Emanuela Orlandi, tra anniversario e ricostruzioni: il Vaticano conosce la verità? 

A 40 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, la procura ha riaperto le indagini. Tra pista terroristica, scandali finanziari e pedofilia, forse anche il coinvolgimento del Vaticano

Red
16 Min di lettura

Emanuela Orlandi scompare a Roma nell’estate del 1983. Ma non si tratta di un caso qualunque, perché Emanuela non è una ragazza qualunque: è una cittadina vaticana. E così, tra depistaggi, testimonianze poco credibili e reticenze del Vaticano, passano 40 anni senza sapere cosa le sia effettivamente successo

All’anniversario della sua scomparsa, ripercorriamo i passaggi più salienti di un mistero che si intreccia con la storia del nostro paese. Una vicenda divenuta così popolare da trarne persino una docu-serie su Netflix: “Vatican Girl”. 

Papa Francesco ricorda Emanuela all’Angelus

All’Angelus in Piazza San Pietro Papa Francesco ricorda Emanuela Orlandi, scomparsa 40 anni fa. Le parole del fratello Pietro Orlandi: “Dal Papa è arrivato un segnale positivo, spero sia ascoltato dai senatori che si stanno opponendo alla Commissione parlamentare di inchiesta perché devono sapere che anche il Papa in questo momento vuole si arrivi alla verità”.

Emanuela Orlandi: la scomparsa

Siamo a Roma nell’estate del lontano 1983. È un mercoledì del 22 giugno. Sono le quattro del pomeriggio quando Emanuela Orlandi, di 15 anni, esce di casa – ovvero dalle mura vaticane – per recarsi all’accademia musicale Tommaso Ludovico da Victoria, dove frequenta oramai da qualche anno i corsi di pianoforte, flauto traverso, canto corale e solfeggio. 

Una volta arrivata alla scuola, situata in Piazza Sant’Apollinare, Emanuela segue le due lezioni di flauto e di canto corale. Poi, intorno alle 19, chiama a casa per informare che farà un po’ più tardi del previsto. Dall’altro capo della cornetta le risponde la sorella Federica, alla quale comunica di aver ricevuto un’offerta di lavoro da parte di un funzionario della Avon, la ditta di cosmetici. Federica, però, le sconsiglia di accettare quel lavoro, ma Emanuela le risponde che ne parlerà con i genitori. E riattacca. Da questo momento, i familiari non avranno più notizie da parte sua

Emanuela Orlandi: la denuncia della scomparsa

Sono le nove e mezza di sera, in casa Orlandi l’apprensione è palpabile: Emanuela non è solita fare così tardi, deve esserle successo qualcosa di spiacevole. Il padre, Ercole Orlandi, messo vaticano, decide di andarla a cercare insieme al figlio Pietro. Vengono raggiunti anche dallo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi, che giunge insieme anche a suo figlio. Nel frattempo, il resto della numerosa famiglia Orlandi – la madre Maria Pezzano, e le tre sorelle di Emanuela: Federica, Natalina e Maria Cristina – inizia a chiamare amici e compagni di classe della ragazza, per sapere se si trovi con loro. 

Niente. Le ore passano senza ricevere nessuna notizia. Così, la famiglia si reca al Commissariato “Trevi”, in Piazza del Collegio Romano, per denunciare la scomparsa di Emanuela. La denuncia, però, verrà formalizzata soltanto il giorno seguente all’Ispettorato di Pubblica Sicurezza Vaticano. 

Emanuela Orlandi: i media, le prime testimonianze

Il 24 giugno i quotidiani Il Tempo e Il Messaggero annunciano la scomparsa di Emanuela Orlandi, allegando una foto che la ritrae con una fascetta sulla fronte. L’articolo pubblicato dai due giornali contiene una richiesta di aiuto della famiglia e i recapiti telefonici. Di lì a poco, tutta Roma verrà tappezzata dalla foto di Emanuela, che diviene “la ragazza con la fascetta”, quasi un’icona pop. 

Nei giorni seguenti, il telefono di casa Orlandi viene inondato di chiamate. Tra mitomani e testimonianze poco credibili, dal 25 al 28 giugno arrivano anche due chiamate più attendibili. Si tratta di quelle dei presunti “Pierluigi” e “Mario”, uomini che affermano di aver visto una ragazza simile ad Emanuela, che però si sarebbe presentata loro come “Barbara”. Pierluigi e Mario danno alcune informazioni sulla ragazza avvistata che sembrano rispecchiare la personalità di Emanuela, ma rifiutano un incontro con gli inquirenti.  Inoltre, in quegli stessi giorni, un agente della Polizia di Stato e un vigile urbano affermano di aver visto Emanuela parlare con un uomo a poca distanza dal Senato. Nonostante ne venga fatta una precisa descrizione fisica, l’uomo in questione non verrà mai identificato. 

