Oggi 22 aprile 2022 compie 52 anni la Giornata Mondiale per l’Ambiente e l’uomo sta imboccando una via senza ritorno
Cara Terra mia, in questa Giornata Mondiale per l’Ambiente voglio raccontarti come ci siamo comportati in questi 52 anni. Tutto cominciò il 22 aprile 1970, quando per la prima volta 20 milioni di cittadini americani manifestarono a favore della difesa e della conservazione delle risorse naturali. Fu un primo passo pieno di speranze. E se oggi, secondo le previsioni, oltre un miliardo di persone ti festeggeranno lo dobbiamo principalmente a Connel ed a Kennedy. A John Connel, attivo nella difesa della pace e dell’ecologia, che presentò l’idea alla Conferenza di San Francisco promossa dall’Unesco nel 1969. Al Presidente John Fitzgerald Kennedy che la rese possibile negli Stati Uniti d’America.
Investire nel nostro Pianeta
In questa Giornata Mondiale per la Terra 2022, devo dirti che noi esseri umani non abbiamo ancora deciso come dare risposta ad almeno tre grandi problemi. Mi riferisco ai limiti imposti allo sviluppo, alla compresenza dell’evolversi del sistema sociale e della difesa dell’ecosistema, all’impresa di arrivare al più presto ad emissioni zero di anidride carbonica.
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Cara Terra mia, grazie per averci dato sino ad oggi generosi frutti, ma ti confesso che non ce li siamo meritati. E nonostante le evidenze scientifiche non riusciamo proprio a prendere atto che ci sono dei limiti allo sviluppo. La scienza, già a partire dagli anni Settanta dello scorso secolo, aveva lanciato un allarme sul fatto che l’umanità stava andando incontro a seri problemi ambientali. In un rapporto, The Limits to growth, si immaginavano scenari futuri e si raccontavano le prospettive del sistema Pianeta. Si parlava di te Cara Terra mia, ma all’epoca in tanti, troppi, considerarono quel rapporto una provocazione. Però, bastava leggerlo per comprendere che chi lo aveva redatto aveva l’intenzione di essere fonte di idee e di suggerimenti per i governi del mondo. Nessuno escluso.
Quel rapporto sui limiti allo sviluppo era un potente campanello di allarme. Ma i media ci andarono molto cauti e non batterono mai abbastanza sul tasto che tu sei uno spazio finito e sono proprio i confini a delimitare la nostra crescita economico-sociale.
Due anime in guerra: le ragioni dello sviluppo economico e della salvaguardia ambientale
In questa Giornata Mondiale per l’Ambiente, voglio raccontarti che si sono fatte e si fanno la guerra due anime: quella del popolo delle assoluzioni giustificate dallo sviluppo economico e quella della salvaguardia ambientale. Quest’ultima ritiene che sia prioritario chiedere e fare sacrifici per contrastare il global warming, quel fenomeno che noi (così sembrerebbe) abbiamo prodotto e che tanto ti surriscalda.
È dalla dichiarazione di Stoccolma del 1972 che noi terrestri ci interroghiamo sull’Ambiente e sulle possibili cooperazioni internazionali per preservarlo. Ci proviamo, ma è durissima. Ad esempio a Ginevra nel 1979 la cooperazione fu diretta a mitigare l’acidificazione dell’aria. Poi a Rio nel 1992 arrivò la Convenzione quadro per contenere le emissioni di gas serra nell’atmosfera. Inserimmo nella Convenzione di Rio principi cardine quali l’equità e la precauzione. Peraltro la tua vecchia Europa, che vanta una forte anima ambientale, prima di Rio aveva già approvato quattro programmi per l’ambiente. Avevamo introdotto i principi di prevenzione, di formazione e informazione e il chi inquina paga. Sembra poco, ma non sai ottenere quel poco quanto sia costato.
