Cecilia Sala, parla la mamma: “Sono un soldato come mia figlia. L’incontro con Meloni mi ha aiutata”

L'ambasciata iraniana ha poi invitato l'Italia a liberare al più presto Mohammed Abedini, ingegnere iraniano arrestato lo scorso 16 dicembre a Malpensa perché ricercato dagli Usa

Redazione
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Un incontro intenso, carico di emozione e speranza, quello tra Elisabetta Vernoni, madre della giornalista Cecilia Sala detenuta in Iran dal 19 dicembre scorso, e la premier Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. La Vernoni, visibilmente provata, ha raccontato ai cronisti il significato profondo di questo confronto, descrivendolo come un momento di conforto e determinazione.

“Va male, è ovvio, però questo incontro mi ha aiutato,” ha dichiarato la madre di Cecilia, aggiungendo: “Avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere.” Le sue parole risuonano come un grido di umanità e solidarietà, riflettendo la difficile situazione della sua famiglia.

Durante la conversazione, Elisabetta Vernoni ha condiviso il senso di impotenza ma anche di resilienza che accompagna questa lotta: “Sono un po’ come Cecilia, sono un po’ un soldato. Aspetto e rispetto il lavoro che stanno facendo, ma quello che potrò fare da parte mia lo farò sicuramente.”

Tra i temi discussi nell’incontro, Vernoni ha sollevato la questione delle visite consolari: “È quello che abbiamo chiesto. Ma capire è una parola inutile. Io non capisco niente, e chi ci capisce è bravo. Si chiede, si fa e si combatte per ottenere rispetto.” Queste parole testimoniano la complessità di una situazione diplomatica in cui l’umanità si scontra con le difficoltà politiche.

Uno dei momenti più toccanti del suo racconto riguarda una telefonata con Cecilia: “Le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto: ‘Mamma, non ho un cuscino, né un materasso.’” Un dettaglio semplice ma devastante, che evidenzia le condizioni di detenzione della giornalista italiana.

L’incontro con Giorgia Meloni è stato descritto come un punto di svolta emotivo per Vernoni, che ha trovato conforto nel dialogo diretto: “Questo incontro mi ha fatto bene. Guardarsi negli occhi tra madri è qualcosa di importante.”

Mentre proseguono gli sforzi diplomatici per garantire il rilascio di Cecilia Sala, Elisabetta Vernoni si prepara a continuare questa battaglia con la stessa forza e determinazione che ha caratterizzato sua figlia come giornalista e donna.

A Cecilia Sala, sono state concesse tre telefonate nel corso del primo giorno del 2025. Dopo quasi due settimane di detenzione, la 29enne ha potuto finalmente parlare con i suoi famigliari e informarli sulle sue condizioni. La prima telefonata, quella precedente al Natale, si era infatti concentrata su altri argomenti, perché “se parliamo di cose normali, possiamo parlare di più“, come dichiarato dalla giornalista stessa.

Ieri, invece, la 29enne ha messo in luce un’importante consapevolezza: le parole del regime iraniano sulle sue condizioni di detenzione non corrispondono a realtà. La giornalista italiana ha infatti sostenuto di dormire a terra, con a disposizione solamente due coperte: una da utilizzare per stendercisi sopra e una per resistere al freddo. Il gelo è però insopportabile e unisce la sua brutalità alla “tortura della luce bianca“. Nella cella di Evin, che sembrerebbe grande poco meno di due metri, non ci sono finestre e la luce è sempre accesa.

Le detenute, quindi, compresa Cecilia Sala, non hanno cognizione del tempo e man mano scivolano in una routine scandita solamente dall’arrivo dei pasti e dalle pause in bagno. Alla giornalista, poi, sono stati sequestrati anche gli occhiali da vista, perché questi non sarebbero permessi nelle celle di Evin. In cambio, ha ottenuto un elastico di capelli. “Fate presto“, ha ripetuto Cecilia Sala nelle tre telefonate, ribadendo un concetto che aveva già espresso giorni fa e chiedendo nuovamente aiuto alla sua Nazione, affinché l’intelligence concluda presto le trattative e ottenga la sua liberazione.

Ambasciatore Iran: “Accelerare liberazione di Abedini

Nel corso dell’incontro svoltosi oggi alla Farnesina, l’ambasciatore dell’Iran, Mohammad Reza, ha sostenuto che sin dai primi momenti della detenzione, Cecilia Sala ha avuto accesso “tutte le agevolazioni necessarie“, compresi i ripetuti contatti telefonici con la sua famiglia. “Ci si aspetta dal governo italiano che reciprocamente, oltre ad accelerare la liberazione del cittadino iraniano detenuto, vengano fornite le necessarie agevolazioni assistenziali di cui ha bisogno“, ha riferito su X l’ambasciata iraniana a Roma.

Meloni convoca vertice a Palazzo Chigi

Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha convocato per oggi pomeriggio un vertice a Palazzo Chigi per discutere della situazione che sta vivendo Cecilia Sala ed individuare nuove possibili soluzioni. Secondo quanto si apprende, all’incontro parteciperanno i rappresentanti dei servizi di intelligence, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.

