Al primo posto i cambiamenti climatici, con le nuove generazioni più consapevoli dei rischi e più attente ad adottare comportamenti ecocompatibili
Secondo i dati Istat del 2021, i cambiamenti climatici si confermano al primo posto tra le preoccupazioni per l’ambiente per la metà della popolazione dai 14 anni in su (51,5%). Rispettivamente al secondo e al terzo posto, i problemi di inquinamento dell’aria e, leggermente distaccata, la preoccupazione per lo smaltimento dei rifiuti (che interessa il 44,1% di chi ha più di 14 anni). Ulteriori fattori di rischio ambientale vengono percepiti nell’inquinamento delle acque (40,1%) e nell’effetto serra e buco nell’ozono (34,9%); in fondo alla graduatoria: le preoccupazioni legate al rumore e alla rovina del paesaggio.
Il ruolo dell’informazione
Nell’aumentare la consapevolezza ambientale hanno giocato un ruolo preponderante i mezzi di comunicazione, con l’attenzione mediatica che sposta il coinvolgimento riguardo l’effetto serra da sei persone su dieci nel 1998 (di 14 anni e oltre) al 34,9% degli italiani nel 2021, scendendo di venti punti di percentuale. Per converso, il timore per i cambiamenti climatici, indicato nel 1998 dal 36,0% delle persone, è stato avvertito dal 52,5% nel corso dell’ultimo anno (+16%). È chiaro quindi che l’attenzione aumenta in misura decisa a partire dal 2019, con la nascita dei movimenti di protesta ambientale a livello globale. La preoccupazione per l’inquinamento dell’aria permane una costante per oltre la metà dei cittadini dai vent’anni in su.
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Sul dissesto idrogeologico, che era tra le tematiche più preoccupanti nel 1998 (34,3%), l’attenzione è scesa molto: nel 2021 viene indicata solo dal 22 % della popolazione oltre i 14 anni. Prendendo invece in considerazione i problemi legati all’inquinamento del suolo, dell’acqua e il tema della distruzione delle foreste, il più sentito è l’inquinamento delle acque, che interessa in maniera costante circa il 40% degli over14. La distruzione delle foreste, che preoccupava nel 1998 il 25,2% della popolazione, scende al 22,3% nel 2021; al contrario, aumenta lievemente la percentuale di coloro che ritengono l’inquinamento del suolo tra le cinque preoccupazioni prioritarie in tema ambientale (da 20,3% a 22,9%). Tra le altre preoccupazioni ambientali, emerge quella legata alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti, che presenta un andamento altalenante nell’arco di venti anni: nel 2021, dopo una decisa diminuzione, ritorna quasi al livello del 1998 (da 46,7% a 44,1%).
Nord VS Sud
Le preoccupazioni ambientali degli italiani variano da Nord a Sud: i cambiamenti climatici preoccupano il 54,4,3% degli abitanti del Nord-est rispetto al 46,5% di quelli del Sud. L’inquinamento delle acque, invece, è particolarmente sentito dagli abitanti di entrambe le ripartizioni settentrionali, ma molto meno da quelli del Mezzogiorno, soprattutto nelle Isole. A richiamare l’attenzione perlopiù dei residenti del Centro e del Mezzogiorno: le tematiche legate alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti (47,7% al Centro, 46,6% al Sud e 40,0% del Nord-est) e all’inquinamento del suolo (25,5% al Sud e 20,1% al Nord-ovest). Vivere in centri dell’area metropolitana rafforza la preoccupazione sull’inquinamento dell’aria, l’inquinamento acustico e la produzione e lo smaltimento dei rifiuti; nei piccolissimi comuni aumenta invece la sensibilità rispetto all’inquinamento del suolo e al dissesto idrogeologico.
La sensibilità della genZ
Sono coloro ai quali si rivolgono maggiormente i movimenti ambientalisti attuali, le speranze per il futuro e anche i più attenti alle questioni ambientali: i giovani, nello specifico fino ai 34 anni, sono più sensibili di altre fasce di età per quanto riguarda la perdita della biodiversità (32,1% tra i 14 e i 34 anni contro 20,9% degli over55), la distruzione delle foreste (26,2% contro 20,1%) e l’esaurimento delle risorse naturali (24,7% contro 15,9%). Gli ultracinquantenni si dichiarano invece più preoccupati dei giovani per il dissesto idrogeologico (26,3% contro 17,0% degli under35) e l’inquinamento del suolo (23,7% contro 20,8%). Non solo l’età: la quota di cittadini che esprime preoccupazioni per lo stato dell’ambiente cresce all’aumentare del titolo di studio, come accade per i cambiamenti climatici, oggetto di attenzione del 61,2% dei laureati rispetto al 46,8% di coloro che hanno al massimo la licenza media. Idem per il tema della produzione e smaltimento dei rifiuti (54,1% rispetto al 38,3%) e dell’inquinamento delle acque (46,8% contro 36,5%).
Nella popolazione di età superiore ai 14 anni, i comportamenti ecocompatibili sono finalizzati soprattutto alla conservazione delle risorse naturali: nel 2021 il 67,6% degli intervistati ha dichiarato di fare abitualmente attenzione a: non sprecare energia e acqua, non adottare mai comportamenti di guida rumorosa in maniera da diminuire l’inquinamento acustico, leggere le etichette degli ingredienti e acquistare prodotti a chilometro zero.
Dopo i 25 anni, a ben guardare, però, le percentuali di coloro che adottano i comportamenti ecocompatibili risultano più elevate: non spreca acqua il 52,3% delle persone tra i 14 e i 34 anni (rispetto al 71,2% degli over 55) così come mostra attenzione a non sprecare energia il 50,5% degli under 34 (rispetto al 73,8% di coloro che hanno più di 55 anni). Quanto alla scelta di mezzi di trasporto alternativi all’auto privata o ad altri mezzi di trasporto a motore privati, le percentuali più elevate si registrano tra i giovani sotto i 34 anni, il 22,4% contro il 16,3% degli over55.
L’ambiente è un discorso di genere?
Sembra che il genere non influisca sulle preoccupazioni di tipo ambientale, anche se le donne sono mediamente più attente a mantenere comportamenti ecocompatibili. Le differenze più evidenti si colgono soprattutto sui comportamenti di acquisto: legge abitualmente le etichette degli ingredienti il 43,0% delle donne, rispetto al 30,7% degli uomini, e acquista come prassi alimenti o prodotti biologici il 17,2% delle donne e il 12,3% degli uomini. Le donne sono inoltre in media più attente a non sprecare acqua (68,5% rispetto al 63,2%) ed energia (69,8% rispetto al 65,2%).
Il titolo di studio si rivela una variabile determinante anche per l’analisi dei comportamenti ecocompatibili dei cittadini: al crescere del livello di istruzione, aumentano le quote di coloro che abitualmente li adottano. Tra i titoli più elevati e i più bassi vi sono oltre 20 punti percentuali di differenza nell’abitudine a leggere le etichette dei prodotti, quasi 15 nell’acquistare prodotti biologici e circa 10 nel rivolgere abitualmente le proprie preferenze verso i prodotti a chilometro zero. Una maggiore propensione delle persone con titolo di studio più elevato si rileva anche nell’attenzione a non sprecare acqua ed energia, ma la differenza è di minore entità.
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