Prima di tutto la salute
Prima di tutto viene la salute, la tua e la nostra. Le condizioni climatiche influenzano il nostro stato psico-fisico? La cosa divertente è che lo sappiamo bene, tanto che già Ippocrate nel V sec. a.C. consigliava ai propri pazienti di «lasciare il clima che li aveva fatti ammalare e di scegliere le condizioni climatiche migliori per la cura della loro malattia» (Pulcinelli, 2007). Pensa, che la conferma a quanto scriveva Ippocrate l’abbiamo avuta nel rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità solo nel 2014. Insomma, abbiamo aspettato 2500 anni per sentirci dire che esiste un legame tra inquinamento ambientale e decessi provocati da cancro, ictus e malattie cardiache.
Devi anche sapere quanto è stato complicato sottoscrivere il Trattato Internazionale più importante, quello di Kyoto nel 1997. Allo stesso tavolo le ragioni portate avanti dai Paesi industrializzati, impegnati a difendere i loro interessi economici, dai Paesi emergenti, intenti a difendere la crescita economica di Cina e India, e dai Paesi sottratti a precisi vincoli. Pensa, che prima della sottoscrizione del Protocollo un cartello di corporation e associazioni di combustibili, la Global Climate Coalition, lanciò una grande campagna mediatica per impedire agli Stati Uniti di sottoscrivere accordi relativi ai combustibili. A guidare la campagna BP, Shell, Ford Motor, Daimler, Chrysler, Texano e GM. Campagne di stampa sostenute puntualmente dai portatori di interesse legati al fossile, che continuano a condizionare l’azione di una politica pronta a vendere la causa ambientale al diavolo.
Il dibattito si sposta dall’antropocentrismo al biocentrismo
Cara Terra mia voglio dirti che un consistente gruppo di teorici dell’Ambiente, raccolti nell’International Panel on Climate Change (IPCC), fu deputato ad elaborare una corretta letteratura su cambiamento climatico, impatto ambientale, adattamento e mitigazione dello stesso. Secondo tale organismo le responsabilità dei cambiamenti del clima erano da addebitare all’attività dell’uomo. Un altro organismo, ma non governativo, il Nongovernmental International Panel on Climate Change, giunse invece a conclusioni diverse ed opposte: non sarebbe l’uomo a condizionare i cambiamenti climatici, perché non ci sono prove scientifiche convincenti che sia il rilasciamento di CO2 a provocare il riscaldamento globale del pianeta.
Ma c’è anche una buona notizia: il dibattito si spostò dall’antropocentrismo al biocentrismo e questo era giustificato da almeno tre proposizioni paradigmatiche. La prima, che gli esseri umani, ancorché esseri eccezionali, sono solo una delle specie e sono interdipendenti con le altre che determinano la nostra vita sociale; la seconda, che i legami complessi di causa ed effetto e di retroazione producono conseguenze impreviste; la terza, infine, che esistono limiti fisici e biologici che si oppongono alla crescita economica e al progresso sociale.
Chiedere alla natura quanto la natura riesce a produrre nel suo ciclo
Cara Terra mia, come sai Eraclito ci ha lasciato in eredità la considerazione secondo cui «Se interveniamo nei processi della natura dobbiamo stare attenti a ripristinare il suo equilibrio». Insomma, ultimamente stiamo sempre più cercando di convincerci che possiamo chiedere alla natura quanto la natura riesce a riprodurre nel suo ciclo. Il dibattito è aperto da tempo, ma almeno su una considerazione ormai vi è un ampio consenso: i gas-serra aiutano la terra a mantenersi calda e senza di essi avremmo temperature mediamente più basse di oltre 30°. Devo dirti che il dibattito si è concentrato maggiormente sulla questione se sia l’attività antropica a determinare attraverso l’emissione di CO2 il riscaldamento della terra, oppure se tale riscaldamento si deve anche ad altre ragioni, e tra queste le variazioni dell’attività solare. Non si tratta certo di condannare o assolvere le attività dell’uomo, in quanto non c’è un paradigma universalmente condiviso dalla comunità scientifica che spieghi con un modello matematico il fenomeno del riscaldamento del pianeta. Si indagano, invece, le correlazioni che si stabiliscono tra la società nel suo complesso e il mutamento dell’ambiente. Voglio dirti che noi stiamo pensando, ad esempio, al problema collegato alla crescita demografica in un ambiente che è finito, o ancora agli impatti negativi figli dell’evoluzione tecnologica, o ancora all’alterazione e alla dissipazione di risorse naturali. In questo contesto, i governi nazionali sono chiamati a prendere decisioni sotto la doppia pressione della scienza e delle necessità dei cittadini che si rappresentano. In ultima analisi, fare punti di PIL equivale nelle società progredite a far crescere simbioticamente economia ed inquinamento.
