Bari, caso “baby squillo”: 7 persone a giudizio immediato

A Bari il polverone sollevato dalla scoperta di un giro di prostituzione minorile non sembra calmarsi. Oltre alle sette persone per cui il gip ha predisposto il giudizio immediato, altre tre verranno giudicate successivamente. Tra queste anche due presunti clienti delle minori

Daniele Saccucci
3 Min di lettura

A Bari il gip Giuseppe Ronzino ha disposto il giudizio immediato per sette persone accusate di aver indotto, favorito, sfruttato, gestito e organizzato la prostituzione di quattro ragazze minorenni. Le cosiddette “baby squillo” del capoluogo pugliese saranno le parti offese di questo procedimento. A processo finiranno Marilena Lopez di 35 anni, Antonella Albanese di 21 anni, Federica Devito di 25 anni, Elisabetta Manzari di 24 anni, Nicola Basile di 25 anni, Roberto Urbino di 42 anni e Ruggiero Doronzo di 29 anni.

Insieme a loro sono indagate anche tre persone, per le quali però non è stato disposto il giudizio immediato. Si tratta del gestore del Bed & Breakfast in cui le ragazze minorenni incontravano i loro clienti. Sembrerebbe che l’uomo fosse a conoscenza del giro di prostituzione che si consumava nel locale in cui lavorava. Indagati anche due presunti clienti delle ragazze, che presumibilmente erano a conoscenza della loro età. Dei sette disposti a giudizio immediato, tre sarebbero già detenuti in carcere mentre gli altri sarebbero agli arresti domiciliari.

Bari, la scoperta del giro di prostituzione minorile

La scoperta del giro di prostituzione minorile a Bari risale allo scorso 13 maggio, quando le autorità pugliesi sono riuscite ad individuare quasi tutti i coinvolti nelle azioni illegali. Il caso è stato aperto nell’ottobre 2021 a seguito della denuncia della madre di una delle minori, che aveva compreso che nella vita della figlia stava accadendo qualcosa di anormale. Le giovani sarebbero state adescate con la scusa di soldi facili” e di una vita lussuosa, fatta di abiti firmati ed esperienze uniche.

Il tutto al modico prezzo della vendita del proprio corpo a uomini adulti. Questi erano disposti a pagare anche centinaia di euro pur di poter consumare un rapporto con le “baby squillo“. I soldi, poi, venivano utilizzati per comprare abiti, borse e frequentare ristoranti di lusso, cercando di rispettare diverse accortezze per non essere scoperte. Avevano, per esempio, un telefono specifico per il lavoro che veniva messo negli annunci appositi online per essere contattate dai clienti. 

Inoltre, le dieci persone coinvolte avevano tutte un ruolo ben specifico. Oltre ai clienti, c’era chi prenotava le strutture in cui le minori avrebbero dovuto incontrare gli uomini, chi invece le accompagnava agli incontri e chi invece riscuoteva i pagamenti. Sembrerebbe che alle giovani fosse garantito il 50% dei compensi ricavati dal giro che le sfruttava.

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