Emanuela Orlandi: l’ipotesi del sequestro

Sono passati più di dieci giorni dalla scomparsa di Emanuela. È la domenica del 3 luglio 1983 quando Papa Giovanni Paolo II, durante l’Angelus, rivolge un appello diretto ai responsabili della scomparsa. Queste le sue parole: “Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia la responsabilità di questo caso”.

È così che, per la prima volta, viene ufficializzata l’ipotesi del sequestro. Prima dell’appello di Wojtyla, gli inquirenti avevano espresso la possibilità che potesse trattarsi di allontanamento volontario – ipotesi, questa, mai realmente presa in considerazione dalla famiglia Orlandi. Tuttavia, sorgono molti dubbi sulle parole del Papa: Emanuela non viene da una famiglia ricca e nessuno ha ancora chiamato per chiedere un riscatto. Perché, allora, sarebbe stata sequestrata?

Emanuela Orlandi: l’amerikano e la pista del terrorismo internazionale

Il 5 luglio giunge una chiamata alla sala stampa vaticana. Dall’altro capo c’è un uomo dall’accento anglosassone, che per questo passerà alla cronaca come “l’amerikano”. L’uomo afferma di tenere in ostaggio Emanuela Orlandi, sostenendo la complicità dei sedicenti “Pierluigi” e “Mario”. Chiede l’attivazione di una linea telefonica diretta con il Vaticano e detta un codice, l’158, per contattare il cardinale Agostino Casaroli, all’epoca Segretario di Stato della Santa Sede. L’amerikano promette la liberazione di Emanuela in cambio di quella del terrorista Mehmet Ali Ağca, l’uomo che due anni prima ha sparato a Giovanni Paolo II. La richiesta dovrà essere soddisfatta entro il 20 luglio. Da questo momento viene vagliata l’ipotesi che i responsabili del sequestro siano gli esponenti dei Lupi Grigi, l’organizzazione terroristica cui Ağca era affiliato. 

Il 17 luglio, su indicazione dei rapitori, viene fatta trovare vicino alla sede dell’ANSA un’audiocassetta in cui si ribadisce la richiesta di scambio con Ağca, ma non solo questo. Nel nastro è registrata anche la voce di una ragazza che implora aiuto, dicendo di sentirsi male. Il padre Ercole crederà che si tratti di sua figlia, ma gli inquirenti rassicurano la famiglia: quella è la voce di un film porno, forse uno snuff movie. Tuttavia, l’ex agente della DIGOS Antonio Asciore dichiarerà che il nastro consegnato alla famiglia Orlandi non è quello originale. 

Il 20 luglio, ovvero il giorno della scadenza prefissata per lo scambio Ağca – Orlandi, la richiesta dei presunti sequestratori non viene accolta per la mancanza di prove che Emanuela sia ancora in vita. Il 27 luglio Papa Giovanni Paolo II convoca i genitori di Emanuela e comunica loro che la scomparsa della ragazza è legata a un’organizzazione terroristica. Più tardi, alla Vigilia di Natale del 1983, dirà alla famiglia: “Cari Orlandi, voi sapete che esistono due tipi di terrorismo, uno nazionale e uno internazionale. La vostra vicenda è un caso di terrorismo internazionale”. Ed è da questo momento in poi che il caso Orlandi si intreccerà alle vicende più misteriose della Storia di quegli anni. 

Emanuela Orlandi: l’ipotesi Turkesh

Il 4 agosto del 1983 alla sede dell’ANSA di Milano arriva un comunicato con un nuovo ultimatum. Quello che si chiede, è di nuovo lo scambio tra il terrorista Ağca e la cittadina vaticana Emanuela Orlandi. Il messaggio stavolta ha qualcosa di diverso, perché reca la firma di un gruppo fino a quel momento sconosciuto: il Fronte di Liberazione Turco Anticristiano “Turkesh”. Il nome deriva da Alparslan Turkesh, fondatore dei Lupi Grigi, ovvero il movimento estremista nazionalista turco di cui fa parte anche Ali Ağca. Durante questa chiamata, inoltre, il rapimento di Emanuela viene messo in relazione al caso di Mirella Gregori, quindicenne romana scomparsa nel maggio dello stesso anno. Da agosto in poi, il fronte Turkesh invierà comunicati che dimostreranno la conoscenza di dettagli su Emanuela. Nella trattativa viene inserita anche Mirella Gregori. La richiesta è sempre la stessa: liberate Ağca. 