L’uomo al centro di un ecosistema che lo condanna e lo assolve
La Giornata Mondiale per la Terra continua a caratterizzarsi per una sua contraddittorietà valoriale di base. Per un verso l’uomo si presenta come elemento centrale dell’ecosistema e, per altro verso, gli si addebita di intervenire distruttivamente sui cicli naturali alterando, in particolare, la fascia di ozono presente nel secondo strato dell’atmosfera. Ora, noi che ti abitiamo, ci stiamo concentrando sul global warming e sul green house effect, che vanno oltre i singoli fenomeni che alterano il nostro ecosistema. E, inevitabilmente, date le numerose variabili che agiscono sull’ambiente, nascono sulle previsioni posizioni scientifiche controverse. Pensa che l’International Energy Agency (IEA), nella edizione del World Energy Outlook del 2013, metteva sull’avviso che le emissioni di CO2 legate all’energia sarebbero aumentate del 20% con orizzonte temporale 2035 e questo avrebbe comportato un aumento medio della temperatura mondiale di lungo termine di 3,6 °C. Ben superiori all’aumento di 2°C internazionalmente concordati. Ma, per altro verso, venivamo informati del superamento della congettura secondo cui dall’inizio dell’era industriale il pianeta si era andato via via riscaldando. La congettura è stata abbandonata quando si è scoperto che: il pianeta si stava riscaldando non da 150 anni ma da 400 anni; il pianeta fu più caldo di oggi in passato, come ad esempio 6000 e 1000 anni fa; non vi è alcuna correlazione temporale tra le emissioni antropiche -esponenzialmente e senza sosta crescenti- e le temperature globali, la cui crescita ha subito inversioni ed arresti; non v’è alcuna correlazione spaziale tra la teoria e le misure: quella prevede un accentuato riscaldamento della troposfera equatoriale a 10 km dalla superficie terrestre, queste registrano, lassù, un rinfrescamento (cfr. Battaglia, Il Giornale 2009).
La Conferenza sul clima di Parigi impegna tutti i Paesi a ridurre le emissioni di gas-serra
Ma qualche cosa si muove, e con la Conferenza di Parigi del 2015 si prende atto del rapporto Mondo Efficiente (WEO 2012), con il quale si indicava di fare attenzione all’efficienza energetica che doveva essere parte integrante dei processi decisionali dei governi. Ora si è arrivati a parlare di transizione ecologica e di fondi per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Comunque, nonostante luci ed ombre, alla Conferenza di Parigi del 2015 si prende formalmente atto della necessità di un piano di stabilizzazione dell’aumento della temperatura. E vorrei vedere che non fosse stato così: il rapporto Mondo Efficiente enunciava a chiare lettere che se entro il 2017 non veniva intrapresa alcuna azione per ridurre le emissioni, le infrastrutture connesse al settore energetico esistenti in quel momento avrebbero prodotto l’intero volume di emissioni di CO2 consentite nello Scenario 450 (WEO 2012). Come dire che, se non si sarebbero messe in atto politiche collettive di intervento, ci si sarebbe avviati verso una politica di non ritorno con l’umanità costretta ad affrontare l’impresa di passare ad emissioni zero. Ed a Parigi si progetta con un accordo vincolante il tuo ed il nostro futuro. Si comincia più concretamente a tracciare la strada per migliorare la capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici. La prospettiva si fa più concreta e si fissa l’obiettivo di limitare sotto i 20C l’aumento massimo della temperatura. Per favorire questo percorso gli stati sono impegnati a presentare e commentare ogni 5 anni un proprio obiettivo di riduzione delle emissioni.