Inoltre, nello stesso vertice si discuterà della modalità più adatta con cui il governo informerà le altre forze politiche sulla situazione. Intanto, in una nota, il segretario di +Europa, Riccardo Magi e il deputato Benedetto Della Vedova, hanno chiesto che il governo riferisca al Parlamento e anche al Copasir, “per chiarire quali siano le sue valutazioni e intendimenti, in modo da garantirsi il pieno sostegno di tutte le forze politiche alle sue azioni“.

Cecilia Sala, in corso colloquio con ambasciatore iraniano

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha dichiarato su X di aver dato mandato al Segretario generale della Farnesina di convocare l’ambasciatore iraniano a Roma. L’incontro, secondo quanto dichiarato dal vicepremier, ha avuto inizio a mezzogiorno e avrà ovviamente al centro le condizioni della detenzione della reporter e le trattative per il suo rilascio. “Il Governo, come dal primo giorno dell’arresto di Cecilia Sala, lavora incessantemente per riportarla a casa e pretendiamo che  vengano rispettati tutti i suoi diritti“, ha infatti dichiarato il ministro, sostenendo poi che Cecilia e la sua famiglia non saranno mai lasciati soli nel corso di questo processo.

Anche l’Unione europea continua a stringersi intorno al dolore per la carcerazione della giornalista. Nella giornata di oggi, l’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue, Kaja Kallas, ha lanciato un appello all’Iran affinché liberi Sala. “Nessuno dovrebbe essere detenuto per aver svolto il proprio lavoro; il giornalismo non è un reato“, ha infatti sostenuto l’Alto rappresentante, aggiungendo che ogni giornalista deve avere sempre la libertà di agire senza avere paura di essere punito o perseguito.

Si è unita al coro di solidarietà anche la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, che ha ribadito il supporto dell’Europa in questa terribile situazione, per poi aggiungere: “In queste circostanze non posso che rinnovare la fiducia nel lavoro di grande discrezione delle Autorità italiane per riportare Cecilia a casa il prima  possibile“.

Cecilia Sala, il cambio di tono dell’Italia

Le telefonate di Cecilia Sala hanno quindi permesso all’Italia di cambiare atteggiamento nei confronti dell’Iran. Se fino a questo momento le trattative sono state gestite con una certa apprensione e con la volontà di mantenere i toni pacati e rispettosi, ora è arrivato il momento di fare la voce dura. L’ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amedei, ha quindi consegnato al viceministro degli Esteri iraniano una nota firmata dalla Farnesina, in cui l’Italia presenta due richieste molto specifiche: la liberazione di Cecilia Sala e il suo trattamento dignitoso.

Nulla che fino a pochi giorni fa non fosse già stato chiesto. Ora, però, il Paese vuole velocizzare il processo e dimostrare che le redini della trattativa sono in mano all’Italia e non solo al regime. L’intenzione, poi, è quella di organizzare al più presto un nuovo incontro tra Sala e Amedei. Quest’ultima, lo scorso 20 dicembre, aveva avuto l’occasione di incontrare la reporter e di assicurarsi delle sue condizioni di salute. Il tutto sotto gli occhi e le orecchie attente delle guardie di Evin.

Queste avevano imposto alla reporter e all’ambasciatrice di parlare in inglese, così che anche loro potessero comprendere i temi della conversazione. Amedei aveva rassicurato Sala, informandola anche del fatto che il carcere era in possesso di un pacco con beni di prima necessità per la sua detenzione. Saponi, un panettone, del cioccolato, una mascherina per dormire e soprattutto 4 libri per passare il tempo. Cecilia Sala, infatti, è sola nella sua cella. E se inizialmente il regime aveva dichiarato che questa misura era necessaria per far sentire al sicuro la reporter, ora sembrerebbe chiaro che questa sia solo un ulteriore forma di isolamento.

Il pacco, però, non è mai stato consegnato a Sala. Lo ha confermato lei stessa ai suoi parenti, facendoli cadere nello sconforto più totale. L’Italia, convinta della possibilità di inviare beni alla reporter, aveva già preparato un secondo pacco. Ora però, il suo invio sembra solo una perdita di tempo.

La reazione della famiglia Sala

Le tre telefonate della reporter hanno scatenato l’indignazione della sua famiglia, che ha immediatamente contattato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, per informarli sulle novità e per chiedere maggiori sforzi per la liberazione di Sala. La madre della giornalista, poi, ha richiesto un incontro con il premier, Giorgia Meloni, proprio per discutere del destino di sua figlia.

Palazzo Chigi, informato della richiesta, ha risposto positivamente e sembra che l’incontro potrebbe svolgersi in tempi piuttosto brevi. Restano, quindi, i dubbi su quali altre possano essere le falsità del regime e soprattutto su quali siano le intenzioni dell’Italia sulla carcerazione di Mohammed Abedini, per ora detenuto nel carcere di Opera, in condizioni che realmente possono essere definite dignitose.

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