La costa adriatica è stata recentemente colpita da un fenomeno preoccupante: l’intensa proliferazione di mucillagine, una sostanza gelatinosa prodotta da microalghe che ricopre i fondali marini. Questo fenomeno, pur non essendo direttamente dannoso per la salute umana, rappresenta una minaccia significativa per l’ecosistema marino, interferendo con i processi vitali di organismi come coralli, bivalvi e la prateria di Posidonia, afferma Greenpeace. La mucillagine, infatti, impedisce a questi organismi di svolgere le loro funzioni fisiologiche, con conseguenze potenzialmente devastanti per la biodiversità.
Le cause principali della proliferazione della mucillagine sono legate all’inquinamento proveniente dalla Pianura Padana, dove le attività agricole e zootecniche intensive rilasciano grandi quantità di nutrienti come azoto e fosforo nelle acque del fiume Po, che finiscono poi nel mare Adriatico. A questo si aggiungono fattori climatici come l’aumento delle temperature marine e la bassa intensità dei venti, che creano un ambiente favorevole alla crescita incontrollata delle alghe e della mucillagine. Una situazione analoga è stata riscontrata sui fondali marini tirrenici, in occasione del progetto “Mare Caldo” a cui hanno partecipato, oltre a Greenpeace, il DISTAV dell’Università di Genova. Qui, a una profondità di circa 15-30 metri, è stato rilevato che circa il 95-100% dei fondali in prossimità dell’area marina protetta di Portofino è ricoperto da questa sostanza.
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Questo fenomeno, invadendo i fondali marini, ha un effetto dannoso, impedendo i processi fisiologici di alcune specie marine e portandole addirittura verso l’estinzione, spiega Valentina di Miccoli, della campagna Mare di Greenpeace Italia. Oltre all’impatto ambientale, la mucillagine sta già causando problemi economici, specialmente per il settore della pesca e del turismo. I pescatori di diverse regioni adriatiche segnalano danni alle reti e difficoltà operative, con il rischio di gravi perdite economiche. La Confcooperative Fedagripesca ha lanciato l’allarme, richiedendo la creazione di una task force per tenere la situazione sotto controllo. Tra gli interventi urgenti proposti c’è la possibilità di un fermo pesca volontario per ridurre i danni e proteggere una risorsa fondamentale come il mare.
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