Una richiesta che a settembre diventa ossessiva. Intanto, gli inquirenti iniziano a collegare i casi Gregori e Orlandi. Un’organizzazione criminale potrebbe aver scelto le due ragazze in base alla loro nazionalità: vaticana la Orlandi, per sensibilizzare il Papa, italiana la Gregori, per premere sul Quirinale. L’obiettivo finale? Indurre Ağca a rimangiarsi le accuse rivolte verso i bulgari, che per estensione puntavano il dito contro Mosca. L’ultimo comunicato del fronte Turkesh risale al 27 novembre del 1985, dove vengono descritti alcuni particolari sulla vita di Emanuela. Da questo momento in poi, cesseranno le chiamate sia da parte dei Turkesh che da parte dell’amerikano. 

Emanuela Orlandi: la Banda della Magliana

Chiusa la prima inchiesta, il caso viene riaperto a seguito delle testimonianze di Sabrina Minardi, ex compagna del boss criminale Enrico De Pedis – il Dandi di Romanzo Criminale. L’11 luglio del 2005 arriva una telefonata anonima alla redazione del programma Chi l’ha visto?, dove si dice che per risolvere il mistero di Emanuela Orlandi è necessario andare a vedere chi è sepolto nella basilica di Sant’Apollinare e controllare “il favore che Renatino fece al cardinal Poletti”. Si scopre così che ad essere sepolto lì è proprio l’ex boss De Pedis, detto “Renatino”, membro della Banda della Magliana. 

Nel 2006 Sabrina Minardi, ex compagna di De Pedis, concede un’intervista in cui rivela che Emanuela è stata rapita proprio da De Pedis e dai suoi uomini. La ragazza sarebbe stata prima prigioniera in una casa a Torvaianica, poi a Monteverde, per essere infine riconsegnata a un uomo del Vaticano. La Minardi riferisce inoltre che il sequestro Orlandi era stato effettuato per ordine del monsignor Paul Marcinkus, all’epoca dei fatti presidente dello IOR. Tuttavia, nonostante alcuni elementi forniti siano stati riscontrati, la credibilità della donna è stata più volte messa in discussione per via della sua natura contraddittoria e confusionaria. 

Emanuela Orlandi e lo scandalo del Banco Ambrosiano

Legata alla Banda della Magliana è anche la pista finanziaria. Secondo questa ipotesi, gli uomini di De Pedis avrebbero rapito Emanuela per pretendere dal Vaticano la restituzione di una grande somma di denaro. In quegli anni, lo IOR, gestito da Marcinkus, fungeva da tramite tra la Santa Sede e il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, che riciclava denaro da attività legate alla criminalità organizzata. Tramite lo IOR, la Santa Sede avrebbe preso in prestito un’ingente somma di denaro dal Banco Ambrosiano per finanziare il movimento Solidarnosc in Polonia. Secondo altri, i soldi appartenevano in realtà alla ‘Ndrangheta, la quale si sarebbe rivolta alla Banda della Magliana come tramite per effettuare il ricatto. 

Emanuela Orlandi, l’ultima pista: la pedofilia in Vaticano

La pista della pedofilia inizia a delinearsi negli anni 2000, prima con lo scandalo dei preti pedofili di Boston e poi con le affermazioni del giornalista Pino Nicotri e dello stesso Padre Amorth, esorcista molto vicino a Papa Wojtyla. Tuttavia, le indagini in questo senso non erano mai state approfondite. La pista della pedofilia in Vaticano riemerge con forza nel 2016, quando viene resa pubblica la testimonianza di una delle migliori amiche di Emanuela. Secondo la donna – che ha deciso di rimanere nell’anonimato – Emanuela le avrebbe confessato di essere stata “infastidita pesantemente da una persona vicina al Papa” mentre si trovava nei Giardini Vaticani. Quello che si è ipotizzato a partire da questa dichiarazione è che Emanuela sia stata rapita da De Pedis per nascondere uno scandalo sessuale avvenuto proprio tra le mura vaticane. 

Emanuela Orlandi: il punto della situazione, le inchieste 

Tante sono le piste che si sono avvicendate negli anni sul caso della scomparsa di Emanuela Orlandi. Sono state aperte tre inchieste, di cui una è ora in corso. Inoltre, al Senato si sta decidendo se istituire o meno una commissione parlamentare d’inchiesta sui casi di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori. Nel frattempo, il Vaticano ha aperto per la prima volta le indagini. Che sia il momento della verità?

Per i familiari di Emanuela c’è ancora troppa sudditanza nei confronti della Santa Sede. Questo sarebbe dimostrato dal rallentamento nell’approvazione della commissione parlamentare, per la quale il Vaticano ha espresso in più occasioni la sua contrarietà. Intanto, per il 25 giugno Pietro Orlandi ha organizzato un sit-in vicino a Castel Sant’Angelo, durante l’Angelus di Papa Francesco. L’evento è volto a ricordare i 40 anni dalla scomparsa della sorella, ma Pietro ha anche espresso la speranza di un gesto – in extremis – da parte del Papa, poiché si ritiene che egli sappia qualcosa in più sulla sorte di Emanuela.

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