Fine vita, avvocatura dello Stato: “Nessun diritto al suicidio”. Cappato: “Non giriamoci dall’altra parte”

L'avvocatura dello Stato, nel corso dell'udienza pubblica sul fine vita, ha dichiarato la non esistenza di un "diritto al suicidio"

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Fine vita: “Non esiste alcun diritto al suicidio“. Queste le parole dell’avvocato dello Stato Ruggero Di Martino, in Aula davanti alla Consulta nel corso dell’udienza pubblica che si è svolta sul tema. Di Martino ha poi proseguito aggiungendo che non sussiste neanche l’obbligo da parte del personale medico-sanitario di “concorrere a una volontà suicidaria“.

Intervenendo in giudizio in rappresentanza della presidenza del Consiglio, l’avvocatura dello Stato ha quindi preso posizione sulla questione legata dal gip di Milano sull‘articolo 580 del codice penale, sostenendo che va dichiarata “inammissibile o manifestamente infondata“. L’articolo in questione, che sancisce il reato di istigazione o aiuto al suicidio per il quale è prevista una pena massima di 12 anni – nel caso in cui la morte della persona avvenga effettivamente – è stata definita da Di Martino “una norma penale che tutela il diritto alla vita in modo adeguato“.

No al fine vita, Cappato: “Un dovere morale non girarsi dall’altra parte”

Sulle dichiarazioni dell’avvocatura dello Stato è intervenuto Marco Cappato. Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, che da anni si impegna a sostenere il percorso di chi sceglie di ricorrere al suicidio assistito, ha sottolineato l’importanza di continuare a lottare per garantire la possibilità di autodeterminazione di coloro che intendono ricorrere alle procedure di fine vita.

L’impegno in questa direzione, sostiene Cappato, “Da parte mia è consistito in un dovere, nel dovere morale di non girare la testa dall’altra parte di fronte a condizioni che non avevano altra soluzione se non quella di accettare che la vita proseguisse come una tortura, una condizione di sofferenza insopportabile“.

Sulle affermazioni di oggi dell’avvocato dello Stato alla Consulta, Cappato ha ricordato: “E’ la quarta volta in pochi anni che la Corte costituzionale è chiamata a esprimersi su questo tema ed è il risultato di azioni di disobbedienza civile con autodenuncia per le quali siamo pronti ad assumerci in pieno tutte le nostre responsabilità“. Proprio di pochi giorni fa la notizia del respingimento da parte del Gip di Firenze della richiesta di archiviazione per il caso “Massimiliano”. La giudice ha disposto l’imputazione coatta, a seguito della quale Cappato andrà a processo, insieme a Chiara Lalli e Felicetta Maltese, per aver accompagnato in Svizzera il 44enne toscano affetto da sclerosi multipla.

Fondamentale perciò, secondo Cappato, insistere nel portare avanti strategie di questo tipo, e conclude: “Attendiamo le decisioni nel massimo del rispetto e anche nel massimo della determinazione per continuare questa lotta insieme all’associazione Luca Coscioni affinché sia garantito il diritto di essere liberi di decidere fino alla fine della vita“.

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