“Purtroppo, l’udienza non è andata. Il giudice per l’udienza preliminare ha ritenuto di dover accogliere la richiesta di archiviazione avanzata dal pm rigettando il nostro atto di opposizione”. Queste le parole di Armida Decina, l’avvocato di Stefano Dal Corso, il detenuto morto in circostanze sospette il 12 ottobre 2022 nel carcere di Oristano, in Sardegna.
Il giorno 29 giugno 2023, l’avvocato Decina e i suoi colleghi si sono recata al tribunale di Oristano per ridiscutere sull’autopsia di Stefano e provare a fare luce sulla sua morte avvenuta in circostanze sospette. Ma nulla.
L’esito dell’udienza non è stato dei migliori, come ha spiegato l’avvocato, ma nonostante questo, la sorella Marisa è ancora decisa a fare chiarezza sulla morte del fratello.
Il caso di Stefano Dal Corso
Stefano Dal corso è morto il 12 ottobre 2022 all’interno della casa circondariale di Massama-Oristano. Il detenuto romano, che stava espiando la sua pena del carcere di Rebibbia, si trovava nel carcere sardo in via provvisoria, per un’udienza che doveva sostenere il 6 ottobre al tribunale di Oristano. Sarebbe dovuto tornare a Rebibbia il 13 ottobre e il fine pena era previsto per il giorno 31 ottobre.
Ma Stefano non è mai tornato da quel carcere, è rimasto lì, senza vita sul pavimento della sua cella. Si sarebbe ucciso, stando alle dichiarazioni dei pm di Oristano, strappando un pezzo di lenzuolo dal suo letto e, non si è capito bene come, sarebbe riuscito ad impiccarsi legando il cappio artigianale alle sbarre della sua finestra.
Il giorno del decesso di Stefano Dal Corso
Secondo la ricostruzione da parte della polizia penitenziaria, la dottoressa responsabile e i tre infermieri, Stefano si sarebbe tolto la vita nel primo pomeriggio del 12 ottobre, precisamente alle 15:10. La guardia penitenziaria si sarebbe precipitato nella cella, sollevato il corpo sospeso, in modo da allentare la stretta sul collo e all’arrivo della dottoressa e degli infermieri, sciolto il cappio e messo Stefano sul pavimento hanno tentato di rianimarlo per mezz’ora.
Nessuna misura speciale per Stefano, era in una cella normale perché tutti i medici che l’avevano visitato, da Rebibbia ad Oristano, non hanno mai ritenuto che il soggetto potesse compiere atti lesivi su sé stesso. Non voleva morire. Bensì uscire e ricostruirsi una vita.
La lettera all’ex compagna di Stefano Dal Corso
Due giorni prima della sua morte Stefano aveva scritto all’ex compagna una lettera mai consegnata, dove manifestava l’intento di riallacciare il rapporto con lei, costruire progetti per il futuro e rivedere sua figlia di 7 anni. Strano cambiare idea da un giorno all’altro, tra la voglia di vivere e ricominciare e quella di togliersi la vita c’è molta distanza. Stefano scriveva di voler lavorare nella ristorazione appena uscito e che stava bene. Grazie ai farmaci che prendeva per stabilizzare l’umore non provava ansia e riusciva a stare bene.
Caso Dal Corso: i pareri dei medici legali
È qui che la vicenda si fa complessa, per non dire sospetta. Il fulcro di tutti i dubbi sulla storia sta nei pareri discordanti dei medici legali sulla causa della morte.
La dottoressa responsabile del Carcere di Oristano, sentita a sommarie informazioni, ha decretato la causa di morte di Stefano per rottura di osso del collo. Ha dichiarato di aver osservato un’eccessiva mobilità del collo, dato che l’aveva indotta a ritenere che il relativo osso si fosse spezzato e che, pertanto, il decesso si fosse verificato per la causa immediatamente dopo l’impiccamento. Le perplessità, però, sono molte e sono state sollevate non da uno solo ma da tre medici legali in due momenti distinti. La dottoressa Cattaneo, dott. Buccelli e il dott.ssa Mansueto, osservando le uniche foto di Stefano, hanno dato un parere discordante da quello della procura di Oristano.
Il fatto su cui tutti sono d’accordo è che non è stata individuata con certezza la causa scientifica del decesso di Stefano, verosimilmente riconducibile ad asfissia o rottura dell’osso del collo. Perché scrivere sui documenti medico legali una causa di morte non certa? Proviamo a spiegare meglio.
