Cecilia Sala ha 29 anni, è una giornalista freelance e si trova dallo scorso 19 dicembre nel carcere di Evin a Teheran, insieme ad alcuni dissidenti politici iraniani. Cecilia Sala, però, è una cittadina italiana ed è giunta in Iran con un visto giornalistico che avrebbe coperto l’intero periodo del suo viaggio e con possibilità di rinnovo. Ad oggi, quindi, risulta complesso comprendere i motivi che avrebbero portato la 29enne a finire nel carcere iraniano. Tra ipotesi di intrighi internazionali, spionaggio o semplici incomprensioni, il governo italiano continua a lavorare con una certa discrezione per riportare la giornalista in Italia, dove intanto l’apprensione per la sua incolumità continua a crescere.
Cecilia Sala aveva deciso di partire per Teheran per registrare una serie di puntate per il podcast Stories, prodotto da Chora media, e per rimettere piede in una città con cui sentiva una profonda connessione. “Teheran mi è mancato anche il tuo smog“, ha scritto la giornalista in un post su Instagram del 13 dicembre, ad un solo giorno di distanza dal suo arrivo in Iran. In soli 7 giorni, la durata del viaggio di Sala prima dell’arresto, però, qualcosa è cambiato ed ora la giornalista si trova rinchiusa in un carcere in cui le condizioni di vita preoccupano gli Stati democratici.
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“C’è una differenza fondamentale tra paura e panico“, aveva spiegato Sala in una intervista del 2023 ed ora quelle sue parole sembrano infondere speranza a chi teme per la sua salute nel carcere di Evin. “La paura è utile perché ti protegge, aiuta a concentrarti. Il panico ti rende più pericolosa per te stessa rispetto alla situazione in cui ti trovi“, aveva continuato la reporter che in una telefonata con sua madre ha esortato il governo a muoversi e a portare a termine al più presto le trattative per un suo ritorno a casa.
Quel “fate presto” racchiude centinaia di emozioni, comprese la paura e il panico, e diventa un imperativo che non può essere ignorato ma che deve essere perseguito al meglio delle proprie possibilità.
Cecilia Sala, come è arrivata a Teheran?
La carriera di Cecilia Sala nel giornalismo, la stessa che l’ha portata nella cella di Evin a Teheran, è iniziata più di un decennio fa. Quando era ancora minorenne, ha attirato l’attenzione di Michele Santoro durante un intervento ad una manifestazione contro la mafia e così si guadagna un posto come voce giovanile nella redazione di Annozero, diventa una presenza fissa nella trasmissione di Announo, di Giulia Innocenzi, e inizia il praticantato nella redazione di Italia.
Nel frattempo, Sala frequenta l’Università Bocconi di Milano, ma dopo quattro anni decide di abbandonare gli studi per perseguire appieno la carriera giornalistica. Così dal 2018 inizia a collaborare con Wired, Vanity Fair e L’Espresso, trattando di America Latina e Medio Oriente. La fama arriva con il podcast, condotto insieme a Chiara Lalli, Polvere. Questo, poi, diventerà anche un libro edito da Mondadori, sempre sullo stesso tema: la morte di Marta Russo.
Nel 2021 arriva poi la grande occasione. Cecilia Sala è a Kabul proprio mentre i talebani invadono la città e riesce a riportare racconti crudi ma reali, riguardanti la fine del sogno di libertà di un popolo e riuscendo anche a sfruttare i social per veicolare i suoi messaggi, dimostrando che anche l’informazione può mutare insieme ai tempi. Nel 2022, i suoi sforzi vengono ripagati, grazie al premio Penna d’Oro ricevuto dalle mani del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il 2022 è anche l’anno in cui inizia la collaborazione con Il Foglio e l’inizio del Podcast Voices per Chora media.
Proprio per dedicare altro spazio alle vite dei cittadini di Teheran, per dare loro la possibilità di sfruttare Voices, Cecilia Sala è tornata a Teheran, finendo però al centro di un incubo che per ora sembra non avere fine. Arrestata mentre si trovava nel suo hotel, un giorno prima del suo ritorno in Italia, Sala si trova ora protagonista di una storia che finora aveva solo raccontato. Nella speranza, che questa finisca al più presto.
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