervenute le avvocate Beatrice Gondi e Maria Luisa Vernier che hanno riferito delle condizioni di salute che “negli ultimi due mesi sono precipitate ed è stata diagnostica una patologia oncologica che si è ormai diffusa”.
Secondo il racconto delle due avvocate, “a causa della malattia non può più camminare, non si alimenta e non parla”. Inoltre, hanno rivelato come “nel reparto penitenziario dell’ospedale San Paolo hanno deciso che non è più curabile, ma gli viene negata la possibilità di avere un altro parere medico di un altro ospedale”.
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