Istat: clima, aria e rifiuti i tre problemi più sentiti dagli italiani

Sara Rossi
8 Min di lettura

Al primo posto i cambiamenti climatici, con le nuove generazioni più consapevoli dei rischi e più attente ad adottare comportamenti ecocompatibili

Secondo i dati Istat del 2021, i cambiamenti climatici si confermano al primo posto tra le preoccupazioni per l’ambiente per la metà della popolazione dai 14 anni in su (51,5%). Rispettivamente al secondo e al terzo posto, i problemi di inquinamento dell’aria e, leggermente distaccata, la preoccupazione per lo smaltimento dei rifiuti (che interessa il 44,1% di chi ha più di 14 anni). Ulteriori fattori di rischio ambientale vengono percepiti nell’inquinamento delle acque (40,1%) e nell’effetto serra e buco nell’ozono (34,9%); in fondo alla graduatoria: le preoccupazioni legate al rumore e alla rovina del paesaggio.

Il ruolo dell’informazione

Nell’aumentare la consapevolezza ambientale hanno giocato un ruolo preponderante i mezzi di comunicazione, con l’attenzione mediatica che sposta il coinvolgimento riguardo l’effetto serra da sei persone su dieci nel 1998 (di 14 anni e oltre) al 34,9% degli italiani nel 2021, scendendo di venti punti di percentuale. Per converso, il timore per i cambiamenti climatici, indicato nel 1998 dal 36,0% delle persone, è stato avvertito dal 52,5% nel corso dell’ultimo anno (+16%). È chiaro quindi che l’attenzione aumenta in misura decisa a partire dal 2019, con la nascita dei movimenti di protesta ambientale a livello globale. La preoccupazione per l’inquinamento dell’aria permane una costante per oltre la metà dei cittadini dai vent’anni in su.

Sul dissesto idrogeologico, che era tra le tematiche più preoccupanti nel 1998 (34,3%), l’attenzione è scesa molto: nel 2021 viene indicata solo dal 22 % della popolazione oltre i 14 anni. Prendendo invece in considerazione i problemi legati all’inquinamento del suolo, dell’acqua e il tema della distruzione delle foreste, il più sentito è l’inquinamento delle acque, che interessa in maniera costante circa il 40% degli over14. La distruzione delle foreste, che preoccupava nel 1998 il 25,2% della popolazione, scende al 22,3% nel 2021; al contrario, aumenta lievemente la percentuale di coloro che ritengono l’inquinamento del suolo tra le cinque preoccupazioni prioritarie in tema ambientale (da 20,3% a 22,9%). Tra le altre preoccupazioni ambientali, emerge quella legata alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti, che presenta un andamento altalenante nell’arco di venti anni: nel 2021, dopo una decisa diminuzione, ritorna quasi al livello del 1998 (da 46,7% a 44,1%).

Nord VS Sud

Le preoccupazioni ambientali degli italiani variano da Nord a Sud: i cambiamenti climatici preoccupano il 54,4,3% degli abitanti del Nord-est rispetto al 46,5% di quelli del Sud. L’inquinamento delle acque, invece, è particolarmente sentito dagli abitanti di entrambe le ripartizioni settentrionali, ma molto meno da quelli del Mezzogiorno, soprattutto nelle Isole. A richiamare l’attenzione perlopiù dei residenti del Centro e del Mezzogiorno: le tematiche legate alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti (47,7% al Centro, 46,6% al Sud e 40,0% del Nord-est) e all’inquinamento del suolo (25,5% al Sud e 20,1% al Nord-ovest). Vivere in centri dell’area metropolitana rafforza la preoccupazione sull’inquinamento dell’aria, l’inquinamento acustico e la produzione e lo smaltimento dei rifiuti; nei piccolissimi comuni aumenta invece la sensibilità rispetto all’inquinamento del suolo e al dissesto idrogeologico.

La sensibilità della genZ

Sono coloro ai quali si rivolgono maggiormente i movimenti ambientalisti attuali, le speranze per il futuro e anche i più attenti alle questioni ambientali: i giovani, nello specifico fino ai 34 anni, sono più sensibili di altre fasce di età per quanto riguarda la perdita della biodiversità (32,1% tra i 14 e i 34 anni contro 20,9% degli over55), la distruzione delle foreste (26,2% contro 20,1%) e l’esaurimento delle risorse naturali (24,7% contro 15,9%). Gli ultracinquantenni si dichiarano invece più preoccupati dei giovani per il dissesto idrogeologico (26,3% contro 17,0% degli under35) e l’inquinamento del suolo (23,7% contro 20,8%). Non solo l’età: la quota di cittadini che esprime preoccupazioni per lo stato dell’ambiente cresce all’aumentare del titolo di studio, come accade per i cambiamenti climatici, oggetto di attenzione del 61,2% dei laureati rispetto al 46,8% di coloro che hanno al massimo la licenza media. Idem per il tema della produzione e smaltimento dei rifiuti (54,1% rispetto al 38,3%) e dell’inquinamento delle acque (46,8% contro 36,5%).

Nella popolazione di età superiore ai 14 anni, i comportamenti ecocompatibili sono finalizzati soprattutto alla conservazione delle risorse naturali: nel 2021 il 67,6% degli intervistati ha dichiarato di fare abitualmente attenzione a:  non sprecare energia e acqua, non adottare mai comportamenti di guida rumorosa in maniera da diminuire l’inquinamento acustico, leggere le etichette degli ingredienti e acquistare prodotti a chilometro zero.

Dopo i 25 anni, a ben guardare, però, le percentuali di coloro che adottano i comportamenti ecocompatibili risultano più elevate: non spreca acqua il 52,3% delle persone tra i 14 e i 34 anni (rispetto al 71,2% degli over 55) così come mostra attenzione a non sprecare energia il 50,5% degli under 34 (rispetto al 73,8% di coloro che hanno più di 55 anni). Quanto alla scelta di mezzi di trasporto alternativi all’auto privata o ad altri mezzi di trasporto a motore privati, le percentuali più elevate si registrano tra i giovani sotto i 34 anni, il 22,4% contro il 16,3% degli over55.

L’ambiente è un discorso di genere?

Sembra che il genere non influisca sulle preoccupazioni di tipo ambientale, anche se le donne sono mediamente più attente a mantenere comportamenti ecocompatibili. Le differenze più evidenti si colgono soprattutto sui comportamenti di acquisto: legge abitualmente le etichette degli ingredienti il 43,0% delle donne, rispetto al 30,7% degli uomini, e acquista come prassi alimenti o prodotti biologici il 17,2% delle donne e il 12,3% degli uomini. Le donne sono inoltre in media più attente a non sprecare acqua (68,5% rispetto al 63,2%) ed energia (69,8% rispetto al 65,2%).

Il titolo di studio si rivela una variabile determinante anche per l’analisi dei comportamenti ecocompatibili dei cittadini: al crescere del livello di istruzione, aumentano le quote di coloro che abitualmente li adottano. Tra i titoli più elevati e i più bassi vi sono oltre 20 punti percentuali di differenza nell’abitudine a leggere le etichette dei prodotti, quasi 15 nell’acquistare prodotti biologici e circa 10 nel rivolgere abitualmente le proprie preferenze verso i prodotti a chilometro zero. Una maggiore propensione delle persone con titolo di studio più elevato si rileva anche nell’attenzione a non sprecare acqua ed energia, ma la differenza è di minore entità.

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