Le incongruenze sul caso Dal Corso
Secondo le conclusioni della dottoressa Cattaneo, nella sua relazione scritta il 10 dicembre 2022 e le recenti considerazioni del dott. Bucelli e la dott.essa Mansueto rilasciate il 12 giugno 2023, non è possibile dichiarare la morte di Stefano “per asfissia meccanica né stabilire con ragionevole certezza che le modalità del decesso sia stata suicidaria in assenza di elementi principalmente supponibili dall’esame autoptico corredato da indagini di tossicologia e istologia”.
Andiamo a vedere tutte le gravi criticità del caso. In primis mancano le indagini dettagliate relative al sopralluogo. La descrizione del luogo del ritrovamento del cadavere, di oggetti estranei al contesto e di materiali biologici sono fondamentali ai fini di una indagine. Manca, inoltre, l’esame esterno del cadavere: la descrizione di eventuali lesività e dei segni rilevati all’esame esterno del cadavere con esaustiva documentazione fotografica costituiscono il primo momento delle indagini che convergono nella relazione del medico-legale e necessitano di accuratezza e di tracciabilità. Oltretutto, se la morte è violenta, il rilievo e la descrizione di fratture ossee, di lesività̀ cutanee e la descrizione accurata del segno di legatura, costituiscono elementi insostituibili per stabilire se si tratta di impiccamento omicidiario, autoimpiccamento o strangolamento con simulazione di suicidio.
Differenza tra solco cutaneo molle e duro
Ora veniamo al solco lasciato dal lenzuolo e al parere dei medici legali consultati dall’avvocato Decina. È di fondamentale importanza, secondo loro, la distinzione tra solco molle e solco duro. Il primo è prodotto da lacci soffici, a superficie larga e liscia che affondano poco nei tessuti. Quest’ultimi non determinano escoriazioni sulla pelle e lasciano un’impronta appena accennata, di colore rosso chiaro.
Il secondo viene prodotto da un laccio a superficie ruvida e strette e imprime sul collo un’infossatura profonda scorticando la cute, che appare secca, giallastra. Nelle foto che ritraggono Stefano, sembra che il solco corrisponda più al secondo tipo. Il sangue sul lenzuolo suggerisce uno strangolamento piuttosto che un impiccamento. Questo dato portato all’attenzione dalla considerazione medico-legale trova forza nell’elemento scientifico che spiega come le forze pressorie esercitate negli impiccamenti sono perpendicolari piuttosto che trasversali e in grado di generare ferite escoriate che lasciano tracce di sangue sui mezzi lesivi.
Perché l’autopsia su Stefano Dal Corso è fondamentale
L’autopsia è fondamentale per rilevare eventuali lesioni e/o microfratture non visibili da un esame esterno. Inoltre, effettuare prelievi di liquidi biologici, per successive indagini tossicologiche e bioptici per indagini anatomopatologiche è sicuramente consigliato per scoprire l’esatta causa della morte.
La buona norma, suggerirebbe in questi casi, di condurre anche delle indagini tossicologiche: sono necessarie per la valutazione di eventuali assunzioni o somministrazioni di sostanze tossiche. Questo elemento è importante quando c’è bisogno di capire, come nel caso di Stefano, se la morte è avvenuto per avvelenamento con simulazione di suicidio per autoimpiccamento.
Conclusioni dei medici legali
“E’ ancora una volta estremamente evidente che in casi come quello in oggetto una diagnosi di morte violenta per asfissia da impiccamento è complessa e delicata, assolutamente non risolvibile attraverso il generico ritrovamento del cadavere e frettolosa, del tutto generica certificazione redatta da sanitario palesemente privo di necessaria competenza medico- legale” viene spiegato nella relazione medico legale scritta dalla professoressa Cattaneo.
Tutto sembra indicare un caso mal gestito sotto il profilo degli accertamenti medico-legali. La sommarietà del sopralluogo, l’approssimazione dell’esame esterno, la grave assenza di autopsia e di conseguenti indagini anatomo-patologiche, la mancanza di esami tossicologici e genetici e la carenza di utili dati ricostruttivi delle immagini del cadavere lasciano dei dubbi importanti sulla natura della morte di Stefano.
Secondo i medici un pur tardivo esame autoptico mediante riesumazione della salma potrebbe ancora, almeno parzialmente, chiarire tutti i dubbi.
Le prossime mosse
“Stiamo facendo una serie di valutazione, senza esame autoptico è difficile andare avanti, ma non ci fermeremo e arriveremo alla verità” ha dichiarato l’avvocato Decina, in attesa delle prossime mosse. Una cosa è certa, nessuno si fermerà fin quando i dubbi sulla vicenda non saranno sciolti.
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