Oltre a essere una fonte di cibo gli insetti commestibili possono fornire mezzi di sostentamento e reddito
In tutto il mondo si consumano oltre 1.900 specie di insetti commestibili, che fanno già parte integrante della dieta di molti Paesi. A livello globale, gli insetti più consumati sono i coleotteri (31%), i bruchi (18%), api, vespe e formiche (14%). Seguono cavallette, locuste e grilli (Ortotteri) (13%), cicale, cocciniglie e cimici (Hemiptera) (10%), termiti (Isoptera) (3%), libellule (Odonata) (3%), mosche (2%) e altri ordini (5%).
Secondo la Fao, sono quattro i motivi per cui gli insetti commestibili dovrebbero avere un posto anche nel nostro menù.
Alto valore nutrizionale
Gli insetti commestibili hanno un importante valore nutrizionale e possono essere un’aggiunta salutare alla nostra dieta. Offrono energia, grassi, proteine e fibre e, a seconda dell’insetto, possono essere buone fonti di micronutrienti come zinco, calcio e ferro.
Ad esempio, cento grammi di locusta migratoria forniscono 179 calorie per cento grammi, cento grammi di termiti, invece, 535 calorie. Sono, inoltre, una grandissima fonte di proteine. Per esempio, le cavallette ne contengono una percentuale che va dal 14% al 48% a seconda delle specie, a fronte del 19-26% del manzo e del 16-27% del pesce.
Sostenibilità ambientale
Secondo l’analisi della Fao la produzione di insetti destinati al consumo umano, se confrontata con quella della carne, ha un impatto decisamente minore sull’ambiente. Per avere un chilo di proteine di alta qualità, il bestiame viene allevato con in media 6 chili di proteine vegetali (circa 2,5 per il pollo, 5 per il maiale e 10 per il manzo). Gli insetti richiedono decisamente meno mangime: per un chilo di grilli ne serve appena 1,7 kg. Inoltre, fino all’80% di un grillo è commestibile e digeribile, rispetto al 55% di pollo e maiali e al 40% dei bovini.
Per quanto riguarda le emissioni di CO2, invece, l’allevamento del bestiame è responsabile del 18% delle emissioni di gas serra: una quota superiore a quella del settore dei trasporti. Le emissioni di gas serra degli insetti, come ad esempio i grilli, sono inferiori di cento volte rispetto a quelle dei bovini o dei maiali.
Anche i consumi di acqua per produrre insetti sono molto ridotti rispetto a quelli che servono per produrre le proteine animali. L’agricoltura, attualmente, consuma circa il 70% dell’acqua dolce a livello mondiale e la produzione di un chilo di proteine animali richiede da cinque a venti volte più acqua rispetto alla produzione di un chilo di proteine da cereali. La produzione di un chilo di pollo richiede 2.300 litri di acqua, un chilo di carne di maiale 3.500 litri e un chilo di carne bovina 22.000 litri. Per allevare un chilo di insetti, invece, servono appena 150 litri di acqua.
Nuove opportunità economiche
Oltre a essere una fonte di cibo, gli insetti commestibili possono fornire mezzi di sostentamento e reddito. Poiché la coltivazione degli insetti richiede uno spazio minimo, spiega la Fao, è possibile praticarla sia nelle aree urbane che in quelle rurali, rendendo l’allevamento di insetti vantaggioso anche dove altre attività agricole non lo sono. Gli insetti commestibili sono anche facilmente trasportabili e spesso è possibile allevarli senza una formazione approfondita.
Una risorsa sottoutilizzata
Gli insetti possono essere una soluzione innovativa per soddisfare la domanda globale di proteine e di altre fonti alimentari nutrienti, visto che con la continua crescita della popolazione mondiale, la produzione alimentare dovrà aumentare, mettendo inevitabilmente sotto pressione la produzione agricola e le nostre limitate risorse naturali.
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