Armani Operations commissariata: avrebbe agevolato il caporalato

Nessuna accusa formale, né procedimenti penali per l'impresa di Giorgio Armani. L'amministrazione straordinaria è parziale e necessaria per eleminare dall'azienda tutte le infiltrazioni criminali

Redazione
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Un commissariamento straordinario per la Giorgio Armani Operations S.p.a, al fine di migliorare le condizioni lavorative dei suoi dipendenti, anche quelli non direttamente gestiti dalla società che porta il nome di uno degli stilisti più famosi al mondo. Nessuna accusa e nessuna necessità di ricorrere a un processo, in questo caso il commissariamento ha uno scopo quasi rieducativo e finalizzato all’eliminazione dello sfruttamento della manifattura.

Secondo i pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone, che hanno gestito l’inchiesta insieme ai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro, la società indicata sarebbe colpevole solo di non essere intervenuta una volta scoperta la rete di subappalti che gestivano la manodopera. Operai cinesi e pakistani, sfruttati e lasciati vivere in condizioni igienico-sanitarie pessime, il cui lavoro proprio per questo costa meno e permette maggiori guadagni.

A finire al centro di un processo penale, invece, saranno i titolari degli opifici cinesi chiusi dai carabinieri dopo le ispezioni del caso. L’accusa è di caporalato, da cui però è ovviamente esclusa la Giorgio Armani Operations S.p.a.

Il commissariamento di Armani Operations

Il commissariamento che subirà il Gruppo che fa capo a Giorgio Armani sarà parziale, come deciso dalla presidente-estensore Paola Pendino con le colleghe Giulia Cucciniello e Maria Gaetana Rispoli in base all’articolo 34 del decreto legislativo 159/2011. Questo particolare tipo di commissariamento viene adottato quando si pensa che un’impresa possa aver agevolato, anche solo per inerzia, attività illecite.

In questo caso l’illecito su cui la Giorgio Armani Operations S.p.a non avrebbe agito, cercando di porvi fine, è il caporalato. Quindi, il commissariamento non ha in questo caso lo scopo di punire l’azienda o i suoi imprenditori, ma ha l’obiettivo di eliminare da essa tutte le tracce di illegalità e di infiltrazioni criminali, per ricostruire un’impresa sana e senza problemi di alcun tipo.

Anche nel caso di Giorgio Armani, così come in quello di Alviero Martini, il contratto di collaborazione con aziende terze avrebbe impedito la pratica del subappalto. Clausola che però non è stata rispettata, dando vita ad una rete di lavoratori clandestini e sottopagati, senza alcun tipo di contratto o tutela. L’inerzia dell’impresa, consapevole di quanto stesse accadendo ma non direttamente coinvolta, avrebbe quindi agevolato le azioni illecite dei responsabili.

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