Nel 2050 più 2 miliardi di persone, guida WEO e indirizzi per la Conferenza sul clima di Glasgow
Orizzonte 2050. Saranno circa due miliardi in più le persone che ti abiteranno. Come ha messo in evidenza il rapporto WEO 2021, l’innalzamento delle temperature medie globali di 1,1°C dall’era preindustriale, gli impatti sulle condizioni climatiche estreme e il previsto affollamento del Pianeta, ci obbligano a prendere decisioni che tutelino il tuo stato di salute e per conseguenza difendano diritti e interessi delle classi sociali più deboli. Il rapporto WEO, uscito anticipatamente per fornire dati freschi alla recente Conferenza sul clima tenutasi a Glasgow (31/10 – 12/11/20121), ha messo in evidenza come i cambiamenti nel settore energetico siano l’unica chiave per garantire energia a basse emissioni. Il dibattito su energia e clima dovrà necessariamente aprirsi ai cittadini, che dovranno incalzare i propri governi alla transizione verso l’energia pulita. Si dovranno pagare dei costi in termini di sacrificio e risparmio, in termini di rivedere i modi di vita alla luce del contenimento e superamento dell’utilizzo delle fonti fossili. Sarà dura, ma l’umanità ad oggi non conosce altre strade da percorrere.
Temperature in aumento tra 1,4 e 2,6°C per fine secolo
Molteplici sono gli scenari proposti dal rapporto WEO 2011, tra questi la prospettiva che si basa sulle attuali politiche. Viene fuori che la crescita della domanda netta di energia, nonostante deriverebbe da fonti a basse emissioni, porterebbe le temperature medie globali a superare «la soglia di 1,5°C intorno al 2030 e sarebbe ancora in aumento, raggiungendo i 2,6°C nel 2100». Per consolidare la temperatura a 1,5°C occorrerebbe principalmente «una spinta massiccia per un’elettrificazione pulita» e «una spinta all’innovazione nell’energia pulita». Un deciso cambio di rotta sarebbe rappresentato dal Net Zero Emission by 2050 (NZE), «che definisce un percorso stretto ma realizzabile per il settore energetico globale per raggiungere zero emissioni nette di CO2 entro il 2050. Nello scenario NZE le emissioni scenderebbero a 21Gt nel 2030, con la temperatura che aumenterebbe di 1,5°C, per scendere poi nel 2100 ad 1,4°C. Negli altri scenari salirebbero rispettivamente di 34 Gt (APS) e 36 Gt (STEPS) le emissioni nette di CO2 e l’aumento di temperatura nel 2100 sarebbe di 2,1°C e tendenzialmente in aumento.
Cop di Glasgow uno straordinario risultato
Una buona notizia arriva dalla Conferenza sul clima tenutasi a Glasgow (31/10 – 12/11/20121). All’ordine del giorno 4 obiettivi principali da raggiungere e tra questi (la mitigazione) quello di azzerare entro il 2050 le emissioni e contenere entro e non oltre 1,5°C l’aumento della temperatura. Il fatto che i 196 Paesi presenti a Glasgow abbiano sottoscritto all’unanimità l’impegno a ridurre da 2°C (come stabilito sei anni prima nell’Accordo sottoscritto a Parigi) ad 1,5°C la temperatura media mondiale è una cosa di straordinaria importanza. Infatti, i 196 Paesi per raggiungere tale risultato dovranno rafforzare le misure di contenimento, compresa la graduale riduzione del carbone, che per ora resta una auspicabile prospettiva. Questo però dovrà fare i conti con la chiamata alle armi che faranno i venditori di energie fossili, dovrà fare i conti con sistemi di vita che fanno del gas, del petrolio e del carbone, la loro stessa esistenza.
Cara Terra mia, la prospettiva di darti e darci ossigeno resta legata alle spinte dei cittadini che si battono per un Ambiente migliore.
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